FINALE CHAMPIONS AL MAXISCHERMO IN PIAZZA A TORINO

419261-995x662C’erano anche ragazzi di Augusta ad assistere alla finale Champions davanti al maxi schermo in piazza S. Carlo a Torino quando per cause ancora da accertare, forse il botto di un petardo o il boato del cedimento di una ringhiera, si è scatenato il panico tra la folla che ha cominciato a correre senza meta nel delirio della psicosi da attentato. La testimonianza di quanto accaduto e degli attimi di terrore ci arriva da Fabrizio Saraceno, 21 anni, studente del Politecnico di Torino che insieme agli amici augustani, si trovava proprio in Piazza S.Carlo a vedere la partita. “Eravamo al centro della piazza, io con altri ragazzi di Augusta, alcuni studenti del politecnico e altri dell’Università di Torino, e altri ragazzi venuti apposta da Augusta per la finale Champions. Non ci siamo nemmeno resi di quello che stava succedendo. Stavamo guardando lo partita che era circa 80esimo minuto quando c’è stato un botto e la gente ha cominciato a correre verso di noi. L’unica cosa che abbiamo fatto, quindi, è stato correre anche noi.  Dalle ricostruzioni apprese sino ad oggi è emerso che il fragore udito dalla massa dei tifosi derivasse proprio dal crollo di una ringhiera così descritta da Francesco: “Questa ringhiera era una grata che copriva delle scale. Cè un parcheggio sotterraneo in piazza S. Carlo che era chiuso, la ringhiera andava a chiudere quelle scale, e quanto ho capito alcune persone sono caduti al di là della ringhiera ceduta. Sul momento abbiamo sentito solo il botto. Inizialmente si diceva che fosse una bomba perché la gente gridava “ bomba bomba scappate” poi subito dopo si è pensato a una persona che sparava con la pistola. Gente che cadeva, la folla che spingeva. Io sono caduto sopra una persona, però per fortuna non mi sono fatto nulla, solo una sbucciatura al ginocchio, ma gli altri ragazzi alcuni hanno subito escoriazioni e tagli per i cocci del vetro delle bottiglie rotte.” “Quando si vede la folla che improvvisamente ti viene contro, nel panico l’unica cosa che puoi fare è scappare. Sapevano solo la direzione dove andare che era opposta a quella dello schermo. Era una massa che si spostava tutta insieme. Poi dopo 100-200 metri ci siamo distribuiti tutti nelle varie vie, con gli altri miei amici ci siamo persi quasi subito. Abbiamo passato la notte a chiamarci l’un l’altro per sapere cosa ci fosse successo. Molti sono stati medicati nei pronti soccorso vicini. Io non ho avuto bisogno di medicazione ma un ragazzo ha dei punti nel braccio, una ragazza ha dei punti sia nel braccio che nelle gambe per le ferite causate dai cocci di vetro a terra. L’abbiamo vissuto come ci fosse stato un attentato. Da questa esperienza ne traggo che vogliamo reagire, non vogliamo chiuderci in casa o avere paura. Vogliamo vivere tutte le esperienze che ci si prospetta la vita”.

  G.C.