AUGUSTA, ARSENALE MILITARE: PERSONALE A RISCHIO AMIANTO /IL “MUSCATELLO” NON HA ATTIVATO IL REPARTO PREVISTO PER LEGGE MENTRE SI SPENDONO 9,5 MLN DI EURO PER I MORTI A LAMPEDUSA – di Giorgio Casole

Il 1° luglio Commissione parlamentare d’inchiesta al Circolo Ufficiali

arsenale-militare-augusta-300x296AUGUSTA – 1° luglio al  circolo Ufficiali della M.M. di Augusta si è svolto l’audizione richiesta dalla Commissione Parlamentare d’inchiesta sui rischi da esposizione ad amianto e uranio impoverito del lavoratori civili e militari della Base Militare di Augusta. La commissione presieduta dalla deputata Donatella Duranti ha audito in mattinata vertici militari e civili dell’amministrazione. Nel  pomeriggio ha incontrato le organizzazioni sindacali e i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza dell’arsenale di Augusta, il direttore dell’INAIL di Siracusa, Salvatore CIMINO, e il dirigente  regionale di  Legambiente, l’augustano  Enzo Parisi. La commissione è stata istituita al fine di  accertare eventuali responsabilità derivanti dall’esposizione a rischio amianto e ricercare i possibili “rimedi” che oggi possono essere posti in essere per salvaguardare i tantissimi lavoratori, militari, civili e dell’industria privata che hanno lavorato in ambienti insalubri. In sintesi dalle dichiarazioni rese è emerso che l’esposizione dei lavoratori si è protratta ben oltre la data di entrata in vigore della legge 257/1992 che mette al bando l’utilizzazione dell’amianto. Le organizzazioni sindacali in una nota  ringraziano i “..deputati  intervenuti apprezzandone la sensibilità politica finalizzata ad accertare eventuali responsabilità derivanti dall’esposizione a rischio amianto e ricercare i possibili “rimedi” che oggi possono essere posti in essere per salvaguardare i tantissimi lavoratori , militari, civili e dell’industria privata che hanno lavorato in ambienti insalubri, che per queste cause sono morti, si sono ammalati o comunque hanno una aspettativa di vita decisamente inferiore. Lavoratori che operano in un territorio martoriato, per le note e gravissime emergenze ambientali essendo l’Arsenale di Augusta situato in una zona dove sorge il più grande polo petrolchimico d’Europa. Occorre  ricordare brevemente che nel comprensorio di Pantano Danieli dell’Arsenale M.M. di Augusta e all’interno dello stesso Arsenale esistevano magazzini in cui venivano depositati sia i manufatti in amianto, sia sacchi contenenti amianto in polvere utilizzato dai calderai per la realizzazione e la lavorazione  di coibenti  di parti di apparati navali e alla realizzazione di pannelli in amianto. I lavoratori su menzionati prestavano la loro opera all’interno dell’officina  carpentieri in ferro, a stretto contatto, ovviamente, con le altre categorie di lavoratori presenti all’interno dell’officina stessa (carpentieri in ferro, saldatori e tubisti). Detta officina era ed è ancora ubicata proprio di fronte l’ingresso della mensa aziendale, davanti alla quale passavano e passano tutt’oggi tutte le maestranze per recarsi a pranzo. Il magazzino collocato all’interno di Marinarsen è stato demolito nel 1991 per poter in seguito realizzare nel 1992 la nuova officina omogenea, oggi rinominata Reparto Macchine Ausiliari, mentre sia per il magazzino ubicato nel comprensorio Pantano Danieli che per l’officina carpentieri in ferro non sappiamo se e quando tali locali sono stati sottoposti a bonifica. Le lavorazioni sia a bordo delle unità navali contenenti tracce di amianto in ogni suo apparato che a terra venivano effettuate senza idonea protezione  anche molti anni dopo il 1992. Le tute indossate dal lavoratori risultavano anch’esse veicolo di diffusione delle fibre di amianto non solo nell’ambito lavorativo, inclusa la mensa aziendale, fruita dalla totalità delle maestranze sia esse tecniche che amministrative, ma anche in àmbito familiare in quanto le stesse vengono tutt’ora portate a casa per il  lavaggio. E’ noto peraltro che l’amianto era presente nelle coibentazioni tubiere, nei freni delle apparecchiature, nelle lastre di copertura dei tetti, nelle baderne, nelle guarnizioni, nella pavimentazioni di vinil-amianto, e pezzi di rispetto custoditi nei magazzini dell’arsenale e di Maricommi. In quel contesto, le organizzazioni sindacali  sollecitarono la Direzione Arsenale ad adottare idonee misure di sicurezza in presenza di fibre di amianto ottenendo protocolli d’intesa e circolari, che vennero però disattesi dall’Ente per scarsa sensibilità. Né negli anni successivi alla entrata in vigore della legge che bandiva l’amianto, la Direzione dello stabilimento manifestò maggiore attenzione alla problematica: non ci risulta siano stati istituiti pertinenti corsi di formazione e informazione sui rischi da amianto. A tutto questo si aggiunge il fatto che ancora oggi sono in corso attività di bonifica per smaltimento di amianto dalle Unità Navali. Per le ragioni appena esposte, che verranno riprese e approfondite da una dettagliata e articolata  relazione tecnica, sarebbe auspicabile, quindi, un riconoscimento “ambientale” per i lavoratori della Difesa attraverso una modifica all’attuale normativa negli aspetti economici e pensionistici, la revisione del coefficiente del periodo di esposizione per tutta la vita lavorativa, il legittimo riconoscimento dei benefici previdenziali che porterebbe a un pensionamento anticipato. Al fine inoltre di sanare la grave ingiustizia nella  disparità di trattamento tra i lavoratori del mondo privato  e i lavoratori della Difesa e più in generale del pubblico impiego, richiediamo  un intervento legislativo che restituisca pari dignità nel riconoscimento dei benefici previdenziali. Si propone quindi: – l’attribuzione, negli atti d’indirizzo, agli arsenali della Marina militare dello status di cantiere interessato alla presenza di amianto, per favorire il giusto riconoscimento a tutti i lavoratori esposti, prescindendo dalle loro qualifiche; – l’eliminazione dei limiti di concentrazione delle fibre di amianto per litro, in quanto è ormai consolidato dalla letteratura scientifica che è sufficiente una sola fibra di amianto per causare patologie tumorali a esso correlate; – l’eliminazione dei limiti temporali, che si fermano al 1992, considerato che l’attività con materiale o in luoghi che presentano amianto è attualmente in corso; – la riapertura dei termini di presentazione delle domande di concessione dei benefici previdenziali e la rivalutazione, ai fini economici e/o pensionistici, del coefficiente dell’1,5 per cento del periodo di esposizione, considerato lungo tutta la vita lavorativa. Per completezza di informazione,  si fa presente che la situazione di esposizione all’amianto non riguarda solo l’Arsenale ma interessa tutti gli  Enti che in insistono in questo comprensorio (Maricommi, Marigenimil, ex Maribase oggi Marisicilia e Maristanav)”. 

