SCHEGGE DI MEMORIA AUGUSTANE/ 9-10 LUGLIO ’43. AUGUSTA, IL PASSAGGIO DELLA “COLONNA INFAME”

augusta,augustanews,francesco mignecoAUGUSTA. Settant’anni fa, una marea di uomini, chi con addosso il solo tascapane, chi con la sola divisa grigioverde, già con le stellette e mostrine strappate, marinai col solo camisaccio, senza solino. In sintesi, un misto enorme di divise si attardava ansiosa e fremente nel crocevia di Contrada Fontana, che diventò, per giorni, il posto di osservazione del flusso di colonna di sbandati. Bene! La colonna ci fu e i sovversivi di allora la etichettavano “la colonna infame”. Ma fu, poi, veramente infame? Su quelle incredibili giornate del 9-10 luglio ’43, storici, topi di biblioteca, cronisti del lugubre, stampa, e così via, si sono affannati a dare qualsiasi definizione, ma, in effetti, sugli avvenimenti allora accaduti, rimane ancora il ragionevole dubbio. Quella colonna per oltre tre anni di conflitto, fu spesso vista sfilare con fierezza, tra labari e gagliardetti, stracolmi di medaglie, lungo il corso Umberto di Augusta. Stavano a testimoniare la potente Piazzaforte di Augusta. Effettivamente, queste parate militari inducevano a credere che, veramente, Augusta fosse il tanto decantato baluardo fortificato nel Mediterraneo. Infatti, sino al 13 maggio ’43, l’aviazione inglese, malgrado le numerose incursioni non conseguì alcun successo contro la Piazzaforte. Invece, questa fu messa a dura prova dall’aviazione USA che disponeva di nuovi bombardieri a lungo raggio. E fu, da allora, da quell’infausto 13 maggio, che l’impatto psicologico, oltre alla distruzione materiale delle difese, per cui, a breve, a meno di 40 giorni, si cominciò a materializzare quella che sarà definita dagli antifascisti “la colonna infame”, cioè il simbolo della fuga e dell’abbandono della Piazzaforte. Sulle cause, intrighi, complotti, tradimenti, e così via, non ci attardiamo, perché l’argomento è complesso, e sarà oggetto di una “rivisitazione storica” di chi scrive, proprio inerente all’incredibile fine di quella temuta Piazzaforte, violata, impunemente, per prima, da due navi inglesi, la Examoor e la Kanaris, che alle 14,20 del 10 luglio ’43, attraverso il canale di Scirocco, s’immettevano nel porto di Augusta. E, ritorniamo alla nostra colonna. Lo scorrere di uomini-soldati era incessante. Molti erano frastornati, inquieti, impauriti su quale sorte li attendesse, sembravano ombre vaganti verso l’ignoto. Era una guarnigione, la guarnigione delle gagliarde parate lungo la strada maestra di Augusta, ora in disfacimento. Osservavamo le scene più impensate, come la pressante richiesta di abiti civili, barattati con gallette e altre cibarie che portavano con sé. Arrivavano, persino, a barattare gli effetti personali, pur di avere una giacca o qualche indumento civile, pur di dismettere quei panni grigioverdi diventati decisamente scomodi. Eppure, quando tutto questo esodo avveniva, gli anglo-americani non erano sbarcati in Sicilia. E allora, quella colonna di uomini smarriti, provati, a mio sommesso avviso, non meritano affatto, l’etichetta di “infame”. Piuttosto, quella di pietosa compassione e comprensione, e poter dire, invece, “vittime” di eventi tragici e funesti, a loro non ascrivibili. In quel tremendo intrigo, giustamente, in quegli uomini prevalse l’istinto naturale della sopravvivenza, specialmente quando era convinzione che tutto era perduto  e si stava per perdere. Questo avvenne in quelle giornate ad Augusta, che la storia, poi, a torto o a ragione, definì giornate della codardia, della fuga, dell’abbandono, del disonore di chi comandava. Questa è un’altra storia. Le polemiche, fino a oggi, pro e contro non sono ancora sopite.

