L’Italia dietro le sbarre: una vergogna nazionale!

Ho preso spunto dal più recente , drammatico ed oltremodo eloquente evento  –  di G. Intravaia

intravaia.jpgLuigi Fallico, 59 anni, ritenuto uno dei fondatori delle nuove Brigate Rosse, l’hanno trovato riverso nel letto, in pigiama, nella sua cella, gli agenti della polizia penitenziaria del carcere di Viterbo. Alle 9,30 non si era ancora alzato. Si avvicinano per chiedergli se si sente male. Non risponde. Lo scuotono un po’. Si accorgono che   era morto. Il medico ,poi ,certifica che il decesso è avvenuto quattro o cinque ore prima, sul corpo non c’è alcun segno di violenza, l’ipotesi più probabile è che Fallico sia stato vittima di un infarto. Il suo avvocato difensore  racconta di averlo  visto il 19 maggio scorso, quando aveva voluto essere presente a un’udienza di un processo che lo riguardava: << Aveva avvertito fortissimi dolori al petto ed era stato trasportato nell’infermeria del carcere di Viterbo, dove gli avevano riscontrati valori della pressione arteriosa molto elevati. Invece di trasferirlo in una struttura ospedaliera attrezzata lo hanno riportato in cella. All’udienza del 19 maggio si sentiva ancora poco bene >>.Con la morte di Fallico,   salgono a tre i decessi nel carcere di Viterbo nell’arco di un mese: “Fallico, soffrente di problemi cardiaci ed ipertensione, aveva accusato un dolore al petto ed era stato visitato in infermeria, dove gli erano state somministrate una tachipirina ed un farmaco dilatatore delle coronarie. Questo è solo l’episodio  più recente , di una storia infinita di morti annunciate.. Il 18 aprile scorso a morire era stato un cittadino Senegalese di 30 anni,   il quale , poco prima di essere arrestato aveva subito un intervento chirurgico  alla testa per la asportazione un ematoma dal cervello e, per questo, era  costretto in cella …. pur essendo privo di parte della calotta cranica. ! Domenica 15 maggio, invece, un Agente della  Polizia Penitenziaria  si era tolto la vita sparandosi nello spogliatoio del carcere poco prima di prendere servizio: aveva 42 anni .

