Al teatro Brancati, repliche de “Il contravveleno”, con Tuccio Musumeci

IL CONTRAVVELENO_phGiuseppe Messina - Copia

CATANIA – Sabato 4 alle ore 21  e  domenica 5 gennaio, alle ore 18, al Teatro Vitaliano Brancati di Catania, a grande richiesta, repliche straordinarie  de “Il Contravveleno” di Nino Martoglio, spettacolo di successo, con Tuccio Musumeci . La commedia dialettale, tra le più brillanti di Nino Martoglio, che vede tra i suoi protagonisti oltre Tuccio Musumeci, Guia Jelo e Miko Magistro, è ambientata nella Catania degli anni Venti; tutto ruota attorno ad una credenza popolare secondo la quale un antidoto potesse combattere l’epidemia di colera che, all’indomani dal primo dopoguerra, stava mietendo numerose vittime tra la popolazione. E’ proprio tale credenza popolare a dividere i catanesi in “baddisti” e “colunnisti”; i primi convinti che a diffondere il colera siano gli untori (da “badda” cioè polpetta avvelenata); i secondi invece certi che unico responsabile sia il vento (da “culonna d’aria”, ovvero corrente atmosferica). Protagonista della commedia, è Don Procopio Ballacchieri, ignorante tra gli ignoranti, interpretato da un’esilarante Tuccio Musumeci che, si crede e fa credere di essere un intellettuale, ostentando intelligenza tra le donne della Civita grazie all’uso di un linguaggio falsamente erudito.Un turbinio di motivi e situazioni comiche che rappresentano uno spaccato di antropologia popolare: dalla fame che attanaglia Don Procopio, alla diarrea che lo colpisce dopo una scorpacciata di fagioli, dal laudano con cui un mediconzolo, ‘u Dutturi Anfusu, lo cura da cui nasce l’illusione di un miracoloso antidoto contro il colera, agli sproloqui intelluttali dello stesso protagonista con il “baddista” Don Cocimu Binanti interpretato da Miko Magistro, ai litigi delle comari, fra cui spicca Cicca Stonchiti, interpretata da Guia Jelo, sino alla miracolosa guarigione della Zà Petra la Bazzicusa. Il tutto raccontato con umorismo, ma anche con dovizie di particolari, coniugando perfettamente le due anime di Martoglio: il drammaturgo e il giornalista. Insieme a Tuccio Musumeci, Guia Jelo e Miko Magistro, sul palco un cast d’eccellenza : Olivia Spigarelli, Evelyn Famà, Loredana Marino, Riccardo Maria Tarci, Valentina Ferrante, Elisabetta Alma, Angelo D’Agosta. Regia di Turi Giordano, musiche originali Matteo Musumeci , scene Riccardo Perricone e costumi Sorelle Rinaldi.

“FUMO NEGLI OCCHI”, UN CLASSICO DEL TEATRO POPOLARE, FINO AL 24 MARZO AL BRANCATI DI CATANIA

La maschera di Tuccio Musumeci & C.

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CATANIA – In tempi di crisi nera, di profonda depressione, volete divertirvi, nel senso pieno della parola (volgere altrove la mente e dilettarsi) per un pausa di due ore?  Andate al teatro Brancati di Catania, in Via Sabotino per seguire Tuccio Musumeci e la sua compagnia nella rappresentazione di Fumo negli occhi, un testo di Faele e Romano che, negli anni, è divenuto un classico del teatro popolare siciliano, un  evergreen, messo in scena periodicamente da quasi tutte le compagnie amatoriali dell’Isola, perché i gruppi di dilettanti, in questo campo, a volte bravi quanto e più dei professionisti, hanno bisogno di riempire le sale attirando il pubblico che vuole frasi quattro franche risate. Queste compagnie amatoriali  non si possono permettere di rappresentare testi difficili o problematici, in primo luogo perché non hanno spesso i talenti umani necessari per la recitazione e la regìa di questi lavori e poi perché sanno che il pubblico pagante vuole spendere i propri quattrini per divertirsi dilettandosi.

