Santuario Adonai: mancato collaudo

Alla data attuale il santuario non è stato riconsegnato perché il Rettore, don Palmiro Prisutto, in data 6 marzo 2009 ha lamentato l’incompleta ristrutturazione  dell’ immobile, richiedendo un’ispezione  alla Sovrintendenza di Siracusa  al fine di valutare sia la liceità sia la validità dei lavori eseguiti.

I lavori sono stati ultimati da circa un anno ma a oggi non è stata nominata alcuna commissione per il collaudo, benché questa secondo il disposto dell’art. 192 del DPR554/1999 avrebbe dovuto emettere il certificato di avvenuto collaudo entro il 2 novembre 2008.

3494531170_1f14a8c23a_m.jpg          C’ERA UNA VOLTA …. L’ANTICO SANTUARIO DELL’ADONAI.

Questo è quanto si potrà dire a chi verrà prossimamente a visitare il Santuario della Madonna di Adonai a Brucoli, in provincia di Siracusa, quando … e se …. ci sarà riconsegnato.

Il santuario esistente da quasi cinquecento anni e l’annesso cenobio che hanno superato ben tre terremoti, non sono riusciti a resistere alla mano dell’uomo che ne ha tentato il “restauro” in seguito all’ultimo sisma (13-12-1990).

Si sperava – 19 anni dopo il terremoto – che dopo aver speso quasi due miliardi e trecento milioni delle vecchie lire e più di due anni di lavori (tanti ufficialmente sono durati – il doppio del previsto -) si potesse tornare ad usufruire di un luogo di culto assai suggestivo.

Invece per ragioni inspiegabili, probabilmente legati alla paura  di non aver saputo fare il lavoro a regola d’arte il santuario dal mese di giugno 2008 è rimasto chiuso. E questo benché fosse stato dato l’annuncio prima ufficioso e poi ufficiale della sua riconsegna.

 

Chi conosceva il santuario e l’antico cenobio annesso, guardandolo oggi potrebbe solo esclamare:

“Ma dov’è finito l’antico santuario? Sembra un modernissimo bed&breakfast!”, ma che ha bisogno di essere già …. restaurato!

 A chi è stato detto che quello era un antico santuario questi potrebbe replicare: “Ma cosa c’è di antico?”.

Questi sono stati i frutti di un restauro progettato a tavolino lontano dal sito, e affidato con metodi che sanno di clientelismo politico a tecnici di altre province che non conoscevano neanche l’esistenza del monumento.

Dai primi approcci con i tecnici incaricati dalla Regione Sicilia ho capito subito che il restauro sarebbe stato problematico. E così è stato.

Ma la cosa più grave è che pur avendo sollecitamente – due mesi dopo l’inizio dei lavori – scritto alla Regione siciliana, nella persona del presidente Cuffaro (che in fatto di santuari mariani se ne intende) questa, per la trafila burocratica ha inviato una prima ispezione solo tre mesi più tardi, quando già alcuni danni erano già stati irrimediabilmente arrecati. Per di più lo stesso funzionario della Sovrintendenza di Siracusa – che non l’aveva mai visto – non sapeva neanche dove si trovasse il santuario.

Invece non è stato assolutamente interpellato nella fase di stesura del progetto chi del santuario conosceva perfino i segreti.

Pur non essendo un tecnico sin dai primissimi giorni visionando i lavori in corso ho fatto una serie di osservazioni che come si suol dire hanno rotto le uova nel paniere. “Lei faccia il prete!” oppure “Il progetto è stato approvato così e non possiamo modificarlo”. Questo è quanto dichiarava l’architetta, in risposta alle mie contestazioni. (L’ingegnere del restauro era solo un’ombra evanescente, non l’ho visto quasi mai nei due anni dei lavori) ho trovato invece il suo “mega curriculum” delle sue “mega opere” su internet.

A me il progetto non era stato fatto neanche vedere (e forse neanche alla Curia di Siracusa) ma sono stato l’unica persona di tutti gli Enti interessati  a seguire i lavori giorno per giorno.

