IL GOVERNO ECUMENICO? NO

berlusconi bersani.jpgAUGUSTA – Credo che il Presidente della Repubblica, seppur nel pieno delle sue prerogative, sbagli nel chiedere un governo ecumenico, che a questo punto potremmo chiamare benissimo “Governo Ecumenico Quirinale I”. Mi spaventa l’idea che non esista più chi governa e chi si oppone, cioè che non esista più chi ha il ruolo di proporre e decidere, e chi ha il ruolo di vigilare sulla proposta. Ruoli che sono determinati in maniera naturale dalle elezioni. “Ma ragassi– direbbe il dimesso metaforista Bersani– è come smagnetizzare l’ago della bussola, cioè togliergli la capacità di indicarci il Nord e gli altri punti cardinali!” Pensavo che solo la Chiesa Cattolica fosse in grado per la sua storia, tradizione e metodi, che gli appartengono, di dar forma a realtà ecumeniche in cui tutti sono convocati. Ma evidentemente mi sbagliavo poiché anche il nostro stato repubblicano, garantito oggi nella sua unità dal presidente Napolitano, si avvia nella sperimentazione di nuove forme governative in cui  le diverse fedi politiche o meglio i diversi modi d’intendere la gestione della res pubblica, dovranno far di necessità virtù, cioè stare insieme. Il Capo dello Stato vuole che il diavolo (decidetene voi il nome) s’immerga nell’acqua santa, dicendo che non è tale e che non gli fa alcun effetto! Ma tutto questo non è incredibile? Solo una cosa avrebbe potuto e dovuto pretendere il Capo dello Stato: un governo ecumenico sì, ma da chiudersi in conclave, come fanno i cardinali, fino alla redazione di una nuova legge elettorale da votare per poi riconvocare le nuove elezioni. Magari obbligandoli a ricopiare l’antesignana legge elettorale, quella del proporzionale, che dava l’esatta misura e l’esatto peso dei partiti chiamati a governare questo Paese. E dico al proporzionale, solo perché questi cervelli schizofrenici, capaci di partorire il nulla, possono forse solo copiare. Anche se non è detto che ci riescano poiché l’aplografia e la dittografia sono sempre in agguato. Fatto questo, usciti dal conclave, trascorso alimentandosi nel frattempo di solo pane raffermo, cipolle marce e acqua di rubinetto, e portata la legge al Parlamento per l’approvazione, la parola sarebbe tornata al Paese che siamo noi.

 Salvatore Romano