. Tre decessi in un mese solo  nel carcere di Viterbo ,costituiscono una media altissima che non solo deve preoccuparci  molto , ma deve interrogarci , perché si tratta di eventi drammatici avvenuti nonostante l’impegno della direzione, degli agenti di polizia penitenziaria e delle altre professionalità che lavorano in quella struttura. Una storia che   si espande a  macchia d’olio su tutto il territorio del Paese .Ognuno di questi decessi è una storia diversa con, però, una matrice comune: quella di poter essere attribuito al sovraffollamento e alle drammatiche condizioni di vita negli istituti. Sovraffollamento, carenze di personale e penuria di risorse non consentono di garantire a quanti vivono il carcere, siano essi detenuti o agenti di polizia penitenziaria, adeguate condizioni di sicurezza. In qualsiasi altro contesto, un disagio psichico o fisico sarebbe adeguatamente curato per prevenire conseguenze gravi. Nelle carceri, invece ( da Nord a Sud, da Est a Ovest )  ogni situazione di disagio può nascondere una potenziale, drammatica, fine. Salgono a 67, dall’inizio dell’anno, i decessi conteggiati dal  D.A.P. ( il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria ) nelle carceri italiane: 24 i suicidi –  gli altri  decessi – sono attribuiti a “cause naturali”. In realtà , i decessi ,ammontano a  molti di più: se un detenuto infatti muore dopo qualche giorno di agonia nel letto di un ospedale ( ove è stato trasferito )non viene conteggiato tra le morti in carcere. Allo scorso  mese di Aprile i 208 Istituti Penitenziari italiani erano stipati di ben 67.510 detenuti, a fronte di 45.543 posti regolamentari. Una situazione che si traduce in un peggioramento delle condizioni igienico-sanitarie e in un incremento del numero di morti. Sempre nel 2011 sono stati 337 i tentati suicidi, mentre gli atti di autolesionismo sono arrivati a 1.858, e a questi vanno aggiunte le aggressioni che hanno portato a 1.389 ferimenti e a 508 colluttazioni. Dal 2000 a oggi sono morti 1.800 detenuti, di cui un terzo (650) per suicidio. E ancora: dal 1990 al 2010 sono stati 1.093 i detenuti che si sono tolti la vita in cella, mentre i tentati suicidi sono stati 15.974, con una frequenza media di 150 casi ogni 10mila detenuti. Il 2010 si è chiuso con 63 casi di suicidio. Nell’anno precedente , nel  2009 ,se ne contano  72. Una   situazione  di illegalità  palese da parte dello Stato che- paradossalmente – viola in modo pervicace e continuativo la sua stessa legge. Questi sono i fatti. Queste sono le cifre da opporre a quanti reagiscono con un moto tra la stizza e il fastidio.  Non molti, a dire il vero, dal momento che gli organi di informazione non hanno praticamente riferito nulla in merito.    Le cifre ,  dicono che non si tratta di un’esagerazione : dovrebbe far riflettere il fatto che in undici anni si sono tolti la vita ben 87 Agenti di Polizia Penitenziaria. Non sappiamo i loro nomi, le loro storie. Ma sono certo che scavando nel loro vissuto emergerebbero cause  strettamente connesse con le condizioni di lavoro in cui sono stati costretti ad operare , e che non sono affatto estranee alla decisione di farla finita.    Voglio ricordare   che nella nostra Costituzione è contenuta  una norma che non viene mai richiamata: il comma 4 dell’articolo 13, nel quale è prevista la punizione della  violenza commessa sulle persone che sono private della libertà. Ebbene, detenuti ammassati in meno di un metro e mezzo a testa – la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ne prevede tre, l’Ordinamento Penitenziario  addirittura sette – chiusi in cella a far nulla per  20 o 22 ore al giorno, non sono forse oggetto di   inequivocabili      atti di violenza? Le carceri italiane sono divenute – ormai da tempo , da troppo tempo , in un assordante e colpevole silenzio  globale – una enorme discarica sociale e umana resa tale anche da    una situazione strutturale   che è figlia  di una legislazione schizofrenica, la quale  non riesce a programmare l’intervento penale in maniera razionale, che pretende di dare risposte di tipo emotivo, simbolico a problemi di carattere sociale e quindi crea da un lato l’ingolfamento del sistema penale, dall’altro un affollamento del Sistema Penitenziario, e tuttavia non riesce   davvero a richiamare l’attenzione di tutti   sul gravissimo problema del Diritto  e della Dignità della Persona Umana , costantemente violati e stravolti.

Avv. Giovanni Intravaia  presidente Osservatorio Cattolico “Pro Iure et Iustitia”  (nella foto in alto)

DETENUTO EVADE DALLA CASA CIRCONDARIALE DI AUGUSTA

CARCERE.jpgNelle prime ore del pomeriggio di giorno 4 u.s., presso la casa di reclusione di Augusta si è verificato il più eclatante dei fatti che, certamente, se fossero state ascoltate le richieste di aiuto più volte annunciate dalle scriventi OO.SS, si sarebbe potuta evitare. A evadere dal penitenziario è stato un detenuto, Walter Pitzanti di anni 40, lavorante “sconsegnato” della zona esterna al muro di cinta, nei confronti del quale erano previsti controlli saltuari. Appena è scattato l’allarme tutto il personale di polizia penitenziaria, anche libero dal servizio, si è mobilitato alla ricerca dell’evaso ricercandolo su tutto il territorio megarese (soprattutto in aperta campagna), nel siracusano e in svariate zone della città di Catania, ma purtroppo senza particolari novità sul fuggitivo. Dalle ricerche, ancora in corso, si auspica possano emergere quanto prima elementi utili a riconsegnare l’evaso alla giustizia.