Ed è questo il motto programmatico del Teatro intitolato allo scrittore pachinese Vitaliano Brancati, ma catanese di adozione, nato, per volontà del popolare attore catanese Tuccio Musumeci, dopo aver acquistato un vecchio cinema, chiuso da anni, in Via Sabotino, non lontano dalla sala “Musco” , ubicata nella Via  Umberto, nota e elegante arteria di Catania. Da giovedì 7 marzo 2013 alle ore 21 con repliche sino al 24 marzo si rappresenta, dunque, questo  classico del teatro italiano, che denuncia apertamente le storture della società dell’ “immagine” , tanto di ieri quanto di oggi, dove la scalata al successo e al miglioramento del proprio status sociale divengono in molti casi gli unici obiettivi davvero importanti da raggiungere. La storia ruota intorno a una famiglia e al suo desiderio irrefrenabile di apparire , per quello che in realtà non si è, l’esteriorità che troppo spesso ha la meglio sull’essenza, dove la facciata sociale è più importante di una sana e bella vita familiare quotidiana. Due figli. Una zia svampita,  cameriera, papà e mamma questa la composizione di questa famiglia, in cui  la mamma è l’artefice di raggiri e complotti per competere con una famiglia vicina. Una corsa ad apparire più ricchi, più snob, più …. in ogni caso, rispetto alla famiglia dirimpettaia. Una commedia attuale, in un momento di crisi come quello che vive oggi l’Italia.  Mentre la famiglia dirimpettaia sperpera e spande, al di sopra delle proprie possibilità, la nostra famiglia è costretta a fingere benessere. Il culmine di tale farsa è una gita a Capri (in realtà chiusi in casa a luglio, il fine settimana) oltre e senza dimenticare un’antenna televisiva messa bene in mostra senza però possedere un televisore, finte lezioni di equitazione, quadri giganti con antenati inventati ecc ecc…Una commedia ironica, un fiaba contemporanea in cui l’onestà vince sopra ogni cosa.  Sul palco accanto a Tuccio Musumeci , un nutrito cast d’eccellenza: Concita Vasquez, Olivia Spigarelli, Riccardo Maria Tarci, Elisabetta Alma, Valentina Ferrante, Evelyn Famà, Claudio Musumeci. Scene Jacopo Manni, costumi Sara Verrini. La regìa è di Nicasio Anselmo che ha datto il testo alle corde della maschera teatrale Tucciomusumeci e al coro di attori siciliani che lo circondano, fra cui una strepitosa Olivia Spigarelli, che qualcuno, nel giorno del debutto, ha paragonato a Rosina Anselmi. Si ride dalla prima all’ultima scena. Sul serio.

 Giorgio Càsole – Claudia Catalano

SPETTACOLO IMPERDIBILE AL “BRANCATI” DI CATANIA CON TUCCIO MUSUMECI

Giovedì 10 maggio alle h 21 un debutto imperdibile al Teatro Vitaliano Brancati: Tuccio Musumeci in “ RAGAZZI PER SEMPRE. pazzi, cozze e rizzi!” conil Maestro Nino Lombardo per la regia di Antonello Capodici. Completano ilcast Ivano Falco, Enrico Manna, Giorgia Migliore e Claudio Musumeci. Scene Riccardo Perricone, costumi Sorelle Rinaldi.