Confidiamo sul lavoro che sta svolgendo questa Autorevole Commissione Parlamentare d’inchiesta, con l’auspicio di poter fare finalmente piena luce su un grave fenomeno, nel comune interesse di ricercare la verità e le eventuali responsabilità di ogni ordine e grado, oltre a creare le concrete premesse per una modifica normativa che sani l’ingiustizia sociale divenuta ormai insostenibile  dai lavoratori della Difesa”. Fin qui la lunga nota dei rappresentanti dei lavoratori tutti, lavoratori, dunque, ancora esposti a rischio, che potrebbero essere monitorati all’interno dell’ospedale civile “Muscatello” se fosse stata applicata la legge Gianni che prevedeva e prevede l’attuazione di un reparto d’eccellenza e di valenza regionale per essere l’unico nosocomio all’interno di un polo petrolchimico fra i più esposti a rischio. Il proponente della legge, Pippo Gianni, ha presentato giorni fa una denuncia-querela alla Procura della Repubblica. Il direttore generale dell’ASP di Siracusa, Brugaletta, il 30 giugno, in occasione della conferenza-stampa sul recupero del barcone naufragato l’anno scorso  a Lampedusa, s’è preso la sua porzione di allori, essendo stato l’ultimo  di ben otto relatori, che hanno magnificato l’eccezionale impresa umanitaria. Impresa che, però, riguarda i morti, impresa  per cui finora sono stati previsti 9,5 milioni  di euro (destinati, però, a lievitare), mentre per i vivi, a quanto pare, non si pensa nella maniera dovuta, pensando, soprattutto, ai tanti quattrini che lo Stato e la Regione ricavano dal porto di Augusta in fatto di imposte e esazioni varie. Don Palmiro Prisutto da tre anni, ormai, richiama le massime autorità dello Stato a preoccuparsi della grave situazione di Augusta e dintorni, ma  viene considerato da taluni un donchisciotte, da altri un rompiscatole, osteggiato apertamente da gruppi ben definiti e individuati. Quando Matteo Renzi fu eletto presidente del consiglio, si recò a Siracusa dal suo amico e sodale Garozzo, sindaco del capoluogo, a farsi omaggiare da una scolaresca di  bambini che intonava le filastrocche. Se invece di destinare quasi dieci milioni di euro per seppellire i migranti morti, che potevano restare a mare, come i tanti marinai italiani, morti in guerra, (tanto, amministrativamente, esiste la dichiarazione di morte presunta), avesse destinato quei  soldi per bonificare l’area e potenziare il Muscatello, sarebbe stato ringraziato dai cittadini consapevoli di Augusta-Priolo-Melilli, non da un coro di bambini incoscienti.  Trent’anni fa c’era un pretore, Antonino Condorelli, che processò i responsabili delle industrie inquinanti.  Ora c’è il  procuratore Giordano. Agirà  come Condorelli?

Giorgio Càsole

AUGUSTA, ARSENALE MILITARE: PERSONALE A RISCHIO AMIANTO /IL “MUSCATELLO” NON HA ATTIVATO IL REPARTO PREVISTO PER LEGGE MENTRE SI SPENDONO 9,5 MLN DI EURO PER I MORTI A LAMPEDUSA – di Giorgio Casoleultima modifica: 2016-07-02T12:22:29+02:00da leodar1
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