Rabbia e amarezza si leggono nel volto di tutti gli operatori della polizia penitenziaria del comando di Augusta che non avrebbero mai voluto sentirsi tirare in causa per un fatto simile. La carenza di organico (circa 120 poliziotti in meno) e la rilevante precarietà strutturale (da sempre denunciata all’Amministrazione Penitenziaria ed alla Autorità politiche e territoriali competenti) sono il principale motivo per cui possano accadere tali sconvenienti episodi, fatti che rischiano di essere strumentalizzati da taluni non addetti ai lavori, i quali, non conoscendo la reale situazione delle carceri e la reale dinamica dei fatti in questione, s’inventano la qualunque cosa per far notizia, anche facendo assurde ipotesi che rasentano l’illegalità (su questo saremo molto attenti e se del caso avvieremo ogni utile intervento legale a difesa dell’immagine del personale di polizia penitenziaria). Non permetteremo a nessuno, autorità comprese, di addossare colpe agli operatori della polizia penitenziaria che, stando alla situazione generale, non potrebbe che essere esente da responsabilità. Siamo stanchi di ripetere che per mantenere a un livello di sufficienza le attività trattamentali e parallelamente la sicurezza degli istituti penitenziari, ogni struttura deve essere dotata costantemente di un numero adeguato di personale di polizia, oltreché di una sufficiente disponibilità di mezzi e strumenti di controllo, utili, altresì, a ottimizzare tutto il sistema. Siamo stanchi e indignati dalla mancanza di ascolto fino ad ora manifestata dall’Amministrazione Penitenziaria ai nostri innumerevoli gridi d’aiuto. Siamo turbati dal disinteressamento totale della Politica, soprattutto territoriale, verso i problemi principali che affliggono le carceri (strutture fatiscenti, carenza di organico della polizia Penitenziaria e sovraffollamento insostenibile). Siamo altresì scoraggiati dal fatto che anche Sua eccellenza il Prefetto non abbia mostrato particolare interesse verso una questione, quella delle carceri, nell’occasione della casa di reclusione di Augusta, che si ricorda ospita circa 700 detenuti, oltre agli operatori (una città nella città), quindi meritevole di attenzione da parte di tutti……………… indistintamente. Troppe volte siamo stati umiliati con la mancanza o scarsezza di risposte da parte di chi, invece, ha il dovere di porre rimedi ai problemi denunciati. Non abbiamo più tempo né tantomeno volontà di aspettare il “nulla di fatto”. Per questi motivi, oggi, dichiariamo ufficialmente lo stato di agitazione di tutto il personale di Polizia penitenziaria degli istituti presenti sul territorio siracusano. A breve saranno date doverose comunicazioni agli Organi competenti per quelle che saranno le importanti manifestazioni che il personale di polizia Penitenziaria terrà dinanzi l’istituto di Augusta e dinanzi al palazzo del Prefetto. È arrivato il momento di chiedere all’Opinione Pubblica e a tutti Cittadini di aiutare gli operatori della sicurezza, appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria, a lavorare con serenità, senza quotidianamente essere mortificati e umiliati nello svolgimento del delicato compito a loro affidato.
 
TIMONARE G . –   SANTORO M. –   MANDOLFO C. –  BONGIOVANNI S. –  DI CARLO M. – SCARSO A. –  ALOTA S.

I DETENUTI DI AUGUSTA RECITANO PIRANDELLO

carcere.jpgTornano in scena nella veste di attori i detenuti della casa di reclusione di Augusta, nell’ambito di un progetto svolto in collaborazione con la Biblioteca comunale di Siracusa e curato dall’animatore culturale Salvo Gennuso. Il debutto ieri, quando sul palcoscenico dell’istituto è stata messa in scena “La Giara” di Luigi Pirandello. Lo spettacolo rientra nell’ambito del progetto sperimentale “Teatro in carcere” che il comune di Siracusa ha avviato all’inizio del 2008. L’iniziativa e’ stata voluta dall’assessore alle Politiche culturali, Sandro Speranza, dalla dirigente del settore, Rosaria Garufi, e dalla direttrice della biblioteca, Annamaria Reale, ed ha ricevuto il sostegno del direttore della casa di reclusione, Antonio Gelardi. Lo spettacolo di ieri e’ stato riservato ai detenuti e al personale interno. Mentre il 21 aprile, alle 9.30, il carcere aprira’ le porte alle famiglie dei reclusi e alle istituzioni. La pratica dei laboratori sperimentata con i detenuti ha gia’ prodotto in questi due anni diversi eventi organizzati all’interno del carcere e creato occasioni di incontro e confronto con compagnie, artisti, scrittori. Il gruppo di attori ha lavorato in prova su diversi testi, orientandosi poi verso il classico di Pirandello.

