Una biblioteca all’aperto, dopo la chiusura di quella comunale

libri_catasta.jpgTanti liberi cittadini che, insieme, vogliono rendere vivibile il paese che amano… Augusta!

Scambi di libri, spazi di libera informazione, letture classiche, contemporanee, naturalistiche e di storie augustane, confronti culturali che arricchiranno il secondo entusiasmante appuntamento del progetto PartecipAgire, l‘idea di un gruppo che abbraccia una causa comune che è quella di coinvolgere ogni singolo augustano ad adoperarsi, in prima persona, per la propria città.  Un’ evento all’insegna della cultura, nella sua accezione più ampia e profonda… 
Privati attualmente di una biblioteca comunale, in una città che ha fame, sete, voglia di sapere e desiderio di riscoprirsi , per una sera ne improvviseranno una… senza confini…
Per tutto questo sarà essenziale, ancora una volta, la PartecipAzione di tanti, di tutti!  

<Se per la sopravvivenza biologica di un singolo individuo è sufficiente che vengano soddisfatti determinati bisogni naturali, la vita di una collettività, quale che sia, non è possibile senza una cultura  (Jurij M. Lotman)>  

<Il Comune di Augusta promuove lo sviluppo della cultura valorizzandone le iniziative; tutela e valorizza il patrimonio: storico, librario, artistico, archeologico e monumentale, anche promuovendo la partecipazione di soggetti pubblici e privati (ex art. 5, Statuto comunale)>.

Sabato 4 Dicembre dalle 18:30 alle 23:00 in Piazza Duomo ad Augusta  all’evento “BIBLIOTECA SENZA CONFINI …. ” organizzato da diverse associazioni cittadine unite nel progetto PartecipAgire. Porta un romanzo da scambiare e tanta voglia di … cultura!

      Angela Calì

“Un siciliano a Parigi”, con successo al Brancati di Catania, presto a Siracusa

 