Questa presenza è stata mal sopportata per tutto il tempo dei lavori, non tanto per gli obblighi della sicurezza in cantiere quanto piuttosto per le continue osservazioni sui lavori e sul modo di procedere.

Devo dire: “Meno male che ci sono andato” altrimenti sarebbero state apportate modifiche del tutto arbitrarie e perfino devastanti… anche se tutto era “in regola” col progetto approvato. È stato evidente che chi ha approvato il progetto (Sovrintendenza compresa) sconoscevano il sito.

Tra l’altro (per fortuna l’ho saputo in tempo) il progetto prevedeva perfino il rimaneggiamento del grande refettorio per realizzare il bagno per i portatori di handicap. Chissà perché il progetto non ha previsto anche l’abbattimento delle barriere architettoniche! Di fatto in nessuna delle antiche celle l’handicappato può accedervi in carrozzina né può raggiungere la chiesa. “Caso mai si farà aiutare” ha replicato la sapiente architetta della direzione lavori.

Anche gli stessi servizi igienici sono stati ridotti di quasi due terzi, come se i bisogni fisiologici fossero un  “optional”.

Mi chiedo: “Come mai quella stessa Sovrintendenza che talvolta sembra essere un guardiano severissimo e irremovibile ha lasciato annientare  l’affascinante bellezza di un antico Santuario?”.

È sparita la stalla del cortile; ad un’altra stalla non è stato rifatto il tetto che pur esisteva; l’antico palmento che poteva essere rialzato è stato solo “rincocciato” nelle parti rimaste.

Modifiche assolutamente arbitrarie sono state la chiusura del finestrone del lato ovest del corridoio del convento; la cancellazione di tutte le nicchie e armadi a muro dove i frati riponevano i loro libri e indumenti e l’alterazione del terrazzino dove sono spariti l’antico portale, il concio con la scritta CLAUSURA ed il muretto tipo “bizzolo” sostituito da una anonima ringhiera in ferro.

Che dire poi della devastazione dell’area verde orgoglio e fascino del santuario per diversi secoli?

I progettisti hanno fatto i loro rilievi e le loro misure: purtroppo un cipresso secolare e due carrubi erano ubicati proprio nel luogo dove era stato previsto la scavo di due pozzetti. Non si è neanche pensato di delocalizzare i due pozzetti: sono saltati i due carrubi e sono state parzialmente tranciate le radici del cipresso che si già è notevolmente inclinato. La natura aveva impiegato secoli per farli crescere: è bastata “l’intelligenza dell’uomo” per distruggerli in pochi minuti. Una quindicina gli alberi sacrificati durante i lavori.

Durante i lavori per la messa in sicurezza per tutto il perimetro del tetto erano state collocate anche delle grondaie in rame: non ci sono più perché giudicate “antiestetiche”. Fatto sta’ che “sparirono immediatamente” dopo essere state appena rimosse. C’erano, ma non ci sono più.

Oggi basta vedere gli effetti della loro mancanza alla base dei muri, dove in alcuni punti non è stato ripristinato neanche il marciapiede.

Che dire dei 20 distici sulle architravi delle porte interne del cenobio? Erano state cancellate (senza neanche fotografarle). Per la sapiente architetta quelle frasi non andavano ripristinate perché – suo dire –  “non avevano senso”. Povero sant’Agostino, povero Dante, povera Sacra Scrittura, povera saggezza popolare: non vi apprezza più nessuno(?). Invece, il nuovo intonaco  – già diventato nero di muffa – ha scritto un’altra storia: il vero male non fu il terremoto, ma il restauro.

