IL GINNASIO-LICEO IN AUGUSTA, MEMORIA DEGLI ANNI 1933-2007, UN LIBRO DI GIORGIO CASOLE

File0001.jpgScavando nella memoria storica del ginnasio – liceo di Augusta, con” l’affetto per il proprio lavoro e per la perizia con la quale ha individuato gli episodi che hanno reso indimenticabile questa struttura nel territorio e nella storia della città”, nella prefazione del nuovo libro <IL GINNASIO-LICEO IN AUGUSTA, MEMORIA DEGLI ANNI 1933-2007>, il prof. Francesco Peluso Cassese dell’ Università “Nicolò Cusano” di Roma,  presidente della commissione che ha consentito all’ autore del libro, prof.  Giorgio Casole, di conseguire un Master universitario con il massimo dei voti,  tiene a precisare di sentirsi onorato nell’accettare l’invito a descrivere l’opera, invitando l’autore a continuare a rappresentare la memoria  e l’amore per la città di Augusta, in futuro, con la stessa passione e con lo stesso entusiasmo con cui ha realizzato questa.

foto di G.C..jpgL’autore dell’ opera, Giorgio Càsole, è nato e vive con la sua famiglia ad Augusta. Laureato in lettere, è docente di ruolo al liceo “Mègara” di Augusta. Giornalista-pubblicista dal 1979, ha diretto varie testate locali, quali Radio Roma, Giornale di Augusta, Telerondine. Nel 1981 ha collaborato con la sede siciliana della Rai, realizzando il programma radiofonico “Augusta come Seveso?” e “Handicappati, anno uno”. Dal 1985 al 1994 ha lavorato per l’emittente Telemarte. E’ stato direttore responsabile di Mastersound notizie, di Giornale Radio Tropical e del Notiziario del Comune di Augusta. Ha collaborato con Famiglia Cristiana e Avvenire. Dirige attualmente il periodico Giornale di Augusta e dintorni, collabora con la rivista della Camera di Commercio di Siracusa, Prospettive SR,  con il Diario di Siracusa.

Scrive sul sito web AugustaNews.tk

  Giuseppe  Tringali

30 STUDENTI DEL LICEO “MÈGARA” A OXFORD PER IMPARARE L’INGLESE

E non importa non aver potuto dormire sul proprio letto, di non esser stati con la propria famiglia e con gli amici di sempre per tre settimane intere quando in una città straniera e sconosciuta hai lasciato un pezzo di cuore, una nuova famiglia e amici di cui porterai per sempre il ricordo.

 

 

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AUGUSTA. Si potrebbe pensare di svegliarsi la mattina con l’odore di bacon alle narici, di bere latte e the in tutte le ore della giornata e di parlare sempre e solo di condizioni metereologiche. In realtà non è successo nulla di tutto questo, o quasi, ai 30 ragazzi del liceo Classico Mègara Sezione Scientifica Annessa che hanno partecipato al progetto PON An Amazing Experience Abroad. I ragazzi sono stati ospitati da 15 famiglie inglesi residenti ad Oxford, tipica cittadina universitaria nella contea di Oxfordshire, vivendo per tre settimane a contatto con usi, costumi e tradizioni inglesi. Oxford offre tanti punti di riferimento culturali, a partire dalla scuola che offriva corsi pomeridiani per lo studio autonomo e, soprattutto, grandi forme architettoniche di chiese e università. Le principali attrazioni oxfordiane sono senza dubbio la St. Mary’s Tower, il Christ Church college – famoso per alcuni spazi ripresi nella celebre saga di Harry Potter – e l’ Hertford Bridge meglio conosciuto come Bridge of Sighs  (ponte dei sospiri, simile a quello di Venezia).  Inoltre nella città il sempre più frequente afflusso di giovani permette ai tanti pub e locali di riempirsi e non mancano certo le tradizionali attrazioni come cinema e teatri. Nel fine settimana erano organizzate escursioni nei dintorni, come Londra, Stradford-Upon-Avon e Bath che davano modo agli studenti di visitare celebri attrazioni presenti nelle città e divertendosi allo stesso tempo.

