AUGUSTA A PEZZI O CITTA’ FANTASMA! L’ANGOSCIA DI UN VECCHIO AMICO AUGUSTANO, PARAFRASANDO DANTE

“Ahi serva AUGUSTA, di dolore ostello, non donna di province, ma bordello!”

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Augusta. Si respira un clima innaturale! Non è più il candido e armonioso paese lindo, pulito che abbiamo conosciuto e amato. Alcuni giorni orsono, ci siamo incontrati con un vecchio amico, compagno di liceo e università, il quale appena laureato decise, a buon ragione, di incominciare la professione forense nel Nord Italia. Ritornava ad Augusta di un tempo, almeno credeva. Sono bastati, però, solo alcuni giorni di permanenza per rendersi conto di avere trovato una città spoglia, derelitta, indecente. Un governo della Città sotto commissariamento, cioè affidato alla reggenza di “Ufficiali governativi” con il compito routinario dell’ordinaria amministrazione. Nessun fermento di vita politica, come se non esistessero “figure di pregio” nel contesto sociale, capaci a farla. E ancora, sviluppo urbano stagnate, anzi stagnato, con un centro storico alla mercé, destinato all’arcaico, trascurato e fatiscente, che presto tali vestigia non apparterranno nemmeno al passato. Pezzi di popolazione che si stacca da esso per migrare al Monte, di guisa che fra alcuni anni l’isola sarà solamente pedonabile. Con rabbia, sottolineava l’amico, di come la Città sia stata impunemente spogliata e defraudata a cominciare dalla “decimazione” dell’Ospedale civile, privato da settori importanti, in dispregio delle precise norme di legge sui “necessari e imprescindibili presidi sanitari” nelle zone ad alto rischio sismico-industriale. Soppresso l’Ufficio della Agenzia delle Entrate, per cui il cittadino, novello nomade, deve recarsi a Lentini, borgo prettamente agricolo, per un semplice bollo, o una registrazione di locazione. Soppressione della Sezione del Tribunale civile e penale; è già al fischio di partenza l’Ufficio del Giudice di Pace e presto, si vocifera, lo smantellamento dell’Ufficio di collocamento. Cosa debbono toglierci più? Credo no, le mutande, perché ce le hanno già strappate. Cerco di stopparlo il mio amico, ma è irrefrenabile. Nato e vissuti gli anni più belli in questa Augusta, continua nella sua amara osservazione, allorquando volge lo sguardo all’orizzonte industriale, laddove serpeggia, già, la inquietudine di uno stravolgente spopolamento del polo in mano agli stranieri, col rischio che migliaia di lavoratori perdano il posto di lavoro. A un certo punto, mi sorprende con una esclamazione: “Ahi serva Augusta, di dolore ostello, nave sanza nocchiero in gran tempesta, non donna di provincie, ma bordello!” Dolorosa affermazione del Divino Poeta nella sua opera magna della Divina Commedia (6° Canto del Purgatorio), allorché si rivolge all’Italia (noi abbiamo parafrasato), ma il senso non cambia, in quel TRECENTO preda e ostaggio di intrighi politici, malcostume dilagante, corruzione, prepotenze e vessazioni verso il popolo. Oggi possiamo ancora strapparci i capelli, graffiarci la faccia, gridare all’indecenza politica e sociale, e comunque costretti ad assistere a questo stato di vergognoso torpore cittadino, in cui sembra che nessuno voglia farci caso. Questo lo sfogo di un giovane augustano d’un tempo, oggi adulto in lidi migliori, che pur contento di vivere in essi, tuttavia lasciava trasparire sul suo viso corrucciato i segni di una amarezza ed intensa commozione, mentre i suoi occhi si coprivano di un lucido velo di lacrime. E sì, a ripetere, a rievocare la fiera figura dell’Aquila monetata, sormontata dalla fulgida corona degli Svevi, simbolo sublime di Augusta, ahimè, ancora “…doloroso ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di provincie, ma bordello!…” E sino a quando?

      Francescco Migneco

AUGUSTA A PEZZI O CITTA’ FANTASMA! L’ANGOSCIA DI UN VECCHIO AMICO AUGUSTANO, PARAFRASANDO DANTEultima modifica: 2013-10-27T21:06:11+01:00da leodar1
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