Le tre “maledizioni” dei poeti Siciliani

Federico II, fondatore di Augusta, voleva creare una lingua unitaria per aggregare politicamente i popoli a lui soggetti, ma…

Federico-II-.jpgFederico  II di Svevia,  fondatore di Augusta, stupor mundi, avviò una serie di riforme che non lasciarono nulla d’intentato ai fini di un risanamento morale, politico, economico, sociale e letterario del suo regno di Sicilia, fulcro del più ampio progetto imperiale, già in atto ma anche messo in crisi dalla lontananza della Germania, madrepatria, della quale l’isola mediterranea tendeva a sostituire la centralità in modo inversamente proporzionale alla coesione dell’Impero: tanto più la Sicilia era il centro della corte quanto più la corte stessa si frazionava finendo con l’esaltare la sua nazionalità relativa rispetto all’assolutezza del potere federiciano. In altre parole, Federico, nella sua riforma dell’Impero, seppe comprendere, anticipandola, la direzione che avrebbe preso la storia moderna d’Europa due secoli dopo, con la formazione degli Stati nazionali sulle ceneri degli ormai sgretolati poteri sovra-statali, Impero e Papato. Tanto più quanto proprio il pontificato romano si intrometteva geograficamente nella già debole coesione territoriale fra la Sicilia e la madrepatria tedesca. Questo, forse, comportò l’esasperata ricerca di un’identità linguistica cui Federico diede luogo e che pareva oltrepassare i consueti confini della letterarietà per configurarsi come una vera e propria progettualità politica. Dietro la poesia siciliana del Duecento si cela una fortissima, appunto quasi esasperata, ricerca della novità e della radicalità di una lingua che la rappresentasse e che a un tempo sapesse altresì rappresentare la presenza aggregatrice di più istanze politiche, all’apparenza disomogenee e disarticolate. Quindi, dietro questa ricerca più che letteraria si nascondeva ancor più la ricerca di un’identità politica statale che continuasse a dissimulare la centralità tedesca e di conseguenza la potenza imperiale, ormai – era un dato di fatto – vacillante. I poeti della scuola siciliana finirono col veicolare un progetto politico e in ciò fu plausibile configurarli come appartenenti a un movimento letterario, che di fatto non ci fu mai, ma che ben dissimulava a sua volta l’idea di una intenzionalità comune – a volte consistente anche nella preterintenzionalità -se non nelle cause, certamente negli effetti. E questa può essere intesa come una sorta di prima “maledizione” che cadde su questi poeti, asserviti a un progetto comune e assorbiti da esso, che li rese organici a una temperie culturale e storica, in cui rischiarono di perdersi i tratti spontanei e individuali, per annegarli tutti dentro una presunzione di scolasticità che altro non fosse che l’adesione anche involontaria alle necessità del dominus. Collegabile a questa è la seconda e determinante “maledizione” che rimane aderente a un fatto più squisitamente artistico, linguistico e letterario: la traduzione toscana che ne favorì la tradizione nella misura in cui ne spense l’originalità della trasmissione e, più erano accattivanti le liriche tradotte, più la loro trasmissione ne tradiva il testo originale rivestendosi di un  toscano che grazie al siciliano rifatto si faceva illustre e consegnava sé stesso a futuri destini prestigiosi.

Lo “stil novo” è figlio di questa tradizione siciliana non soltanto nei contenuti (dei quali la matrice comune risale all’arte trobadorica provenzale),  ma,  soprattutto nelle forme che imprigionò, violentò, lasciò a una posterità presto dimenticatasi del siciliano “illustre”. Uno stuprum mundi dunque avvenne nei confronti di tutta una tradizione (da cui andarono esenti pochissimi commoventi testi, resisi, dunque, uniche imprescindibili e preziosissime testimonianze di una lingua letteraria unica e irripetibile). Lo scopo politico di Federico fu in parte raggiunto ma il contrappasso della perdita di un’identificazione linguistica e letteraria, lo “stupro” di un mondo linguistico e figurativo immenso e unico, fu l’inevitabile contraltare. Se la prima “maledizione” è di tipo storico (l’asservimento anche involontario e preterintenzionale di una ricerca linguistica e tematica originali a un progetto politico) e la seconda di tipo artistico (la sostituzione di una lingua da parte di un’altra che ne prese il posto predestinandosi allo stesso ruolo egemone nei destini della letteratura nazionale), la terza “maledizione” è di tipo meramente filosofico: la necessità di cantare l’amor “fino” (raffinato, astratto, insensibile, assoluto) sulla scorta di una necessaria imitazione dei provenzali ma rafforzata dalla contingenza di un’annessione linguistica, quella toscana di cui si è detto, che ingenerava l’idea di una poesia artificiosa e incapace di relativizzarsi alle modificate condizioni sociali dei poeti stessi e della corte che li circondava. La poesia siciliana rifatta dai toscani sembrava esemplificare il modello di derivazione trobadorica e indugiare oltremisura verso forme di astrazione platonica, che anticipavano decisamente e unilateralmente la successiva stagione stilnovistica, nella misura in cui la lettura di quel poco che ci è pervenuto in originale siciliano lascerebbe intendere una più congrua e perspicace commistione di platonismo e aristotelismo (la cui tradizione era forte in Sicilia grazie all’inevitabile forte presenza araba), favorita da una aderenza maggiore alla res consistente anche nel volgare originario, che farebbe di questa poesia siciliana addirittura una degna anticipazione di temi petrarchisti e quindi della futura tradizione poetica italiana dominante per almeno altri due secoli e mezzo. La maledizione di una lettura unitariamente platonizzante (che già di per sé era intendibile come una “maledizione” almeno parallela e convertibile in quella opposta di una lettura unicamente sensuale e aristotelica di questa, quindi dirittamente “maledetta”) si sommava alla perdita di un’identità composita ed equilibrata della stessa, che sapesse contemperare l’idealismo asessuato e il realismo carnale nella stessa dimensione poetica, quella dei siciliani, ridati alla loro vera e pregnante essenza letteraria e non solo.