branc.jpgCi fu un tempo febbrile d’attesa, per la città di Catania. Quando l’orrore del passato era ancora vicino, ma più vicino ancora s’apriva il futuro più gravido delle promesse migliori. E allora era dolce innamorarsi e ridere. Lo spettacolo era ancora quello di prima della Guerra, e la televisione – in fondo –non esisteva ancora. Gli eroi della scena erano i giganti : Dapporto, Taranto, Macario. Egià piccole soubrette poverissime sognavano la copertina ed il paparazzo. In questa Catania (ma in questo Paese) così ingenuo e tanto pulito, il grande Tuccio c’era.  Era un giovanotto magrissimo. Nero di capelli e profondo d’occhiata. Che già portava nel corpo e nel sorriso, le stimmate della grandezza. Avrebbe raccontato, nei decenni successivi, la lenta deriva di un boom mai veramente avvenuto. Imparava, il grande Tuccio, l’arte difficile del disincanto. I migliori registi e gli autori più grandi,avrebbero poi guardato a lui, come ad un mistero di complessa lettura: la fame e la sete, come parole di vetro, sulla pagina del far ridere. E’ veramente comico solo chi ha veramente sofferto.  In quella città, complice e arrendevole, Tuccio ebbe amici strepitosi : uno per tutti, Nino Lombardo. Se Tuccio di quelle strade, di quelle piazze,di quei lidi conserva intatti i languori e le risate, il maestro Nino potrebbe riprodurne al piano i sussurri più intensi; e lo fa, quando s’abbandona alla tastiera con il fervore del giovane amante. Uno spettacolo così comico e così leggero, che conserva il fremito degli anni cinquanta ed il gusto opulento dei sessanta : scenette, gag, canzoni, voci e ricordi.

Quel che di ieri abbiamo tutt’ oggi; quel che di oggi, ieri, ancor non sapevamo.

  G.C.

IL CELEBRE E POPOLARE ATTORE SICILIANO TUCCIO MUSUMECI CELEBRATO IN UN LIBRO

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Mercoledì 14 dicembre 2011 alle ore 20 al Teatro Vitaliano Brancati di Catania con Pippo Baudo presentazione dell’ l’ultimo libro di Santino Mirabella dal titolo “In Scena-Conversazione con Tuccio Musumeci” (edizioni Flaccovio Editore).Una serata evento che celebra un attore simbolo del nostro teatro  Tuccio Musumeci. Cinema, televisione, ma soprattutto teatro:Tuccio Musumeci in un’ inedita conversazione insieme all’autore , ripercorre la sua carriera di interprete, dagli esordi in coppia con Pippo Baudo – che firma la prefazione al volume – fino ai più recenti successi. Una dichiarazione d’amore per un mestiere vissuto con passione quasi esclusiva, ma anche una fonte inesauribile di notizie di prima mano su sessant’anni di storia dello spettacolo in Italia. Santino Mirabella , giudice al Tribunale di Catania, è un grande appassionato di teatro e letteratura. Autore presente in numerose antologie di poesia e narrativa , tra le sue pubblicazioni più recenti : l’ Opera di poesie Come qualsiasi delle ombre…’, (2011 Casa editrice: ‘Gruppo Albatros Il Filo’ , premiato alla VI^ Edizione del Concorso Internazionale di Poesia ‘Vitruvio’, in Lecce ed alla X^ Edizione del Premio Nazionale di Poesia “Italo Carretto”, in Bardineto e la pluripremiata opera di poesie Per i Viali senza via’ (2010), con illustrazioni di Luigi Fiore( ‘A&B Editrice’) . Tra i vari riconoscimenti di Santino Mirabella si annoverano il Premio Italo Calvino’ (Sanremo); Premio Letterario Nazionale “Le Nuvole–Peter Russell, in Napoli; Premio ‘Giordano Bruno’ dell’Accademia Internazionale Partenopea “Federico II”, in Napoli.

<<Il libro su Tuccio Musumeci -dichiara l’autore – nasce da un atto d’amore per l’uomo e per l’artista>>.

Alla serata di mercoledì 14 dicembre al Teatro Vitaliano Brancati presenti, l’autore , Tuccio Musumeci e PippoBaudo.

    Claudia   Catalano

SI RIDE DALL’INIZIO ALLA FINE CON “MISERIA E NOBILTA’” DI EDUARDO SCARPETTA AL BRANCATI DI CATANIA, DIRETTO DA TUCCIO MUSUMECI

