“IL CARCERE E’ UN’ISTITUZIONE DANNOSA”

Lo ha detto al convegno siracusano Antonio Gelardi,  direttore del carcere di Augusta

 carcere augusta, augustanews

“Il carcere è un’istituzione dannosa”.L’affermazione non è stata pronunciata da un utopista radicale, ma da un funzionario del sistema carcerario, il  direttore del reclusorio di Augusta, Antonio Gelardi, che, al convegno “Pianeta carcere”, ha tenuto una relazione seguita in religioso silenzio, proprio perché la sua affermazione citata è stata quella d’esordio, che ha – diciamo così – spiazzato l’uditorio. Gelardi non è, tuttavia, soltanto  un funzionario che rispetta il regolamento penitenziario, è, intanto, un uomo che rispetta altri uomini, i detenuti affidati alla sua custodia, anche se deve combattere ogni giorno,come funzionario, alle prese con problemi di bilancio per decidere se poter acquistare una saponetta o due nuove lampadine. “Passo la giornata a decidere queste cose”, ha detto Gelardi e si percepiva dal tono della sua espressione che non gli vanno a genio queste incombenze burocratico-ragionieristiche. Si capiva che il suo desiderio più vivo è quello di trovare le risorse per” educare i detenuti al bello”, fermamente convinto che l’acquisizione di questa sensibilità  estetica possa se non migliorare  questi uomini almeno a non farli peggiorare. Gelardi, come uomo che ha ormai un trentennio di esperienza alle spalle, che il carcere, così com’è oggi, non cambia in meglio le persone che vi vengono ristrette, per questa ragione  nel 1990 diede il via, con chi scrive, PRIMO in SICILIA, A UN ESPERIMENTO DI TEATRO in carcere, che oggi è diventato un fatto ordinario, come tutto il programma di educazione all’espressività, come Gelardi ha definito le attività che i detenuti svolgono all’interno attraverso la recitazione, il canto, la pittura. Il proponimento di Gelardi è che questi uomini se non possono uscire migliori almeno  non devono uscire peggiori rispetto a quando sono entrati.

      Giorgio Càsole

 

AUGUSTA PIU’ DI MELILLI ESPOSTA AI TUMORI

Indagine epidemiologica dell’Agenzia ricerca cancro

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AUGUSTA. In questi giorni, l’ I.A.R.C. (Agenzia internazionale di ricerca contro il cancro), ha inserito Siracusa, unica nel sud Italia insieme a Napoli, Sassari, Salerno e Ragusa, tra i duecento Registri accreditati nel mondo. Questo prestigioso riconoscimento ha dato spunto agli autori del Registro di illustrare i risultati della loro ultima ricerca, che indaga, per la prima volta, l’incidenza e non solo la mortalità per tumori nella nostra provincia. Lo studio dimostra che, in provincia di Siracusa, tra il 1999 e il 2002, i tumori nella loro totalità hanno mostrato un’incidenza inferiore rispetto a quella osservata, nello stesso lasso di tempo, nelle regioni italiane del centro-nord e sovrapponibile a quella delle altre del centro-sud. Tra gli uomini infatti, il tasso standardizzato in provincia di Siracusa si è attestato su 450,4 casi annui per 100.000 abitanti, contro i 552,8 osservati sulla media degli altri Registri Italiani. Tra le donne invece, il tasso della nostra provincia è stato di 356 contro i 453 della media nazionale.  Fin qui sembra il paese di Bengodi, ma una lettura più attenta e approfondita dei dati ci racconta un’altra storia. Lo studio, infatti, rivela l’alta incidenza di alcune neoplasie in aree precise della provincia: leucemie a Lentini, fegato ad Augusta, tiroide a Siracusa, e il forte gradiente nord-sud ed est-ovest, con tassi d’incidenza nettamente più elevati della media nazionale nell’area industriale, guarda caso, di Augusta. Tra gli uomini infatti, il tasso standardizzato si attesta su 608,4 casi annui contro i 552,8 della media nazionale, mentre tra le donne, anche se resta il più alto della provincia, non supera i livelli medi italiani con 433,8 contro 453,1. Tra le singole sedi neoplastiche in eccesso rispetto ai valori medi nazionali si osservano: tumori del fegato, pancreas, melanomi, torace, pleura, utero, ovaio, encefalo, tiroide, linfomi H, mielosi e soprattutto polmone. I ricercatori che hanno eseguito lo studio giungono a considerazioni importanti che non lasciano, purtroppo, spazio a dubbi: 1) Innanzitutto non è vero, come si è creduto, che l’epidemiologia dei tumori in Sicilia si presenti omogenea; 2) la presunta protezione della dieta mediterranea nei confronti del popolo siciliano, alla luce dei dati augustani, va rivista. E’ bastato, infatti, innestare una forte attività industriale nella nostra area per farne, in meno di 50 anni, un territorio del tutto avulso dal resto del contesto siciliano e del tutto sovrapponibile ai profili epidemiologici di una realtà industriale del nord-Italia; 3) il ruolo giocato dalle esposizioni professionale e ambientali, con le prime ancora più determinanti rispetto a quest’ultime, si è rivelato elemento inscindibile nel presentarsi della patologia.  Non è un caso infatti che i forti eccessi rispetto ai dati medi nazionali siano stati osservati ad Augusta tra gli uomini, cioè tra i soggetti più esposti a fattori di rischio lavorativi. Tuttavia – conclude lo studio – la vicinanza di un vasto insediamento industriale non basta da sola a favorire lo sviluppo di alti tassi d’incidenza tumorale, ma svolgerebbe un’azione sinergica con altri fattori. Lo dimostrerebbe il caso di Melilli che, pur appartenendo alla stessa area industriale, mostra tassi nettamente più bassi rispetto ad Augusta, probabilmente determinati dalle differenti caratteristiche orografiche, idrogeologiche, ambientali e occupazionali.
  A.R.C.