Francesco D’Isa

Conclusasi ieri a Messina la Regata Velica “Trofeo Don Giovanni d’Austria”

regata.jpgMessina 5 agosto 2011 Ieri, giovedì 4 agosto 2011, ha avuto inizio la terza edizione della “rievocazione dello sbarco a Messina di don Giovanni d’Austria”, evento di alta rilevanza promosso anche quest’anno dall’Associazione culturale “Aurora” insieme alla “Marco Polo System” di Venezia e realizzato in collaborazione con il Comune di Messina, la Provincia Regionale di Messina, le Istituzioni, gli Enti e le Associazioni locali.

Nella mattinata la Regata Velica “Trofeo Don Giovanni d’Austria città di Messina”, organizzata dalla Lega Navale Italiana e dal Circolo Tennis e Vela in collaborazione con i circoli velici messinesi e calabresi, inserita per la prima volta nel calendario nazionale della Federazione Italiana Velica (FIV), che si è svolta nello specchio acqueo antistante il litorale Nord di Messina, tra Paradiso, Grotte e S. Agata. La cerimonia di premiazione avrà luogo domani, sabato 6 agosto 2011, con inizio alle 19, presso il Circolo Tennis e Vela di Messina.

FOTO N. 9.JPGNel pomeriggio, alle 18 presso S. Maria Alemanna, il convegno sul tema “Messina sulle rotte di Lepanto”.  Nutrito il pubblico di appassionati presenti, fra i quali, giova ricordare, il prof. Pippo Isgrò, Assessore alle “Politiche del Mare” del Comune di Messina, il C.V. Antonio Musolino, Comandante della Capitaneria di Porto di Messina, il C.F. Antonino Porcino, del Distaccamento di Messina della Marina Militare Italiana, l’arch. Salvatore Scuto, sovrintendente BB.CC.AA. di Messina, l’arch. Mirella Vinci, della Sovrintendenza BB.CC.AA. di Messina, il dott. Giovanni Molonia, studioso di Storia Patria, il sig. Carmelo Recupero, presidente della Sezione di Messina della Lega Navale Italiana, la sig.ra Paola Paratore, referente dell’Associazione C.R.E. A.N.I.R.E. “Equitando” ONLUS, il sig. Francesco Cosio, orafo e argentiere messinese. Dopo i saluti del dott. Fortunato Manti (presidente dell’Associazione Culturale “Aurora”) e del prof. Pippo Isgrò, ha preso la parola il dott. Enrico Casale (giornalista pubblicista, studioso di storia patria e storia militare), moderatore del convegno, il quale introducendo i lavori ha fornito un quadro generale politico strategico del Mediterraneo nel Cinquecento con particolare riferimento alla Sicilia e alla città di Messina. A seguire l’intervento del prof. Dario Caroniti (docente di storia delle dottrine politiche presso l’Università degli Studi di Messina) il quale si è soffermato sulla situazione di Messina nel 1571, periodo di grandi trasformazioni in termini urbanistici e letterari per la città dello Stretto. Il prof. Vincenzo Caruso (Direttore del Museo Storico “Forte Cavalli”) ha affrontato gli aspetti connessi con l’arrivo della flotta della Lega Santa nelle acque dello Stretto, citando fonti della tradizione popolare relative alle scorrerie barbaresche sulle coste siciliane. Il dott. Antonino Sarica (giornalista) ha fornito, con dovizia di particolari, un approfondimento sul soggiorno di don Giovanni d’Austria a Messina. Particolarmente significativo l’intervento dell’avv. Carlo Marullo di Condojanni (ambasciatore e delegato del Sovrano Militare Ordine di Malta) il quale ha evidenziato il valoroso contributo fornito dall’Ordine di Malta sia nelle guerre mediterranee in generale che, in particolare, per la battaglia di Lepanto. Eloquio avvincente dell’architetto Nino Principato (noto cultore di Storia Patria messinese), il quale con la proiezione di una serie di immagini ha dimostrato come nel tempo le tracce di Lepanto siano ancora visibili nella città del Peloro. Al termine della serata la poetessa Maria Costa ha recitato “La Battaglia di Lepanto”.