        ITALPRESS

Volontariato e solidarietà al carcere

 

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Ogni anno il liceo classico Mègara organizza laboratori di vario genere, volti all’approfondimento, all’insegnamento e alla solidarietà. Due anni fa si aprì un laboratorio di ceramica e pittura all’interno della casa di reclusione di Augusta. Inizialmente, la proposta suscitò curiosità tra gli studenti, i quali ci iscrivemmo in molti. Il laboratorio prevedeva un corso di preparazione nel quale veniva descritto l’ ambiente all’interno del carcere. Dopo il breve corso di preparazione, noi studenti eravamo pronti per varcare la soglia del cancello principale che conduceva all’interno dell’ Istituto.  All’ingresso vi è una guardiola dove gli agenti della polizia penitenziaria chiedono i documenti. Consegnati i documenti, ci viene rilasciato un pass. Subito, una guardia ci accompagna all’interno di una sala dove depositiamo gli oggetti metallici e i cellulari. Passati sotto il metal detector siamo pronti per entrare nell’istituto. Per alcuni la tensione iniziava a farsi sentire, per noi era come un mondo sconosciuto. Una delle scene che ci ha subito colpito è stata il braccio di un uomo di colore che pendeva fuori dalle sbarre, mentre attendeva di essere smistato in un’altra cella. Mentre attraversavamo i lunghi corridoi, che ci conducevano nel settore adibito a scuola, guardavamo, incuriositi fuori dai finestroni sbarrati che davano nei piccoli cortili dove i detenuti trascorrono l’ora d’aria. Superati i vari cancelli, disseminati lungo il corridoio, siamo arrivati nell’aula di pittura.  Li ci attendeva Arsen Bocaj, il nostro maestro di pittura. Arsen è un detenuto albanese di trentaquattro anni. Per Arsen era la prima esperienza di insegnamento della sua arte a dei ragazzi, e questo un po’ lo spaventava perché non sapeva come comportarsi. Rotto il ghiaccio, abbiamo cominciato a parlare e a dipingere. Lui ci ha raccontato un po’ della sua vita, e della sua “nuova vita” all’interno del carcere. La vita all’interno non è come viene spesso descritta nei film. Il carcere infatti è come una città dentro la città. Il nostro rapporto con Arsen si è stretto molto ed è diventato amicizia. Con lui discutiamo un po’ di tutto. Questa esperienza fantastica ci ha sicuramente fatto crescere e ci ha fatto superare i pregiudizi

     Luca   Santoro

PAPA: SOLIDARIETA’ DA DETENUTI AUGUSTA, CI SENTIAMO SUOI FIGLI

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(AGI) – CdV, 4 apr. – Solidarieta’ e’ stata espressa al Papa da un gruppo di detenuti del carcere di Augusta- Brucoli. “Santita’ – scrivono in un messaggio-poesia indirizzato a Benedetto XVI e firmato ‘gli ultimi’ – Gesu’ e’ crocifisso. Con l’esecuzione di una condanna ingiusta, frutto di una sentenza iniqua, viene definitivamente giudicata la storia. Dalla parte di Cristo crocifisso sta la verita’ silenziosa dell’Amore.  Dall’altra parte il sopruso e la menzogna”. Questa Pasqua, invocano i detenuti, “la Chiesa risorga nei nostri cuori di convertiti e di persone decise a fare un cammino di fede dietro la sua fraterna e autorevole guida. Santita’ i suoi figli e detenuti sono nel suo cuore e nella preghiera” .

Insediata la Speciale Commissione sulla situazione carceraria

725_382_LogoProvincia_piccolo.jpgSi è insediata questa mattina la speciale commissione nata in seno al Consiglio provinciale per esaminare la grave situazione carceraria in provincia di Siracusa. Alla riunione di questa mattina hanno preso parte il presidente del Consiglio, Michele Mangiafico e i consiglieri Carmelo Spataro, Nino Iacono, Liddo Schiavo, Corrado Calvo e Niky Paci. Fanno parte della comissione, ma non hanno partecipato alla riunione di oggi, Gaetano Amenta e Francesco Saggio. In apertura dei lavori, il Presidente del Consiglio provinciale ha sottolineato il buon lavoro che ha già caratterizzato il gruppo dei consiglieri oggi designati come componenti della commissione. “Il Consiglio sta prendendo veramente a cuore quanto emerso con la proclamazione dello stato di crisi nelle carceri italiane da parte del Governo. Emergono immediatamente le problematiche relative al sovraffollamento e alla carenza di organico, ma soprattutto le stesse strutture esistenti nel nostro territorio balzano spesso agli onori della cronaca per le criticità che le caratterizzano. La commissione che si sta insediando potrà quindi dare un buon contributo su questo tema”.