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Catania –  Apertura di stagione con il botto al teatro Brancati di Catania, grazie all’esilarante messa in scena della classica commedia Miseria e nobiltà di Eduardo Scarpetta, commediografo napoletano di fine Ottocento, prolifico di commedie e di figli:  Miseria e nobiltà  è la più famosa e rappresentata commedia, tra i figli illegittimi, memorabili i tre De Filippo,  Eduardo, Tina e Peppino, che presero il nome della madre. Nel 1954 la commedia fu portata sullo schermo da un irresistibile Totò, allora in auge come grande maschera napoletana, nei panni di Felice Sciosciammocca, personaggio topico dei lavori scarpettiani,  circondato da un cast di tutto rispetto, tra cui una giovanissima Sophia Loren, maggiorata fisica, agl’inizi della carriera, nei panni improbabili, data l’esuberanza pettorale, di una ballerina classica, Gemma, interpretata a Catania da una pimpante Giorgia Migliore (nomen omen?) , sul cui seno aggettante adagia il capo  il fortunato Tuccio Musumeci, nella parte recitata da Totò. Il film con Totò e la Loren viene periodicamente trasmesso   dai canali televisivi, tanto da essere diventato un film da culto del genere comico italiano. Il confronto, dunque, poteva essere rischioso e far pendere la bilancia a favore del film diretto da Mario Mattoli, regista che sapeva  “servire” Totò, attore creativo che non si atteneva sempre al copione, inventando di suo.  Nessun rischio.  Né Tuccio Musumeci né Nicasio Anzelmo, il regista della rappresentazione catanese, si sono fatti schiacciare dal confronto e ne sono usciti vincitori. Sì, possiamo dirlo con certezza, non solo perché alla prima di giovedì 27 ottobre, il pubblico rideva e applaudiva a più riprese, ma perché la traduzione in siciliano e l’adattamento alla realtà catanese, con l’inserimento di ironiche battute, hanno conferito sapidità alla rappresentazione tanto da riuscire più comica della rappresentazione filmica. Come sempre, Tuccio Musumeci è sé stesso, caratterizzato, naturaliter, da  una forza, che deriva dalla sua mimica facciale, dalla sua tipica inflessione catanese, grazie alla quale, come abbiamo osservato in altre occasioni,  egli stesso potrebbe essere considerato una maschera del teatro popolare siciliano: la maschera di Tuccio Musumeci , che s’impone sulla scena più con la tecnica del levare, come quella utilizzata  dal grande Eduardo (ci riferiamo a De Filippo, che negli ultimi anni firmava le sue regie con il solo nome di battesimo), cui bastava  soltanto sollevare un sopracciglio per esprimere un’emozione. Eduardo era attore e drammaturgo essenzialmente drammatico.