  Enrico Casale

PRESENTATO AL TEATRO COMUNALE DI AUGUSTA IL DOCUMENTARIO “CHISTA E’ A GUERRA” , DI ANTONIO CARAMAGNO E ROBERTO FURNARI

Augusta negli anni 40

 

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Oggi 18 giugno, alla presenza del sindaco, dei rappresentanti delle varie associazioni che operano per il rilancio culturale della città e di un numerosissimo pubblico, presso il teatro comunale di Augusta è stato proiettato il cortometraggio “Chista è a guerra”, un documentario  della durata di 65 minuti  progettato dall’ UNITRE (Università delle tre età) di Augusta, con il sostegno del Comune di Augusta.

 

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Da un’ idea di Antonio Caramagno e Roberto Furnari, di creare un documentario sugli anni della seconda guerra mondiale, è stato realizzato un film tutt’altro che amatoriale,  un vero capolavoro di storia raccontata dai suoi anziani testimoni. Storie, avventure e drammi degli abitanti di una delle città siciliane più duramente colpite dai bombardamenti; una raccolta di immagini, video e testimonianze inedite per rendere omaggio alla memoria degli augustani, che dalle macerie della guerra hanno saputo rialzarsi e ricostruire la propria città. 

Nel video sotto, alcune scene tratte dal documentario “Chista é a guerra”

   Giuseppe Tringali

68° Anniversario del bombardamento aereo statunitense su Augusta

IL COMUNE RICORDA I MORTI DEL 13 MAGGIO 1943,  MA FRANCESCO MIGNECO NON VIENE INVITATO

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AUGUSTA. Il 68° Anniversario del bombardamento aereo statunitense su Augusta del 13 maggio 1943 che provocò sessantadue vittime civili e profonde distruzioni nell’abitato è stato celebrato, nell’ auditorium “Don Paolo Liggeri” del civico palazzo San Biagio,  con una conferenza di carattere storico-militare organizzata dal Comune per il tramite dell’assessore alla Cultura, Giovanna Fraterrigo,  in collaborazione con il “Museo della Piazzaforte”, rappresentato dal suo direttore, Antonello Forestiere. L’Assessore ha informato che l’amministrazione comunale ha dichiarato  ufficialmente con apposito atto amministrativo il 13 maggio giornata della memoria di quel luttuoso evento di guerra. Ha ribadito l’importanza del museo quale elemento indispensabile per l’attività scientifica di ricerca, manutenzione e tutela di cimeli militari relativi alle vicende storiche belliche in cui la città è stata coinvolta, oltre che quale volano di iniziative culturali autonome e in collaborazione con altri sodalizi aventi analoghe finalità. Il direttore  Forestiere ha tratteggiato il quadro generale della situazione militare nel Mediterraneo nel 1943, evidenziando le ragioni che diedero origine al poderoso attacco aereo statunitense su Augusta. Si è soffermato  ad approfondire le differenze operative adottate dagli inglesi e dagli americani in merito alle attività di bombardamento, descrivendo poi caratteristiche e limiti del sistema difensivo antiaereo della Piazzaforte oltre che le fasi dell’attacco aereo alla città. Il siracusano presidente dell’associazione storico-culturale “Lamba Doria”, Alberto Moscuzza, ha affrontato, frutto di personali ricerche,  il tema dei soccorsi dopo l’incursione soffermandosi sul ruolo e sull’organizzazione dell’U.N.P.A.(Unione Nazionale Protezione Antiaerea), anche attraverso l’esibizione di documenti originali dell’epoca riguardanti i componenti e i vari ruoli in cui era ripartita l’unità operante ad Augusta; in sala sono stati esposti alcuni cimeli della sua collezione privata,  quali elmetti, maschere antigas, manifesti e documenti. Il presidente del “Gruppo Modellisti Città di Augusta”, Domenico  Catalano, ha commentato  il pregevole modello di bombardiere quadrimotore statunitense B-24D “Liberator” realizzato in scala 1/48 dal gruppo modellisti e destinato a incrementare la collezione del “Museo della Piazzaforte”; è stato anche esposto in sala un plastico della città di Augusta con l’indicazione dei punti principali di scoppio delle bombe sganciate dalle due ondate di bombardieri americani. La serata ha avuto un gran successo di pubblico per il gran numero di persone presenti e per l’apprezzamento manifestato. L’unica nota stonata  è sembrata l’assenza di chi avrebbe potuto raccontare con le sue parole l’esperienza di quella terribile giornata, quando, appena dodicenne, subì il trauma che si è portato dentro per un sessantennio, fino a quando, lo scorso anno, ha pubblicato un libro interamente dedicato a quell’evento, Augusta, 13 maggio 1943, pubblicato a sue spese, come per sciogliere un voto in memoria dei caduti, per liberarsi, psicoanaliticamente, di un peso che gravava nella sua psiche. Ci riferiamo all’ottantenne Francesco Migneco, avvocato in pensione, già pretore onorario del circondario di Augusta, che, attraverso la sua preziosa, forse unica, testimonianza, avrebbe certamente dato un arricchimento alla serata rievocando i momenti di quella giornata, come li ha rievocati,  in anni recenti, in  varie occasioni pubbliche e private, di cui la stampa quotidiana si è occupata, battendosi sempre perché QUEI POVERI MORTI FOSSERO RICORDATI. . Indimenticabile testimonianza offerta l’anno scorso, proprio di questi tempi, agli alunni del liceo “Mègara”, che lo  ascoltarono con  riverente silenzio, fino alla commozione.