          Francesco Migneco

AUGUSTA, I GIOVANI & IL LAVORO : Cuochi, baristi, camerieri, promoter, venditore porta a porta, ecc. CERCANSI NEL NORD

barmen_kpu7.jpgAUGUSTA. Il lavoro. Negli ultimi tempi tale parola è sempre più spesso al centro dell’attenzione di tutti perché, ora più che mai, in periodi di crisi come questi diventa la priorità della politica. Non che se non lo sia mai stata prima, ma è un punto su cui la maggior parte dei partiti politici puntano, nazionali, regionali e comunali. In particolar modo, i giovani e il mondo del lavoro è binomio che, soprattutto negli ultimi tempi, fa discutere. La situazione è complessa, i problemi tanti. Senza nulla togliere ai lavoratori un po’ più avanti con l’età che perdono il lavoro, di solito è verso i giovani che si punta perché sono la loro preparazione e le loro competenze che formeranno la società del futuro. L’attuale crisi economica, però, trasmette solo preoccupazioni in una situazione già molto incerta, e per questo che molti ragazzi e ragazze non sono affatto ottimisti circa il loro futuro. Perché lavoro significa in primo luogo questo: sicurezza, e solo tramite questa si dà anche la voglia di proseguire con gli studi o di cercare lavoro. Senza questo, tutto quel che si fa sembra inutile, e da qui la scarsa fiducia che si pone nel futuro. Molti hanno un lavoro ideale, magari coerente con il proprio percorso di studi, ma tanti devono rinunciare a ciò perché la società non permette di realizzare tale sogno. Per cui ci si accontenta, si cerca qualche altro lavoro, a volte uno qualsiasi purché dia un modico guadagno, che corrisponde ad una modesta certezza, in attesa di provare altro e magari altrove. Eppure, non si chiede molto; gli stessi studenti si accontenterebbero di un lavoretto part-time, giusto per avere la possibilità di pagarsi qualche spesa universitaria. Ma il problema è proprio questo: sembra non esserci assolutamente nulla! Ma è davvero così? Trovare un lavoro significa avere il proprio “identikit” in un documento, il famoso curriculum vitae, e farlo leggere a chi competente. Lo si può portare direttamente nella sede di lavoro, oppure si può usare internet e inviarlo telematicamente per candidarsi ad un annuncio. Questo il metodo canonico, ormai usato e abusato da tutti. Tuttavia, vi sono altri modi di cui si può usufruire: intanto, poiché di alcuni annunci non c’è da fidarsi molto, è consigliabile rivolgersi principalmente alle agenzie del lavoro; in alternativa, è possibile rivolgersi al centro dell’impiego (ex ufficio di collocamento) del proprio comune. La principale differenza tra centri dell’impiego e agenzie del lavoro è che nei primi è possibile registrare il proprio nominativo nell’ufficio competente, ma soltanto in quello del comune di residenza (non di quello del domicilio) e una volta sola (appunto perché si ha la residenza in un solo comune), mentre per le seconde è possibile registrarsi in qualsiasi agenzie senza alcun limite; ovviamente quest’ultime, quasi sempre dotate di un proprio sito internet, prevedono anche la registrazione on line, talvolta necessaria per candidarsi ad un annuncio, e anche la possibilità di ricevere newsletter per svariati annunci di lavoro.

Tutto queste ci permetterà di trovare un lavoro? Sicuramente sono due tipi di percorsi diversi, ma entrambi hanno lo scopo di facilitare la ricerca di un lavoro ma, appunto, il loro compito è di aiutare nella ricerca di un lavoro che magari ci piace, cosa diversa dal trovarlo. A quello bisognerà arrivarci con tanta buona volontà, senza. Fin qui la situazione generale in Italia. Ma ad Augusta di fronte a quale realtà ci si trova? Essendo io stesso iscritto al centro dell’impiego del lavoro, posso constatare che gli annunci di lavoro non mancano. Peccato che si tratta di offerte per lavori al Nord Italia. Inoltre, ciò che colpisce di più è la tipologia di lavori che vengono offerti: cuochi, baristi, camerieri, promoter, venditore porta a porta, ecc. Con tutto il rispetto per i lavori manuali, che qui non si vuole minimamente stigmatizzare, tali lavori possono andare bene per chi è diplomato, ma un laureato ricerca altro. Le eccezioni sono pochissime (si ricercano perlopiù ingegneri), e in ogni caso sono richiesti parecchi anni di esperienza e, a proposito di questa, quasi tutti gli annunci di lavoro la richiedono, gettando ancor di più molti giovani nel circolo vizioso di non poter lavorare senza esperienza e contemporaneamente di non poterla fare. Insomma, la situazione lavorativa in Italia non è tra le più rosee, e ancor peggio in una piccola cittadina come Augusta, tuttavia, non c’è altro da fare: piuttosto che starsene con le mani in mano, si continua nell’infinita ricerca di un lavoro, senza mai scoraggiarsi e, soprattutto, senza arrendersi mai.