Il Presidente del Consiglio ha quindi proposto di affidare la presidenza della commissione al consigliere Carmelo Spataro, proposta che è stata accolta all’unanimità dai presenti. “Nel corso della visita presso il carcere di Brucoli – ha detto Carmelo Spataro neo-presidente di questa speciale commissione – sono emerse le stesse identiche problematiche che affliggono altri istituti di pena. Dal sovraffollamento della struttura, alla carenza di approvvigionamento idrico, dalla situazione riguardante il personale di polizia penitenziaria alle figure professionali civili. Il nostro obiettivo non è solo quello di far visita alle strutture carcerarie in provincia di Siracusa, ma anche quello di sentire gli operatori del settore, gli educatori, i sindacati, il magistrato di sorveglianza, se è possibile. Dobbiamo conoscere la reale situazione per verificare il ruolo che possono avere gli enti locali”. Sull’emergenza idrica è intervenuto il presidente Michele Mangiafico il quale ha proposto di contattare la società di gestione del servizio idrico per comprendere le ragioni del disagio e cercare di venire incontro alle esigenze della struttura carceraria che spesso, soprattutto in estate, per tre, quattro giorni, di seguito, ha enormi difficoltà nell’approvvigionamento idrico. E a proposito della carenza d’acqua, lo stesso consigliere Paci, di Augusta, ha precisato che il problema non riguarda soltanto il carcere di Brucoli, ma un po’ tutta la zona. Nel corso della riunione Nino Iacono ha suggerito di muoversi in direzione di attività che siano rivolte alle famiglie dei detenuti. E su questo argomento un po’ tutti si sono trovati d’accordo. In particolare è venuta fuori la proposta di destinare una quota percentuale delle attività promosse dalla Provincia in occasione della redazione dei calendari degli spettacoli a beneficio delle strutture carcerarie. Esaurita questa fase, si è parlato di un progetto, Reload, finanziato dal ministero del Lavoro (dal 2006 e valido fino al 2011) e rivolto a 46 detenuti o ex della nostra provincia e a 51 persone affette da disabilità psichica. Per i detenuti il progetto, portato avanti dalla Provincia come ente capofila e in via di sperimentazione, riguarda il loro inserimento nel mondo del lavoro con partner che operano a fianco dell’Amministrazione: soprattutto cooperative sociali. Questo progetto, a grandi linee, è stato illustrato, in commissione, dalla dott. Clelia Corsico, dirigente del settore. Ogni tirocinante – ha spiegato la dirigente ai componenti la commissione – viene assistito da un tutor che prepara l’ex detenuto per metterlo nelle condizioni di operare bene quando entra nell’impresa. Sono previsti, in particolare tirocini formativi di quattro mesi, con un guadagno, per il lavoratore, di 670 euro e di sei mesi, con un guadagno di 450 euro. “Noi – ha annunciato alla fine della riunione la dott. Corsico – faremo richiesta per potere portare avanti un nuovo progetto”. Insomma, su questo tema, quello della situazione carceraria, con riferimento anche al reinserimento nel mondo del lavoro da parte di chi termina di scontare la pena, c’è grande sensibilità da parte della Provincia, decisamente all’avanguardia nell’attenzionare una problematica così importante sotto il profilo sociale.

Sovraffollamento all’inferno

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In questi giorni in un vecchio giornale ho letto: “Una signora lasciò i suoi due cani nel bagagliaio della sua station wagon con i finestrini aperti per andare a fare un servizio. Al suo ritorno trovò i vigili. – “È tutto in regola protestò. Ho pure attrezzato il portabagagli con la rete di divisione. Cosa volete da me?” I vigili risposero semplicemente: – “La legge dice chiaro che un cane deve avere uno spazio vitale minimo di otto metri. Le sembra che ci siano otto metri dentro il baule? E la multarono.” Peccato che in carcere non ci sono vigili!