Come mai non era presente alla serata?, abbiamo chiesto all’avv. Migneco.  Non mi hanno invitato, è stata la malinconica risposta.

       

     G.C.

68° Anniversario del bombardamento del 13 maggio 1943 – a cura del Comune e del “Museo della Piazzaforte”

 

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Il 68° Anniversario del bombardamento aereo statunitense su Augusta del 13 maggio 1943 che provocò sessantadue vittime civili e profonde distruzioni nell’abitato è stato celebrato con una conferenza di carattere storico-militare organizzata dal Comune per il tramite dell’Assessorato alla Cultura in collaborazione con il civico “Museo della Piazzaforte”. L’incontro si è tenuto giovedì 12 maggio scorso ad Augusta presso la Sala Don P. Leggeri a Palazzo San Biagio. Al tavolo degli oratori l’Assessore alla Cultura del Comune di Augusta Avv. Giovanna Fraterrigo; il Direttore del civico “Museo della Piazzaforte” Avv. Antonello Forestiere; il Presidente dell’Associazione storico-culturale “Lamba Doria” Dott. Alberto Moscuzza; il Dott. Domenico Catalano per il “Gruppo Modellisti Città di Augusta”.

L’Assessore Fraterrigo ha portato il saluto del Sindaco Dott. Massimo Carrubba ed ha esposto le motivazioni che hanno indotto l’Amministrazione Comunale ha dichiarare ufficialmente con apposito atto amministrativo il 13 maggio giornata dedicata alla memoria di quel luttuoso eventi di guerra. Ha ribadito l’importanza dell’istituzione museale quale elemento oramai indispensabile per l’attività scientifica di ricerca, manutenzione e tutela di cimeli militari relativi alle vicende storiche belliche in cui la città è stata coinvolta, oltre che quale volano di iniziative culturali autonome ed in collaborazione con altri sodalizi aventi analoghe finalità.

L’Avv. Forestiere ha tratteggiato il quadro generale della situazione militare nel Mediterraneo nel 1943, evidenziando le ragioni che hanno dato origine al poderoso attacco aereo statunitense su Augusta. Si è soffermato nell’approfondire le differenze operative adottate dagli inglesi e dagli americani in merito alle attività di bombardamento, descrivendo poi caratteristiche e limiti del sistema difensivo antiaereo della Piazzaforte oltre che le fasi dell’attacco aereo alla città.

Il Dott. Moscuzza ha affrontato il tema dei soccorsi dopo l’incursione approfondendo il ruolo e l’organizzazione dell’U.N.P.A., anche attraverso l’esibizione di documenti originali dell’epoca riguardanti i componenti ed i vari ruoli in cui era ripartita l’unità operante ad Augusta, frutto di suo ricerche personali; in sala sono stati esposti alcuni cimeli del tempo della sua collezione privata quali elmetti, maschere antigas, manifesti e documenti.

Il Dott. Catalano ha commentato per il pubblico il pregevole modello di bombardiere quadrimotore statunitense B-24D “Liberator” realizzato in scala 1/48 dal “Gruppo Modellisti Città di Augusta” e destinato ad incrementare la collezione del “Museo della Piazzaforte”; è stato anche esposto in sala un plastico della città di Augusta con l’indicazione dei punti principali di scoppio delle bombe sganciate dalle due ondate di bombardieri americani.