   Domenico Di Maura

ANCHE AD AUGUSTA I GIOVANI SONO PRONTI A METTERSI IN GIOCO

 

manuel.jpgAUGUSTA. L’aria pesante assale Augusta, un po’ per le industrie, un po’ per le numerose vicende che la stanno rappresentando, in alcuni casi fanno di essa una meravigliosa città, in altri invece, fanno solo sperare in un cambiamento. Basta guardarsi intorno, l’occhio critico dei cittadini non lascia scampo; senza andare troppo lontano, già dal computer di casa, possiamo trovare sul più comune social network di sempre, Facebook, numerose pagine sulla nostra amata città. Molte di esse nate con il solo scopo di mettere in risalto le lacune della pubblica amministrazione, in alcuni casi ironicamente, in altri, in modo più serio. Una cosa però è certa, gli augustani col tempo, stanno perdendo l’elemento fondamentale per una rinascita solida e reale, la speranza. Basta guardare, sempre da casa e senza scomodarci troppo, le pagine Facebook create su Augusta, due anni fa spopolò sul web una scommessa fatta da Mimmo Di Franco, in cui, se fossero stati raggiunti cinquemila iscritti ad un gruppo, creato appositamente per l’iniziativa, egli si sarebbe messo in pantaloncini e maglietta, abbandonando il suo modo di vestire  “giacca e cravatta”, per intenderci. Quest’estate invece i toni sono totalmente differenti, infatti il gruppo più attivo del momento è proprio un gruppo con “occhio critico” nei confronti della polizia municipale di Augusta, che, secondo i membri del gruppo, non svolge regolarmente le proprie mansioni. Commentano questa situazione con post e foto, che colgono in flagrante le forze dell’ordine mentre non svolgono il proprio dovere, o lo svolgono in modo poco adeguato. Parlando da ragazzo però, mi dico dove possa arrivare una città senza ambizioni, che rivolge particolare attenzioni alle critiche, ma, tranne casi eccezionali, non si applica in modo pratico per cambiare davvero le cose. Io spero che la nostra città possa “ripartire dal basso” citando un po’ il leader politico preferito dagli augustani che ha dominato alle elezioni regionali, nella nostra città, superando il 40% dei consensi, ma attenzione, per basso intendo dai giovani, infatti loro hanno le idee, la grinta e la forza, per poter cambiare davvero le cose, per annunciare fermamente all’Italia e al mondo che Augusta non è un consiglio comunale sciolto per infiltrazione mafiosa, non è un arciprete indagato, non è “le industrie”. Augusta è storia, arte, cultura, natura e meraviglie, noi giovani siamo pronti a metterci in gioco per cambiare le cose, domani proviamo ad alzarci con un piede diverso, con il piede della speranza e del cambiamento, di certo le cose non cambieranno dall’oggi al domani, ma sarà un processo di lento miglioramento, sopratutto che farà bene ai nostri modi di vivere e pensare.

      Manuel  Mangano  –  Nella foto, auto dei VV.UU. davanti a  uno scivolo per disabili!

AUGUSTA, SCOMPARSA DI CARMELO SICARI, ANIMA DEL GRUPPO BARCAIOLI DI AUGUSTA

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Augusta. Anni fa fu persino candidato alla presidenza dell’Autorità portuale di Augusta. Era un uomo competente e battagliero Carmelo Sicari, scomparso all’età di 74 anni, dopo una malattia durata circa un anno. Sìcari era stato per anni presidente e anima del Gruppo Barcaioli di Augusta e per molti anni, dopo il suo pensionamento, era rimasto un punto di riferimento. Chi scrive lo  ha intervistato più volte durante gli anni: per emittenti radiotelevisive e per la carta stampata. Sìcari aveva pure presentato diversi progetti per il rilancio del porto di Augusta e per la realizzazione di un porto turistico. Le sue opinioni erano tenute in gran conto anche fuori dei confini comunali. Molte persone hanno partecipato ai funerali di questo augustano così sinceramente attaccato alle sue radici e al benessere della città.
    Giorgio  Càsole