A parte l’ironia, l’Italia è uno strano paese, un cane deve poter disporre di almeno otto metri quadri, mentre in molti carceri alcuni detenuti devono in cella fare a turno per stare in piedi. Il sovraffollamento incomincia a farsi sentire anche a Spoleto. Stanno arrivando molti detenuti anche da altri carceri e stanno incominciando a mettere due detenuti in cella singola, con l’agibilità a contenere una sola persona. Spero per l’Assassino dei Sogni che con me non ci provi perché perderebbe. In tanti anni di carcere lo Stato mi ha sempre trattato come una belva e mi ha fatto diventare un lupo solitario.
Mi ha fatto vivere in una solitudine infinita, sconfinata, solo in compagnia di me stesso. E quando la solitudine ti entra nella tua testa, nel tuo cuore, e nella tua anima, un uomo ombra non ne può più fare a meno. Lo Stato, nell’Isola del Diavolo dell’Asinara, mi ha sottoposto per cinque anni al regime di 41 bis, di cui un anno e sei mesi in totale isolamento, con il cancello, blindato e spioncino chiuso, con solo due ore d’aria senza mai vedere e parlare con altri detenuti.
Lo Stato mi ha sottoposto a otto mesi di regime di sorveglianza particolare del 14 bis nella cella liscia, isolato da tutti gli altri detenuti, senza televisione e fornellino.
Dopo tanti anni d’isolamento, di regimi duri e punitivi, mi hanno abituato e mi sono abituato a stare da solo e non riuscirei più a stare in compagnia di un altro detenuto in una cella. Ci hanno provato a mettermi un detenuto in cella nel carcere di Nuoro, ma dopo tre giorni l’Assassino dei Sogni si arrese perché ogni volta che andavo al passeggio mi sdraiavo per terra, costringendo le guardie a portarmi in cella di peso. Una volta al direttore del carcere di Parma, quando sono andato volontario, per stare da solo, alle celle di punizione ho detto: – “Né in questa terra, né nell’aldilà, nessuno potrà mai obbligarmi a dividere una cella con un altro detenuto”. Tutte le volte che l’Assassino dei Sogni ha provato a mettermi un compagno nella mia stanza ho sempre detto:
– “Datemi una speranza, una sola, che un giorno potrei uscire e avrò un motivo per accettare un compagno in stanza”. Gli uomini ombra non possono stare in compagnia con le persone che hanno un futuro. I morti non possono stare in cella con i vivi.

     Carmelo Musumeci –  informacarcere.it

Corale polifonica nel carcere di Augusta

nativita.jpgTrenta detenuti di varie età, vite diverse, pene differenti ma accomunati da un unico denominatore: la voglia di esprimere le proprie emozioni col canto. E una maestra che, lentamente, giorno dopo giorno, con costanza, dedizione e infinita passione è riuscita a mettere insieme un gruppo che oggi si è esibito, nello spazio-teatro del carcere di Augusta, davanti a numerosi compagni di detenzione, alla dirigenza del carcere, agli agenti, agli educatori, ai volontari e a un gruppo di studenti del locale liceo. Da questo connubio è nata la corale polifonica chiamata, con grande orgoglio, la “SWING BRUCOLI’S BROTHERS” (Brucoli è il nome della frazione di Augusta nel cui territorio si trova la casa di reclusione) che, guidata con estrema perizia e caloroso affetto da Silvana Laudicina, è riuscita a regalarci un concerto degno di questo nome durante il quale hanno cantato brani natalizi celebri come “Adeste fideles” insieme a canzoni dei nostri giorni come “Natale” di De Gregori o “Cercami” di Renato Zero cantata in un formidabile duetto da due detenuti, Arnolfo e Davide; o ancora un “assolo” di chiatarra elettrica sempre di Davide, uno dei più giovani componenti della corale, o un’interpretazione solistica di una canzone di Neffa da parte di Gigi, un altro dei coristi che ha un passato di cantautore e compositore di canzoni. Il brano conclusivo è stata una celebre canzone di Michael Jackson. Tra un’ interpretazione e l’altra alcuni dei coristi hanno voluto regalarci delle loro riflessioni sul Natale. Parallelamente al concerto ci sono stati due momenti “forti” che sottolineano la volontà, da parte della dirigenza della casa di reclusione di Augusta, di aprirsi alla società esterna e di dare un’applicazione pratica all’art. 27 della nostra Costituzione che parla di riabilitazione del detenuto in vista di un suo reinserimento nella società una volta scontata la pena. Il primo momento è stato quello del bellissimo presepe, creato dall’artista augustana Pinina Podestà con l’aiuto di alcuni detenuti (che da quel giorno la chiamano, con un rispetto venato d’affetto, “professoressa”) in uno dei corridoi del carcere, che oggi è stato fatto ammirare ai tanti visitatori esterni convenuti per il concerto della corale; l’ altro momento è stato quando gli studenti liceali, che nei mesi scorsi sono entrati, con regolare frequenza, all’interno della casa di reclusione per ricevere lezioni di pittura da un giovane detenuto albanese, Bocaj, gli hanno voluto dare, insieme alla loro docente, un regalo per Natale come ringraziamento.