All’evento hanno partecipato il Vice Sindaco di Augusta Geraci, il C.M.M.A. in Sicilia Amm. Div. Ruzittu, il Contrammiraglio Compiani, Comandante di COM.FOR.PAT., il C.V. Gianino per la Direzione di Marinarsen, il S.T.V. Ferreri per il Comandante del Porto di Augusta; la signora Amalia Guttadauro Vella, congiunta di M.O.V.M. e la sig.ra Margherita Fazio Gigli, congiunta augustana di superstite del P/f “Conte Rosso”; il Gen. Vincenzo Inzolia; varie delegazioni tra le quali la Guardia Costiera Ausiliaria con il responsabile per Augusta Di Mauro; l’A.N.C. Sez. di Augusta con il Presidente Giallongo; l’A.N.F.I. Sez. di Augusta con il Presidente Montepulciano; i sommergibilisti Cav. Camisa e sig. Nicolini. Sono intervenuti il Presidente del Kiwanis Club Augusta Rizzotti ed il Segretario Purgino; il Dott. Pitari per il Rotary Augusta. Tra gli ospiti il Dirigente scolastico Dott.ssa Maria Concetta Castorina, il Presidente della Università della Terza Età Dott. Caramagno, il Dott. Francesco Paci, il Presidente della ICOB Sig. Rametta. Numerosi i componenti del Consiglio Comunale presenti nonché tutti i corrispondenti locali degli organi di informazione.

Il Museo era rappresentato dai componenti del Comitato di Direzione Sig. Giuseppe Fazio e Prof.ssa Angela Gigli Amato; dal Rag. Domenico Strazzulla del Collegio dei Revisori; dai sig.ri Gino Iurato, Francesco Caruso, Domenico Collorafi, Maurizio Tempio, Pino Ramaci, Giuseppe Saraceno, Francesco Carriglio, Renato Arena, Giuseppe Solarino, Filippo Tringali, Amm. Paolo Russotto, Dott.ssa Ivana Sarcià (oltre che da due dei relatori), tutti componenti del Comitato dei Collaboratori.

NASCE “LAMIS”, un’associazione di ex liceali per l’impegno civile

 

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Augusta –Si è costituita ad Augusta, l’associazione “Lamis onlus”, nata dalla collaborazione tra cittadini mossi dal desiderio di un maggiore impegno civile.

Del comitato promotore fanno parte Gabriella Cannone, cui è stata conferita la carica di presidente, Gianmarco Catalano, Francesco Scionti, Massimiliano Moretti, Ivan Alicata e Carmelo Di Mauro. L’associazione nasce con l’intento di perseguire obiettivi di tutela e valorizzazione del patrimonio artistico, culturale e ambientale del territorio di Augusta, attraverso iniziative che coinvolgano quanto più sia possibile la cittadinanza e ne stimolino l’impegno sociale e civico. L’associazione Lamis intende, inoltre, collaborare fattivamente con l’amministrazione comunale di Augusta e con le altre istituzioni presenti sul territorio.

Il nome dell’associazione vuole ricordare un personaggio importante nella storia della nostra città. Lamis era infatti “l’ecista” che guidò i coloni greci verso la Sicilia e li condusse alla fondazione di Megara Hyblea. I promotori dell’associazione esprimono, con questa scelta, l’auspicio che il futuro di Augusta possa trovare nuovi valori etici e culturali su cui  fondarsi. L’associazione Lamis comunica, inoltre, la propria piena adesione al progetto “PartecipAgire” che vede alcune delle principali associazioni cittadine collaborare per il rilancio sociale e culturale della città di Augusta.

A breve, l’associazione si doterà di un proprio sito internet e darà luogo a iniziative di cui tutti saranno prontamente informati.

C. D.

Presentazione del libro “Inesto Istorico della Città d’ Augusta negli Annali de’ Regi di Sicilia” di F. Vita

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DSCN0064.JPGAUGUSTA. Giorno 16 maggio ha avuto luogo presso il salone della “Banca Agricola Popolare di Ragusa” della filiale di Augusta, ex sede dell’ altra dismessa, quanto prestigiosa, “Banca Popolare di Augusta” , la presentazione della nuova edizione del testo “Inesto Istorico della Città d’Augusta negli Annali de’ Regi di Sicilia” di Francesco Vita,  riveduto e corretto dall’ Illustre prof. Giovanni Satta, dal 1995 membro della Commissione Comunale per il Piano di Studi di Storia Patria, meglio noto in città come ex preside del liceo scientifico o docente di Lettere, Italiano, Latino  e Greco presso i licei Classico e Scientifico di Augusta, nonchè autore di numerosi altri scritti dedicati alla sua amata cittadina dal 1976 a oggi.

