AVVENTURA “GASTRONOMICA” A RAGUSA DI 5 AUGUSTANI: RACCONTO IN BREVE

SONO 5  A CENA,  MA FANNO IL CONTO  PER  7:  CHIAMATE LE FIAMME GIALLE

Donnafugata wine showRAGUSA. Settembre 2016. All’interno  del castello di Donnafugata, che non ha nulla a che vedere con quello descritto nel “Gattopardo”,  si svolge un “evento” interessante , denominato “Wine show festival”  (per attirare i turisti o in ossequio all’imperante e risibile moda americanofila). Si tratta, sostanzialmente, di una promozione di vini locali, con relativa degustazione, arricchita dalla partecipazione dei cosiddetti chef stellati. L’iniziativa attira un gruppo di cinque  amici di Augusta, abituati ad andare in giro per la Sicilia orientale, per visitare località caratteristiche e per gustare piatti tipici. Dopo aver osservato i vini esposti nel bellissimo parco del castello , dove svettano ragguardevoli alberi secolari, dopo aver ammirato  gli interni  del palazzo nobiliare, un tempo residenza estiva degli Arezzo, oggi  di proprietà del Comune di Ragusa, i cinque, attirati dall’odore penetrante di  arrosto e anche  da un vistoso cartello,  in cui si reclamizza una grigliata di carne, entrano in una  trattoria, uno dei cinque punti di ristoro, praticamente ai piedi del castello.  “Ragusa è celebre per le  salsicce e  la pasta con il sugo di maiale”, osserva uno dei cinque.  Vada per la grigliata e per la pasta al sugo.  Pochi i clienti in quel momento.   I cinque si siedono.  Chiedono più volte la lista, con i prezzi. Niente. Il cameriere sa il  fatto suo. Sorride, consiglia,  chiede permesso. Insomma, ha modi talmente garbati che i cinque  non insistono più. Non tutti, però, ordinano il primo.  Dopo una breve attesa, arrivano le pietanze. Arriva a un certo punto  anche il gestore del locale per chiedere il parere. Risposta: “Carne buona, ma salatissima, come le verdure grigliate”. Uno dei cinque, però, si lamenta  per la carne troppo nodosa, immangiabile per lui, ma il piatto non gli viene sostituito.  Un litro di Nero d’Avola, una  bottiglia di acqua frizzante e una lattina di cola  sono sul tavolo per rendere più digeribile il pasto.  Nel frattempo, il locale si riempie di clienti,  sia all’interno che all’esterno. Arriva il momento del conto. Il solito cameriere, senza presentare alcuno scontrino, annuncia:   20 euro a testa. Il più giovane dei cinque raccoglie la somma di 100 euro   e va alla cassa, mentre gli altri quattro escono per una boccata d’aria.  Il cameriere, alla vista del denaro,  storce il naso e afferma: “ Siete in sette, dovete pagare 140 euro”. Il più giovane obietta: “Siamo in cinque”. Replica del cameriere: “Allora, dovete pagare 28 euro a testa!”. Il  più giovane, essendo in verità molto giovane, non ribatte, estrae dal portafogli altri 40 euro, li versa e riceve in cambio non uno scontrino fiscale, ma un pizzino   di carta, senza intestazione, con la cifra   scritta a mano: 140 euro. Poi esce per chiedere agli altri il rimborso.  Gli altri non mandano giù la pretesa della cifra supplementare. Rientrano e  protestano. Niente da fare. Non viene nemmeno rilasciato lo scontrino fiscale. Decidono, allora, di invocare l’intervento  di una pattuglia della  Guardia di Finanza. Si spiega l’accaduto. Si attende l’arrivo della pattuglia. Due militari delle fiamme gialle arrivano. Si spiega ancora. I due finanzieri entrano nel locale e viene loro esibito lo scontrino fiscale per la cifra di 140 euro. Lo  scontrino, però, riporta un orario diverso da quello in cui è stato pagato il conto: mezz’ora dopo. Non solo. Sullo scontrino  la grigliata di carne è prezzata con una cifra superiore a quella esposta nel vistoso cartello esterno. Come mai? Non è che  il proprietario ha subodorato o avvertito che le Fiamme Gialle stavano per arrivare? Altra domanda: come mai  egli esibisce lo scontrino che, invece, dovrebbe essere nelle mani dei cinque? Nessun locale rilascia doppi scontrini.  L’avvenuta transazione è riscontrabile nel nastro cartaceo della cassa. Nemmeno è ipotizzabile che i cinque l’abbiano  dimenticato. Se l’avessero fatto, lo avrebbero ripreso una volta fatta la telefonata alle Fiamme Gialle.  Ai militari viene mostrato dai cinque augustani  il pizzino con la cifra scritta a mano e si sottolinea loro che in un primo momento  era stata precisata la cifra di 20 euro e non di 28. E’ mai possibile che il cameriere, che  aveva  preso le ordinazioni a più riprese, non sapesse che gli avventori erano cinque e non sette? I militari,  essendo stato emesso  comunque uno scontrino, non possono  sanzionare , ma interpongono  i  loro buoni uffici e il cameriere ammette lo sbaglio. E’ vero. Non erano sette, ma cinque. I  40 euro sborsati in più vengono restituiti. Morale della favola: la prossima volta  non si ordina senza farsi dare prima il menù.

Giorgio Càsole 

AVVENTURA “GASTRONOMICA” A RAGUSA DI 5 AUGUSTANI: RACCONTO IN BREVEultima modifica: 2016-09-14T11:52:18+02:00da leodar1
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