DONATO IL “CARRO MATTO” AL MUSEO STORICO DI FORTE “CAVALLI”

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Messina 24 marzo 2011

 Un nuovo reperto sarà presto a disposizione presso il Museo Storico della Fortificazione dello Stretto di Messina di Forte Cavalli (Larderia): si tratta del “carro matto”, esemplare donato al Museo Storico dai fratelli Angelo, Andrea e Francesco Privitera di Barcellona Pozzo di Gotto (ME) per documentare i “carrumatti”, particolari carri da trasporto utilizzati per la costruzione delle fortezze dello Stretto nel tardo ‘800. 

carrumatto 2.JPGIl reperto si trova ora presso l’Arsenale Militare dove, nell’ambito dei consolidati rapporti culturali che legano l’importante struttura dell’Agenzia Industria Difesa e il Museo di Forte Cavalli, grazie alla disponibilità dell’ing. Gian Francesco Cremonini, verrà restaurato da maestranze specializzate. Il Museo della Fortificazione dello Stretto di Messina, realizzato con la collaborazione della Fondazione Bonino Pulejo e del Comune di Messina, si presenta con nuovi reperti e, anche per quest’anno, la storica sala adibita in origine al controllo del fossato e del ponte levatoio del Forte. Il percorso del Museo, partendo dagli importanti studi balistici del generale Giovanni Cavalli, inventore della rigatura dei cannoni, attraverso le sale del forte, racconta la storia della difesa dello Stretto dal periodo post-unitario alla Seconda Guerra Mondiale mediante tavole iconografiche e oggetti appartenenti alla struttura. Il Museo offre l’occasione di conoscere un pezzo di storia dimenticata della città di Messina e i giovani, in particolare, avranno l’occasione di “toccare con mano” la storia studiata sui libri attraverso i filmati dell’Istituto Luce, le bombe d’aereo cadute sulla città, le carte annonarie necessarie a ricevere pane e minestra durante l’ultimo conflitto mondiale, i reperti, le mostre fotografiche e la rassegna di armi, uniformi e materiali.

  Enrico  Casale

Personale civile e militare a contatto con uranio impoverito negli stabilimenti militari?

uranio_impoverito.jpg L’accelerazione impressa all’inchiesta avviata dal procuratore capo di  Lanusei, Domenico Fiordalisi, sulla vicenda delle armi all’uranio  impoverito preoccupa i dipendenti degli Stabilimenti Militari . Il Ministero della Difesa ha sempre smentito di aver utilizzato armi  all’uranio impoverito, ma il fatto che l’innalzamento di casi di  leucemia fra gli abitanti che risiedono nei pressi del poligono di Salto di  Quirra e una dettagliata relazione della competente Asl ha dato un nuovo impulso all’inchiesta che era stata avviata anni orsono.  La magistratura vuole capire se l’Italia ha avuto a disposizione tali tipi  di armamenti ed eventualmente come sono stati stoccati ed impiegati, mentre  i lavoratori dell’ente umbro pretendono ora di sapere se il personale tecnico civile ne è venuto a ‘contatto’, al punto da averli addirittura lavorati.  Nel 2001 era stata presentata un precisa interrogazione all’ex Ministro  della Difesa Mattarella: “Il personale tecnico militare e civile di un  deposito di armamenti in Italia ha richiesto nel mese di gennaio 2001 che  siano effettuati dei controlli e delle analisi per i rischi collegati  all’uranio impoverito; tale personale ha effettuato verifiche e lavorazioni su una serie di munizioni all’uranio impoverito su di un lotto ritornato dalle operazioni della Somalia”.  L’interrogazione riguardava i colpi di artiglieria fabbricati da una  società israeliana che vanno sotto la dicitura di proiettili 105/51mm  APFS-DS-DM33.  Alcuni lotti furono sicuramente arricchiti con uranio impoverito così da  consentire ai colpi stessi di penetrare qualsiasi corazza: difficile però  al momento stabilire se furono anche questi acquistati dall’Italia. Lo Stabilimento Militare di Baiano di Spoleto lavorò quel tipo di colpi,  molti anni più tardi da quell’intervento militare in Somalia (1993) che  finì al centro del documento che i parlamentari posero in interrogazione.

Lo ricorda oggi il Segretario Regionale della USB Difesa Ettore Magrini. “Il nostro ente, mi pare di ricordare che fosse il 2005, fu chiamato ad  operare alcune modifiche a quei colpi israeliani.  Proprio in quei giorni uscì un articolo-inchiesta de La Repubblica che  parlava dell’uranio impoverito applicato a simili colpi di artiglieria e  mi precipitai a chiedere delucidazioni sia alla direzione militare, sia al  servizio prevenzione e protezione”.  La risposta fu precisa, anche se mai messa per iscritto: “ci dissero che  dovevamo stare tranquilli perchè quei colpi di artiglieria non erano stati  arricchiti con materiali radioattivo – continua Magrini – e che tutto  era in regola per la sicurezza dei lavoratori, sia per i meccanici, chiamati  ad intervenire sull’ogiva, sia per gli artificieri.  Non ci fu una risposta scritta, ma ricordo bene di aver messo a verbale la  mia richiesta”.  Domani comunque il sindacato tornerà a farsi sentire chiedendo stavolta un  impegno preciso anche se “le lavorazioni sui DM33” conclude Magrini “sono finite circa 2 anni fa”.  Esprime preoccupazione anche il Sindaco di Spoleto Daniele Benedetti in  merito ai possibili scenari che coinvolgerebbero lo Stabilimento di Baiano di Spoleto. “È chiaro che se le cose corrispondessero al vero” ha detto Benedetti “ci si troverebbe di fronte ad uno scenario molto preoccupante. In  situazioni così delicate non sono ammissibili né ambiguità né  indeterminatezza.  Abbiamo bisogno di sapere con tempestività come stanno esattamente le cose.  Vogliamo rassicurazioni precise e puntuali. Per questo chiediamo che il  Ministero della Difesa faccia totale chiarezza sulla questione.  Siamo molto vicini ai lavoratori e a tutti i cittadini di Baiano e  condividiamo i timori e la pressante richiesta di risposta anche da parte  del sindacato.  Sarà fatto tutto il possibile da parte di questa amministrazione per  ottenere dal Ministero le informazioni necessarie per avere un quadro certo  sulla questione e scongiurare ogni possibile situazione di incertezza che  mette a rischio la salute dei cittadini”.  In Sardegna intanto l’attenzione sull’inchiesta è altissima tanto che  nelle ultime ore si registra la presa di posizione anche dell’assessore alla sanità Antonello Liori: ‘Chiedero’ personalmente al ministro La Russa che lo Stato si faccia carico delle spese di uno studio epidemiologico nella  zona del Poligono di Quirra, curato pero’ direttamente dalla Regione.  E’ un problema di salute pubblica che rischia di danneggiare pesantemente  l’economia del territorio ed è necessario accertare la verità. Perciò  dobbiamo affidarci ad uno studio serio, documentato, imparziale. Ecco perche’ la Regione si deve candidare alla sua gestione, ovviamente in  stretta collaborazione con istituti specializzati, in primis l’Istituto  superiore di sanità, da affiancare alle Aziende sanitarie regionali’.

   USB – DIFESA