Dice il professor Satta: “Ho curato e pubblicato questa nuova edizione del testo riveduto e corretto dell’edizione originaria stampata a Venezia nel 1653, semplicemente perché trattasi della prima “storia” di Augusta, che il giovanissimo autore Francesco Vita scrisse all’età di 18 anni. ….. Ho curato questa edizione cercando di emendare, direi bonificare, il testo dell’ editio princeps veneziana dagli errori sfuggiti al tipografo e non segnalati nell’ errata-corretta dell’ultima pagina del libro, e l’ho fatto sulla base della conoscenza dell’ortografia dell’italiano del giovane Vita e del suo stile, acquisita leggendo decine di volte l’ Inesto Istorico, e della mia dimestichezza con l’Italiano del Seicento. Nell’emendare il testo per restituirne la genuinità ho proceduto via et arte, sed iudicium adhibens, o meglio, sulla base di norme teoriche ma usando la prudenza e il buon senso.”

Il moderatore, dott. Salvatore Romano, ha avuto il privilegio di dare inizio alla presentazione, dopo avere appassionatamente collaborato col prof. Satta negli anni necessari alla realizzazione del testo e sin dal momento  in cui è partorita la geniale idea, ovvero dalla ricerca alla stesura di oltre 350 pagine, tutte da lui dattiloscritte  a mezzo pc.

Di seguito sono intervenuti:  il Presidente della Commissione Comunale per gli studi di Storia Patria, Istituzioni e Ricerche,  avv. E. Salerno;  il Direttore della Banca, dott. L. La Ferla; l’avv. R. Raimondi e in chiusura, l’illustre autore  prof. G. Satta.

Il Salone era stracolmo di invitati, tra i quali i presidi delle scuole locali, i rappresentanti del Circolo Unione, delle Associazioni Rotary , Kiwanis, Lions e Unitre di Augusta.

In prima fila, un unico posto andato deserto, quello del sindaco della città inutilmente atteso a cui non è stato possibile consegnare il dono che la Banca Agricola Popolare di Ragusa ha distribuito a fine serata a tutti i convenuti: lo stesso libro.    

    Giuseppe  Tringali

L’ inganno del Risorgimento

storia, cultura, risorgimentoAUGUSTA. Giorno 29 aprile,  nell’auditorium “Don Paolo Liggieri” del  civico palazzo S. Biagio di Augusta, si è tenuta la presentazione del libro “Il Sud e l’inganno del Risorgimento” di Giacomo Càsole , storico e scrittore, da anni impegnato a promuovere le verità storiche riguardanti un periodo così complesso quale l’unità d’Italia che coinvolse anche la Sicilia. Il convegno-dibattito ha fornito ottime e interessanti chiavi di lettura, sopratutto nell’anno in cui si festeggia il 150° anniversario dell’unità d’Italia.

Per addentrarci meglio nell’argomento, abbiamo deciso di intervistare  l’autore del libro, Giacomo Casole, fondatore e presidente dell’associazione culturale “ Due Sicilie”.

Lei ha intitolato il suo libro “Il Sud e l’inganno del Risorgimento”. Perché usare proprio il      termine “inganno” in riferimento a un determinato periodo storico, solitamente definito da autorevoli storici e scrittori fondamenta per l’unità d’Italia?

Nelle prime tre righe del capitolo denominato il “Razzismo” ha riportato una frase, presumibilmente  credibile di Luigi Carlo Forini, nominato luogotenente una volta conquistato il Regno delle due Sicilie: “ Altro che Italia, questa è Africa. I beduini a riscontro di questi cafoni sono fiori di virtù civile”. Supponendo la veridicità della fonte da cui proviene questa espressione, vuole spiegarci le motivazioni per cui i meridionali vennero considerati inferiori , addirittura peggio dei beduini?

 

“Come ho avuto modo di spiegare durante la presentazione del mio libro, innanzitutto bisogna mettersi d’accordo sul significato della parola “ Risorgimento” che derivando dal verbo risorgere, sta a indicare “resurrezione” o meglio” riscatto” e “rivalsa”.

Ma il Sud che era già da tantissimo tempo uno Stato sovrano libero e indipendente da ingerenze straniere, non aveva bisogno di risorgere né di riscattarsi da alcunché, pertanto molto semplicisticamente posso dirle che il significato di Risorgimento non può adattarsi a tutta l’Italia del 1860.