Oggi, l’antico eremo ha perfino i riscaldamenti centralizzati, ma non c’è la caldaia; ci sono i nuovi infissi ma tre finestre nuove non si aprono; le nuove porte d’ingresso sforzano i cardini; una doccia è assolutamente priva della porta; il locale cucina e il locale lavanderia sono senza lavello; bagni e docce sono diventati promiscui (oltre ad essere insufficienti); almeno due terzi degli antichi pavimenti si potevano recuperare, le vecchie tegole non sono andate in discarica come macerie: appunto perché vecchie avevano il loro valore: hanno fatto la stessa fine delle grondaie in rame; gli elementi del consolidamento antisismico sono certamente antiestetici ….. l’impianto elettrico sarà da razionalizzare …. il resto lo vedremo alla riapertura perché le chiavi non ci sono state ancora consegnate.

Però sarà scritto dal Dipartimento della Protezione Civile (ente gestore dei fondi) che i lavori sono stati fatti a “regola d’arte”.

Avevo chiesto di predisporre l’impianto per l’elettrificazione della campana e di collocare un sistema di video sorveglianza: mi fu risposto che sarebbe stata una modifica non prevista dal progetto. Per sicurezza evidentemente si considera solo un’altra cosa.

Mi chiederete: “Ma dopo aver speso due miliardi e trecento milioni delle vecchie lire cosa è rimasto di bello nel santuario?”.

Solo il restauro delle parti in pietra. Solo su questo aspetto ho fatto i complimenti.

Per tutto il resto non occorreva né una laurea in ingegneria nè in architettura e neanche una ditta proveniente da tutt’altra parte della Sicilia. Degli installatori di impianti elettrici e dei muratori locali avrebbero potuto fare le stesse cose. Con dei progettisti locali avremmo potuto anche parlare.  Ma forse la logica che vige a Palermo ha un’altra “visione” delle cose. Probabilmente il restauro dell’antico santuario era solo uno dei tanti fascicoli della Protezione civile e per altri solo un “affare”.

 

Brucoli, 17 febbraio 2009

                                           Sac. Prisutto Palmiro

 

Ho fatto l’ Addolorata

DSCN2834.JPGGiorno 10 aprile intorno alle 6 del pomeriggio un elevato numero di persone si è recato nel piazzale della chiesa delle Grazie per assistere alla tradizionale “Scisa a cruci” del Cristo morto; che ogni anno viene portato in processione per le vie di Augusta posto su un letto di camelie rose e portato su una bara da 4 uomini tradizionalmente chiama Babbalucchi. In processione, hanno preso parte tante persone, nonostante le condizioni di tempo poco favorevoli. Io ho partecipato in prima persona a questa rappresentazione sacra stando davanti la bara del Cristo morto con il classico vestito nero, con sopra il manto e la corona di spine. Questa esperienza, che ho fatto per la seconda volta, è stata davvero significativa e toccante, non solo per il fatto che il venerdì santo è un giorno di dolore, ma anche e soprattutto per il fatto che di generazione in generazione nella mia famiglia è stata tramandata questa tradizione (cioè i figli maschi portare il simulacro di Gesù in processione, e le figlie femmine interpretare l’Addolorata). L’emozione è stata causata anche dal fatto che mio padre era a mio fianco, poiché era uno dei 4 portatori. Quel giorno ero molto in ansia perché nonostante l’avessi già fatto, avevo paura di non esserne all’altezza e fare qualche brutta figura; in più ero anche un po’ triste poiché mi ha fatto ricordare tanto la scomparsa di mio nonno che era uno dei capisaldi della confraternita. Solitamente le ragazzine che fanno l’Addolorata non hanno più di 12-13 anni, quindi per me è stata una scelta molto importante essendo quasi diciottenne, è stata un’esperienza molto sentita e penso che se non si ha fede e non si ha qualcosa in cui credere questa esperienza non debba essere fatta solo per mettersi in mostra e farsi vedere da centinaia di persone. È meglio mettersi da parte e fare spazio a chi ci crede veramente sia per grazia che per devozione. 

         Barbara Bassetta

NO al rigassificatore di Melilli

Referendum popolare sui rigassificatori a Melilli: i cittadini hanno vinto con il loro NO al rigassificatore. Gli amministratori volevano non tener conto del risultato, ma anche questa volta hanno fallito.
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