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foto di G.C..jpgCATANIA. L’accattivante sorriso di Tuccio Musumeci  mette sùbito di buon umore chi si accinge a prendere visione del catalogo a colori della stagione teatrale 2010-2011, la terza,  del teatro Brancati di Catania. Il sorriso di Tuccio Musumeci,   ultima maschera comico-grottesca del teatro siciliano,  ha una duplice valenza. E’ il sorriso di chi fa capire “ce l’abbiamo fatta” ed è anche il sorriso di chi vuole ammiccare al pubblico per dire: “Con noi ti divertirai”. Un sorriso programmatico, dunque. E ne ha ben donde il catanese Musumeci che  del  teatro Brancati è il direttore artistico, il prim’attore e qualcosa di più. Probabilmente non si sarebbe aspettato un tale successo di pubblico quando decise, con pochi altri, di abbandonare il teatro stabile etneo per mettersi per conto proprio, allestendo un piccolo teatro in quello che era un cinema abbandonato, non molto distante dalla  prima sede dello Stabile, la  sala “Angelo Musco”. Che sia piccolo il “Brancati” è un merito per il buon Tuccio, il quale, nella presentazione del citato catalogo, si rivolge agli spettatori vecchi e nuovi con un’ efficacissima captatio benevolentiae : “Dal palco alla sala la distanza è brevissima  e, così,  vi sentiamo parte della scena, siete protagonisti insieme a noi, ridete con noi, vi commuovete con noi.” Per mettere in pratica questi due precetti, far ridere e far commuovere, Musumeci e i suoi più stretti collaboratori hanno deciso di mettere in scena un testo francese collaudatissimo, un classico del genere,  “Il sistema Ribadier”, di Georges  Feydeau,  rivisto e adattato da Romano Bernardi con il titolo Un siciliano a Parigi, e di ospitare la rappresentazione di un  altro testo francese, Perthus, del contemporaneo Jean M. Bisset. Un siciliano a Parigi ricorda nel titolo un celeberrimo musical con Gene Kelly , attore-cantante e ballerino che interpretava Un  americano a Parigi. Oltre al titolo non c’è altro richiamo. La pièce, che si basa sul classico triangolo amoroso, tema caro a Feydeau, è una di quelle “ macchine” teatrali  così perfette che hanno soltanto bisogno delle facce giuste e di un regista che sappia fare il suo mestiere. E qui ci sono  tutti gli elementi. Il metteur en scène, Giuseppe Romani, uomo di fiducia di Tuccio Musumeci, è il regista stabile del Brancati, le facce giuste sono quelle di fior d’attori professionisti quali Massimo Leggio, Concita Vasquez, Agostino Zumbo, Claudio Musumeci, Egle Doria e, naturalmente lui, il giovane.vecchio attor comico Tuccio Musumeci nel ruolo del titolo. Dobbiamo dire che, contrariamente ad altri attori protagonisti che vogliono sempre strappare l’applauso con le loro gigionerie, Tuccio Musumeci non esagera, non strafà, non sta lì, come taluni ”mostri sacri” oggi, per fortuna,  scomparsi, a godersi l’applauso alla prima entrata in scena. Tuccio Musumeci possiede, naturaliter, una tale vis comica da non aver bisogno di ricorrere ad alcun artificio, si mette al servizio dell’autore, del regista,   del pubblico e dei compagni con autentico senso della scena, tant’è che gli altri emergono nonostante la sua presenza, come Massimo Leggio, nella parte di Eugenio Ribadier, brillantissimo e spassosissimo. Dopo oltre venti repliche al Brancati, nei prossimi giorni la commedia sarà replicata a Siracusa e certamente richiamerà un gran pubblico. Al “Brancati”è stata  rappresentato  soltanto un paio di sere il dramma dolceamaro Perthus, sopra citato,  tradotto da Anna D’Elia, per la regia di Giampiero Cicciò, con quattro attori maschi, senza dubbio bravissimi, soprattutto i due che hanno interpretato i ruoli delle madri di due adolescenti maschi, le quali scaricano sui figli tutte le loro ansie e frustrazioni da diventare madri-padrone, essendo del tutto assenti dalla scena i padri. Il regista poteva scegliere due donne. Ha scelto, invece, due uomini, uno con la barba, l’altro con i baffi, ha fatto  indossare loro abiti quali possono essere indossati dalle donne, giacca e pantaloni neri  larghi, ma ha fatto calzare scarpe con tacchi a spillo, come unico segno  distintivo femminile. I due interpreti sono stati così bravi, così persuasivi nel loro essere madri che, a tratti, quasi, lo spettatore si dimenticava che aveva davanti uomini con barba e baffi. Non sappiamo se questa scelta registica ha obbedito a un’interpretazione psicologica, quella, cioè, di vedere le madri come androgine, come virago castranti,  o a una ragione più di cassetta, quella, cioè, di provocare il riso, dolceamaro, appunto, nel vedere uomini che fanno il verso alle donne, dando l’impressione d’essere gay. Certo quello dell’omosessualità è un tema esplicito nella rappresentazione, l’attrazione fra due giovani maschi che è temuta e bloccata dalle due madri, che per i figli hanno programmato un futuro gratificante intanto per sé stesse.  I due vengono allontanati proprio dalle due donne che prima non si conoscevano e poi diventano alleate.  Il sentimento viene represso,  ma non soffocato. Trascorsi gli anni, i due ragazzi, diventati adulti, s’incontrano casualmente al cimitero “il giorno dei morti”: compiono il loro dovere da bravi figlioli, onorando la memoria dei  cari estinti. L’emozione fra i due è fortissima, si guardano come due innamorati che hanno un nodo in gola. Uno ha moglie e figli e va in giro per il mondo, l’altro ha accettato la sua alterità e vive con un compagno. Il ricordo degli anni migliori, dei diciott’anni vissuti in un paesino del sud della Francia, è incombente e struggente.. L’oggi poteva, potrebbe essere diverso se ieri…

     Giorgio Càsole