      Daniela Domenici

PRESEPE NEL CARCERE DI AUGUSTA

arresto-carcere-manette_17847.jpgDa un incontro casuale tra un’artista locale e un detenuto agli arresti domiciliari nella casa-accoglienza della Caritas cittadina è nata, tra una chiacchiera e l’altra, l’idea di costruire il presepe, per la prima volta, all’interno della casa di reclusione di Augusta.Pinina Podestà,una brava pittrice surrealista, nata a Catania ma tanto tempo residente ad Augusta, che per vari anni, su incarico del Comune di Augusta, ha costruito il presepe cittadino nell’androne del Municipio o, l’anno scorso, in una chiesa della via Garibaldi, ha scelto, questo Natale, di accettare questa nuova “sfida artistica”: con l’aiuto di alcune persone detenute a cui ha dato istruzioni mostrando loro come fare, ha costruito, in uno dei corridoi della zona “trattamentale” del carcere, uno splendido presepe di dimensioni davvero ragguardevoli in cui hanno trovato posto le stesse statuine utilizzate nel presepe municipale degli anni precedenti. Queste statuine sono di proprietà del Museo cittadino di Storia Patria, rappresentato dall’avv. Salerno che, nonostante l’età anagrafica avanzata che non corrisponde a quella che dimostra, ha seguito da vicino, come ha fatto ogni anno, anche questo presepe dando preziosi suggerimenti all’artista in corso d’opera.

E’ superfluo sottolineare l’importanza di questo evento non tanto per l’ oggetto in sé, il presepe, ma per le dinamiche di socialità, di collaborazione, di apprendimento che si sono costruite tra l’artista e le persone che hanno collaborato con lei, sempre nell’ottica dell’art. 27 della nostra Costituzione che sottolinea quanto la detenzione debba servire alla rieducazione della persona ristretta in vista di un suo reinserimento nella società.

   Daniela Domenici

 

 

Mostra della ceramica e del ferro battuto

4^ Mostra delle opere dei detenuti del carcere di Augusta

lavab.jpgSi sta per concludere presso la sede della Stella Maris in via Umberto 131 ad Augusta la 4° “Mostra dei manufatti artigianali in ceramica e ferro battuto” realizzati da alcuni detenuti della casa di reclusione di Augusta sotto la direzione artistica di Simona Farina, esperto del campo. I detenuti che seguono il corso di ceramica all’interno del carcere e le cui opere sono in mostra fino a stasera alla Stella Maris sono in tutto 11, di cui 4 stranieri, un cinese (il più bravo di tutti, ci dicono), un rumeno, un polacco e un africano, e 7 italiani. Quest’ anno il corso di ceramica si è aperto verso l’esterno e alcuni studenti del locale liceo Mègara sono andati settimanalmente dentro la casa di reclusione a imparare come creare oggetti in ceramica, insieme alle persone detenute, dall’insegnante Simona Farina. Questo esperimento degli studenti che entrano in carcere per imparare un’arte si è allargato anche alla pittura e questo esperimento è stato ancora più eclatante perché il “docente” è un giovane albanese detenuto, Bocaj, che ha un talento naturale, non ha fatto studi specifici ma vuole condividere con questi liceali il suo amore per la pittura. Il ricavato dell’eventuale vendita degli oggetti in mostra sarà devoluto alla missione di Bafatà in Guinea Bissau e alla scuola-baraccopoli Mailisaba a Nairobi in Kenya.

   Daniela Domenici