E’ il Nord che ha bisogno di riscatto in quanto frammentato in piccoli Stati,  è ancora soggetto a pesanti influenze straniere come l’Austria,  che domina direttamente il Lombardo-Veneto. Ed è sempre il Nord che ha l’esigenza per poter crescere ed espandersi, di liberarsi, di riscattarsi, di risorgere; dunque,  è in questo senso che si può parlare di inganno, di imbroglio per la gente del Sud,  a cui si è fatto credere fino a oggi che il “Risorgimento “ fosse un’esigenza sentita e necessaria per tutta l’Italia che si doveva creare come Nazione. Il Sud è già una nazione, e ha un nome conosciuto e rispettato in tutta l’Europa e nel mondo. Il Sud era conosciuto come il “Regno delle Due Sicilie” e possedeva  una lingua e una cultura comuni, oltre a leggi e  usi propri. Per fare l’Italia,  solo il Sud fu stato costretto a rinunziare alla propria peculiarità, alla propria cultura e ai propri averi.  Infatti,  tutti i beni del Regno delle Due Sicilie furono sequestrati e trasferiti al Nord,  che così creò le basi per trasformare la propria povera economia in quella industriale e capitalistica che conosciamo. Il Nord ha ingannato il Sud convincendolo che perseguire la strada dell’unificazione era la sola possibile al bene comune e così come sappiamo bene noi al Sud, non è stato, anzi,  al contrario,  non solo il Sud ha perso tutto, ma ci ha guadagnato il dileggio e il disprezzo oltre a un diffuso razzismo che da allora continuamente serpeggia in ogni discorso, in ogni articolo, in ogni situazione. Il Sud è diventato una questione con l’unità d’Italia, quella meridionale e da allora a oggi ( a 150 anni suonati) non c’è soluzione. Le ricordo che la Germania ha colmato il divario con la sorella dell’Est in meno di un ventennio, in Italia al contrario ancora si discute il da farsi. Altro che inganno questo risorgimento!” Per quale motivo in Italia l’eccidio dei meridionali, avvenuto durante la spedizione dei mille, rimane un mistero, se non un tabù? A tal proposito cosa si può fare per risvegliare la coscienza meridionale?

 “I piemontesi che,  immediatamente conquistato il Regno delle Due Sicilie, vennero a contatto con il popolo meridionale, si accorsero da subito che la lingua, la cultura, gli usi e i costumi erano differenti dai loro, loro  che parlavano una lingua molto più simile al francese che all’italiano, che avevano modi e gesti affettati. Essi  non solo non compresero nulla, ma l’impatto un po’ brusco con il chiassoso e colorito popolo meridionale, li portò a respingere in toto quelle persone e quelle situazioni che non avevano mai visto e non solo non capirono mai nulla , ma non si sforzarono nemmeno di farlo.

Così, nei loro giudizi superficiali e affrettati, subentrò immediatamente il razzismo per persone o cose che erano al di fuori da loro e che non capivano.

Tutte le forme di razzismo d’altronde sono dettate da ignoranza e da prevaricazione. D’altronde il popolo meridionale non fu docile carne da macello, ma cercò con una guerra partigiana, definita guerra di brigantaggio, di contrastare l’invasione manu militari di questa nazione straniera. E questo non poteva far piacere ai piemontesi invasori, i quali ancora di più si inasprirono contro il popolo meridionale, definito beduino, africano,  ecc.”

Quali furono le conseguenze economiche, politiche e sociali che, purtroppo ancora oggi si ripercuotano nella nostra terra?“Innanzitutto, devo dirle che l’eccidio della popolazione meridionale è avvenuto non solo durante la cosiddetta spedizione dei Mille,  ma anche e soprattutto durante l’occupazione sabauda.

Garibaldi si rese responsabile del famoso episodio di Bronte, dove alcuni contadini,  credendo ai falsi proclami del dittatore, si erano  impadroniti delle terre di alcuni possidenti. Un intero paese fu dichiarato in stato d’assedio, sei cittadini innocenti furono fuciliati a seguito di un processo sommario condotto dal boia Bixio e molte altra centinaia furono rinchiuse per lunghi anni in carcere, senza processo e senza sentenza. Così Garibaldi liberava il Sud, così il Sud pagava il prezzo del Risorgimento fasullo. I Savoia fecero di peggio comportandosi talvolta con ferocia indiscriminata senza guardare in faccia uomimi, donne o bambini,  per ridurre all’obbedienza e alla ragione il popolo meridionale. Si comportarono talvolta con brutalità  talmente gratuita e insopportabile da essere paragonate successivamente  ai peggiori barbari o alle SS naziste. Le conseguenze furono : la diffidenza verso i nuovi governanti, considerati a volte peggiori di quelli vecchi e l’allontanamento progressivo ma ineluttabile da quegl’ideali che avevano  reso possibile il Risorgimento e dall’idea di Nazione giusta ed equa. “Recentemente sono state celebrate le nozze tra il principe ereditario William d’Inghilterra e Kate Middleton. Sorvolando sulla piacevolezza o no di quello che viene definito dalla stampa mondiale il matrimonio del secolo, è strano c Quali furono le conseguenze economiche, politiche e sociali che, purtroppo ancora oggi si ripercuotano nella nostra terra? Che in questo matrimonio non siano stati invitati gli eredi di Casa Savoia, artefici dell’unità d’Italia, mentre era presente Carlo di Borbone, discendente della famiglia Borbonica del Regno delle due Sicilie. Che  ne pensa? “Premesso che il matrimonio di un rampollo della casa reale inglese non  sfiora nemmeno lontanamente i miei interessi e se mai appartiene al gossip, tuttavia si può notare non dico con soddisfazione ma con interesse la notizia che sia stato invitato a questa cerimonia un erede della Casa Reale delle Due Sicilie. Ciò significa che almeno in idea l’antico e glorioso Stato meridionale vive ancora non solo nel gossip , ma anche nella mente e nel cuore di tutti quei meridionali che dovrebbero andare orgogliosi del proprio passato e della propria storia.”