Usi e costumi inglesi sono però molto distanti da quelli italiani. Cominciando dal cibo, infatti, si possono aprire grandi parentesi con polemiche e critiche sul modo di cucinare inglese, sui suoi piatti tipici e fare squilibrati confronti con la cucina italiana. Tradizionalmente la cucina britannica è definita come una delle peggiori al mondo, ma più che altro è uno stereotipo che l’Inghilterra si trascina da secoli. E’ indubbio che il modo di mangiare, e gli stessi ingredienti siano qualitativamente diversi rispetto a quelli della cucina italiana, ma vivendo tre settimane a contatto con le famiglie si sono potuti riscontrare sapori e cibi totalmente diversi dalla nostra visione,  poiché molte famiglie – essendo di diverse nazionalità- erano solite cucinare secondo le loro tradizioni e i loro usi.  Il fatto che, però, la cucina inglese non abbia tradizioni non vuol dire non dover provare nuovi sapori e rimanere fussy eater, cioè un po’ schizzinosi nei confronti dei cibi non italiani.  Al contrario, questa esperienza è in parte servita a coloro magari un po’ diffidenti verso le altre culture, che hanno potuto assaporare culture diverse e tradizioni radicate nella storia. Infatti, al contrario di quanto si pensi la cucina inglese , senza dubbio molto lontana da quella italiana, trova forti tradizioni legate a eventi storici che hanno cambiato anche il modo di rapportarsi al cibo. Ad esempio il piatto tipico inglese Wellington Lamb prende il nome dal duca di Wellington, vincitore su Napoleone a Waterloo. Oppure le tradizionali zuppe si fanno risalire al cibo un po’ veloce e poco nutriente che gli operai, vivendo in condizioni disagiate durante la rivoluzione industriale,  consumavano. In alternativa si potevano comunque trovare ristoranti di qualsiasi tipo: cinese, indiano, giapponese e, dulcis in fundo, italiano.

Un’altra cosa a cui i 30 ragazzi hanno dovuto abituarsi è sicuramente il clima. Nettamente opposto a quello caldo e afoso nostrano, il tempo è una delle pecche che Oxford e l’Inghilterra in generale, offre agli studenti che invadono la città nel periodo invernale. Li costringe ad addobbarsi, come alberi di Natale in anticipo, di sciarpe, capelli e cappotti, al contrario invece della popolazione inglese che va in giro vestita come fosse ancora la stagione estiva con gonne corte, maglie leggere e infradito. Evidentemente saranno abituati ad un altro tipo di freddo, quello tagliante e fastidioso, che noi nemmeno sogniamo sulle nostre calde coste ma nonostante ciò il caldo ambiente di scuola, casa e locali, è stato molto confortante e ha permesso di eliminare anche questa piccola pecca.

Una buona abitudine inglese è quella di muoversi con biciclette, taxi e mezzi pubblici, con servizi alterni ogni 5 minuti e attivi fino a tarda serata. Infatti, tutti gli studenti erano muniti di abbonamento trisettimanele di autobus per muoversi da una parte all’altra della città con estrema facilità, riscontrando anche un nuovo modo di spostarsi totalmente diverso da quello usato nelle nostre zone , fatto solo di motorini e macchine. Inoltre, gli studenti hanno imparato a muoversi autonomamente per la città e ciò potrà essere utile in un futuro prossimo, quando dovranno muoversi in città sconosciute per i propri studi. Accresce il senso di responsabilità e di autonomia di ogni individuo, si gestiscono i propri soldi e si pianifica la giornata senza l’aiuto di un superiore “responsabile”.

La sistemazione in famiglie rappresenta un altro punto a favore di questa vacanza studio, poiché non solo fornisce una sistemazione più economica e autonoma, ma permette di migliorare la propria lingua non dal punto di vista scolastico, ma prettamente dal punto di vista lessicale. Stando a contatto con persone di nazionalità straniera bisognava relazionarsi nell’unica maniera possibile: gesticolando e arricchendo giorno dopo giorno il nostro vocabolario. Non avremmo mai potuto imparare come dire “melanzana” in inglese se la nostra padrona di casa non ci avesse chiesto cosa non gradivano e nemmeno che con l’espressione A piece of cake non ti veniva offerto un pezzo di torta, bensì si trattava di un modo di dire che sta ad indicare la semplicità di qualcosa, corrispondente al nostro Facile come bere un bicchiere d’acqua. 

Il fatto è che per quanto ci ostinavamo a disprezzare il cibo, l’ambiente freddo e qualunque altra pessima qualità si riuscisse a trovare, quella di Oxford rimarrà un’esperienza davvero unica, Amazing come aveva preannunciato il progetto, da raccontare a nipoti e pronipoti in un freddo pomeriggio d’inverno. E non importa non aver potuto dormire sul proprio letto, di non esser stati con la propria famiglia e con gli amici di sempre per tre settimane intere quando in una città straniera e sconosciuta hai lasciato un pezzo di cuore, una nuova famiglia e amici di cui porterai per sempre il ricordo.

 

   Sara Margani,  Foto di Elena Cappadona