Tuccio Musumeci è attore essenzialmente comico, ma siamo convinti che potrebbe benissimo interpretare parti drammatiche, come ebbe modo di fare, specie in Amarcord di Fellini,  il compianto nostro conterraneo Ciccio Ingrassia, palermitano, che spopolò al cinema negli anni Sessanta-Settanta del Novecento con quell’altra maschera comica marionettistico-funambolica che era Franco Franchi, palermitano  come Ciccio.  Il pubblico catanese,  e non solo,  ama il Tucciomusumeci comico popolare, che fa ridere per il solo piacere di ridere,che poi era lo stesso principio programmatico delle commedie plautine: risum movère. Non a caso citiamo Plauto, il grande attore e commediografo della Roma antica. Plauto è citato, infatti,  nella nota di regia di Nicasio Anselmo, laddove riferisce che “fin dai tempi di Plauto, per i comici, la fame ha costituito il carburante che innesca la risata ed è qui trattata da Scarpetta  con una dignità fino a oggi sconosciuta: è una brezza leggera, rivestita di dignità  seppur disgraziata.” La fame, appunto, la fame  vera, atavica, la fame dei miserabili, di chi è costretto a impegnarsi persino il cappotto pur di mettere qualcosa in pancia, la fame,  che fa scatenare le  rivolte popolari, scatena gl’istinti aggressivi di due donne nel primo atto: una è Luisella, interpretata da una scatenata Margherita Mignemi, convivente dello scrivano  Felice Sciosciammocca, l’altra è Concetta, interpretata da una convincentissima Barbara Gallo, moglie dello squattrinato fotografo Pasquale,interpretato da un divertente Massimo Leggio,  amico di Felice, in stretto rapporto d’interdipendenza: condividono l’appartamento, la miseria e, quindi, la fame. Con la fame temporaneamente calmata si chiude il primo atto, la cui seconda parte ricalca fedelmente il film con Totò, con la differenza che nel film l’apoteosi finale è rappresentata da Totò che conserva in tasca gli spaghetti fumanti intinti nel sugo, mentre sulla scena catanese si vedono sì gli spaghetti,  ma senza sugo e senza nessuna personale appropriazione. Alla fame si contrappone il benessere, alla miseria la nobiltà, non dell’animo, ma del casato, la nobiltà del censo, che porta all’ostentazione della ricchezza, del lusso, soprattutto quando si tratta di nuovi ricchi, cioè di parvenu, che vorrebbero avere, oltre  ai soldi, lo stemma gentilizio.  Ed ecco che la commedia diventa la commedia di una commedia o, meglio, di una farsa: la commedia farsesca dei miserabili Felice e Pasquale che, nobili per finta, vogliono pigliare a gabbo un parvenu, l’ex cuoco Semmolone,  interpretato da Marcello Perracchio in stato di grazia, che aspira a diventare nobile per il tramite della figlia Gemma, fidanzata a un marchesino, Plinio Milazzo sulla scena,  che vuole sposarla, ma non ha il consenso del padre, ragion per cui chiede a Pasquale e a Felice di recitare la parte del proprio padre e del proprio zio  recandosi da Semmolone per dare l’assenso alle nozze.  Pasquale si fa accompagnare da Concetta e dalla loro figlia Pupella, impersonata da Egle Doria, che, sostanzialmente, recita in tre ruoli: in quello della giovane, ossuta mortadifame, in quello della caricatura di nobile contessina e in quello di allegra fidanzata  di Luigino , figlio di Semmolone, il cui unico scopo nella vita è quello di sciupare i soldi del padre.  Claudio Musumeci, figlio di Tuccio, che, nelle movenze e nella voce, ricorda il padre, indossa i panni vistosi di Luigino,  tanto più vistosi nel primo atto in quanto contrastano con i miseri panni spenti  degli abitanti del tugurio condiviso, con l’affitto arretrato di ben “cinque mesate”.  Nel secondo atto, che racchiude il II e il III della pièce scarpettiana, una vera folla di personaggi appare sulla scena colorata e funzionale,  con pochi elementi scenici: riappare come Vicienzo, servo di Semmolone,  il simpaticissimo Salvo Scuderi, che avevamo visto già nel ruolo del padrone di casa e del frigorifero, rigorosamente vuoto, e con lui Valentina Ferrante, spiritosa nei panni d’una fasulla istitutrice di origine inglese, semplice ” serva” nel testo di  Scarpetta, Aldo Toscano, che, con garbo e ironia, sa vestire i panni dell’attempato marchese, abituale frequentatore di casa Semmolone perché desidera ricevere  le grazie della giunonica Gemma senza convolare a nozze, Rossana Bonafede, davvero efficace nelle vesti della pepatissima servetta di Gemma, moglie separata di Felice e madre di Peppeniello, bambino di cinque anni,  felicemente interpretato dal  giovanissimo Giuseppe Testa, già ammirato nel primo atto, protagonista del tormentone “Vincenzo, m’è padre a me” nel film trasformato in” Vicienzo, m’è padre a mia!”, e tutti gli altri in una spassosa  girandola di gag e di situazioni – memorabile il “duello” fra Bettina e Luisella, moglie e amante di Felice – girandola che fa venirei mente le pochade francesi. La commedia  nella commedia ha termine quando Luisella, travestita da principessa di  Casador, piomba inattesa, fingendosi malata, nella villa di Semmolone e svela l’imbroglio.  La commedia termina con l’immancabile happy end.  Peccato non andarla a vedere. Si replica fino al 13 novembre,  al teatro Brancati di Catania , in Via Sabotino,  4 , non lontano dalla sala “Musco” di Via Umberto.

Giorgio Càsole    Nella foto di Giuseppe Messina: il cast al completo