Federico Tringali

CIRCOLO UNIONE: gettate le basi per un (futuro) museo etno-antropologico

“Vita civile e vita religiosa in Augusta: un legame secolare” – 7 giorni di esposizione di 170 oggetti vari, oltre 3000 visitatori, oltre tre secoli di storia studiati – un successo del Circolo Unione in nome del servizio alla comunità. Potrebbe essere il primo passo per realizzare quel museo etno-antropologico ideato, oltre trent’anni fa,  da Elio Salerno.

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Sabato 24 aprile si  è chiusa  la mostra organizzata dal Circolo Unione “Vita civile e vita religiosa ad Augusta: un legame secolare” , iniziativa che ha coinvolto,  a vario titolo,  la presidente, il direttivo, i soci del circolo e i cittadini che, numerosi, otre 3000,  hanno visitato l’esposizione.  La mostra ha permesso ai visitatori di scoprire un passato della nostra città fatto di piccole cose, di quotidianità, di gesti e riti che hanno accompagnato lo svolgere del tempo e hanno plasmato il proprio intimo rapporto con la religiosità. Inoltre si è voluto dare ai giovani uno spunto di riflessione su un” angolo di piccola storia”. Sono stati esposti oltre 170 oggetti che hanno documentato, soprattutto,  la religiosità domestica che, per alcuni secoli, ha costituito ad Augusta un momento fondante dell’essere “famiglia”. Si è evitato di dare una mera lettura estetica agli oggetti di arte religiosa popolare, cercando invece di tentare la ricostruzione dei loro contesti d’uso, di ciò che è stato il loro “ senso” all’interno della casa. I “santini”, le acquasantiere, le stampe devozionali, i piccoli messali, le antiche coroncine, hanno spesso dipanato nei visitatori il gomitolo dei ricordi della propria infanzia. E poi gli olii, le incisioni, le pitture su vetro, le cartapeste destinate a fasce sociali più alte, insieme alla testimonianza di atti di una “vita civile”, hanno completato la mappa di un percorso culturale che ha segnato la vita di una larga parte della nostra comunità cittadina condizionandone i quadri di riferimento, i sistemi di rappresentazione, i rapporti sociali, i sogni. L’evento è stato reso possibile grazie alla generosità dei proprietari dei pezzi esposti, alla contribuzione degli sponsor  (Hotel Venus, Biemme Car) e al patrocinio della Provincia Regionale di Siracusa.                                                                                                    

            Gaetana Bruno Ferraguto

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  Chiusa la mostra si ci chiede quale tipo di contributo abbia apportato nella società augustana. Di certo non supportata dai “Potenti” locali, da quelli religiosi in quanto ritenuta un pò pagana, da quelli civili in quanto vista come  fonte di ulteriore confusione in un clima di molteplici iniziative più o meno culturali, la mostra  ha saputo elevarsi al di sopra delle umane e meschine critiche e raggiungere un obiettivo altamente nobile, riscuotendo in tal modo un vero successo. In effetti tramite i vari oggetti, messi in esposizione, ben descritti e allocati nei vari contesti storici da tre validi professionisti che incessantemente si sono alternati alla guida dei visitatori, la mostra ha permesso di riesaminare varie fasi di vita di un tempo che fu. Usi, abitudini, riti, testimonianze di un popolo cresciuto tra sacrifici e sofferenze ma confortato dall’osservanza di regole e modelli civili e  religiosi che di fatto ne hanno nobilitato il breve passaggio terreno. Un esempio per tutti: parecchi ragazzi, prima in visita scolastica organizzata, sono tornati successivamente con i rispettivi genitori o nonni  a cui con entusiasmo hanno espresso  colorite frasi tipo- “vedi papà, vedi nonno,  quella è un frammento della famosa tela del sabato santo, che veniva calata in Chiesa Madre con  una cerimonia del tutto particolare al cui termine la gente si abbracciava e faceva la pace, anche i nemici più acerrimi dimenticavano i dissapori accumulatisi nell’anno-. Risposta del familiare-” ahimè, con la scomparsa di questa  tradizione  è cessata anche la sana abitudine di fare la pace per Pasqua. Sarebbe opportuno ricercare e riattivare molte delle nostre antiche tradizioni-.

  Un ringraziamento particolare alla Provincia Regionale di Siracusa che patrocinando la mostra ha dimostrato di saper riconoscere e privilegiare una sana e asettica iniziativa culturale al servizio della popolazione.

     Gaetano Gulino

Nelle foto (di Gaetano Gulino): visita di alunni della scuola primaria, una sezione della mostra