INTERESSANTE CONVERSAZIONE AL CIRCOLO UFFICIALI MM DI AUGUSTA, SULLE USANZE E TRADIZIONI AUGUSTANE

“IL COPRILETTO”, IL TEMA TRATTATO DALL’ AVV. ELIO SALERNO, PRESIDENTE COMMISSIONE STORIA PATRIA DI AUGUSTA

4.JPGPer le note contingenze, quest’anno, per la festa della Marina Militare in Augusta, anche se in tono sobrio, la rievocazione del 10 giugno 1917, l’eroica impresa di Luigi Rizzo, è stata comunque solennemente emblematica. Il comandante di Marisicilia, ammiraglio di Divisione Raffaele Caruso (a sinistra nella foto in alto), ha pensato bene di promuovere, come valore aggiunto, un’ interessante conversazione svoltasi il 9 giugno scorso al circolo ufficiali della Marina Militare. Il tema, dal titolo”IL COPRILETTO”, è stato trattato da Elio Salerno ( a destra nella foto in alto), avvocato in pensione, presidente della  Commmissione comunale di Storia Patria, nonché studioso e appassionato di tradizioni e cultura  di Augusta. Niente di meglio, conoscendo il bagaglio letterario del Salerno. Il titolo scelto, non a caso, potrebbe sembrare fuori tono, che so come un’ intrusa pennellata di colore stonante su un magnifico affresco botticelliano. Ma non è così! Perché il tema trattato è il pretesto per addentrarsi in una dissertazione storica e, nel contempo fascinosa ed avvincente, di un tratto di memoria delle antiche tradizioni familiari di Augusta. Il Salerno, fine dicitore, ha reso appassionante e puntuale la sua esposizione, a tratti punteggiata da un gradevole vernacolo. Spiega, con minuziosi particolari, com’è nella tradizione locale, “il copriletto”. La tipica coperta che le fanciulle dell’epoca preparavano con pazienza, ricamando finemente con seta e rocchetti di filo variopinti, snodati attraverso motivi floreali o tal altre scene, tracciate nel tessuto, e sotto lo sguardo vigile e severo della “mastra” (la maestra di ricamo) la quale le conduceva sino alla conclusione del capo. Era quello l’atto preparatorio della “roba”, da far parte del corredo da sposa per lo sperato matrimonio. Ma, secondo l’usanza, il copriletto veniva steso sul balcone, o sulla facciata dell’uscio di casa, durante il passaggio della processione del Corpus Domini; perché oltre all’atto di devozione, era anche motivo di compiacimento che venisse ammirato pubblicamente. Né, il percorso del copriletto, si esauriva nella pubblica esposizione, perché esso raggiungeva il massimo dell’orgoglio e della fierezza sia della giovinetta che della famiglia, alla “cunzatina du lettu”, ove esso spicca in tutta la sua bellezza. Nel contesto, esso aveva anche un risvolto sociale; in quanto distingueva il rango di appartenenza. Sicché, si poteva ammirare un copriletto modesto, come altro, invece opulento e sfarzoso. Tuttavia, nella diversità, restavano sempre dei capolavori di abilità delle mani delle fanciulle, spesso avido, quanto insidioso commento del “crocchialo” delle comari. Con arguzia, poi, il Salerno ha accostato il copriletto alla antica Grecia, ritenuto un arredo del “talamus” nuziale, definito anche il “tempio dell’amore”o “l’ alcova” della felicità. Acquista, quasi tono lirico, quando mette in risalto l’antica usanza, con la moderna. Nella prima, la protagonista è la mano della fanciulla, soave e leggera, che scorre sul tessuto, concludendo un pezzo di poetica bellezza. Nella moderna, invece la tradizione diventa un pezzo di stoffa stampato a macchina, riproducendo motivi decisamente sgradevoli e quasi volgari. Non tralascia l’oratore, per inciso, di raccontare leziosamente il matrimonio della sposa dall’abito lungo, a quello dell’abito corto. Nell’un caso la sposa che si presentava all’altare con lo strascico lungo, poteva vantare di essere arrivata all’altare pura ed illibata, mentre la sposa col corto, era additata come quella “cascata do sceccu”, vale a dire, aveva perduto l’onore e la verginità prima del matrimonio, cosa che per quei tempi era oggetto di ludibrio, senza contare lo spietato mugugno della società. Ritornando al copriletto, eppure, continua il Salerno,  il livellamento  dell’uomo alla macchina, non ha cancellato, ancora che delle fanciulle coltivano l’antica usanza, quella eredità non scritta. Ragazze che rinunciano alla tentazione del “sabato sera”, agli svaghi inutili e vuoti, pur di vivere quella fierezza ed orgoglio di ammirare e fare apprezzare quel “copriletto” fatto da sé. In conclusione, quella che doveva sembrare una conversazione dottrinale e barbosa, invece, è stato un piacevole e gioioso tuffo nel passato delle nostre tradizioni, che perseverando il decadimento dei costumi moderni, se non preservati, rischiano di essere inghiottiti dall’oblio. Non rimaneva alcun dubbio che l’avv. Salerno, sia per il suo stile che per il suo garbo d’espressione, venisse calorosamente applaudito dal qualificato uditorio.E infine, non va omesso un accorato ringraziamento all’amm. Raffaele Caruso, sostenitore e appassionato di storia e cultura, per avere dato l’occasione della piacevole conferenza, come quella del 25 maggio, sempre nello stesso prestigioso circolo ufficiali, che Giorgio Càsole, docente di lettere al liceo Megara,  ha tenuto con successo, dal titolo “Humanae temptationes”, una nuova   Lectura Dantis, con particolare  riferimento al canto V (Paolo e Francesca) e al XXXIIII (conte Ugolino). La presentazione dell’ avvocato Francesco Migneco ha messo in risalto, in un compendio gradevolmente composto, il profilo dell’oratore, sia dell’attività di docente di lettere al liceo Mègara lect.jpgdi Augusta, che di quella di giornalista e di scrittore, in cui Càsole (a sinistra, nel tondo) riesce a proporre, con efficacia, un vero e proprio scambio di idee, confronti e serie iniziative. Allorquando affronta il tema della serata, vertente proprio sui due canti danteschi, il prof. Càsole rivela una caratura letteraria di spessore. Descrive il contenuto in modo tale da suscitare immagini cariche di emozioni, tramutando l’insieme in interessata e silenziosa attenzione dell’uditorio. Il poema dantesco non è di facile lettura, ma il prof. Càsole riesce a estrarre il pregio poetico e letterario dei due canti; del  V esalta l’amore e la passione dei due amanti, sovrastati dal turbinio dei sentimenti, condannati a soccombere a un destino ineluttabile; della tragedia del conte Ugolino  tratteggia la drammaticità del contenuto, riuscendo a scioglierlo, in un crescendo lirico e palpitante, fin quasi a dissolvere l’immagine impietosa del genitore che affonda la bocca nel “ferale” pasto  sulle membra del figlio. Il modo, il tono, l’espressione, con cui Càsole  conclude, danno l’impressione, vibrante ed emotiva, di assistere a una scena quasi surreale.

Il folto e qualificato pubblico gli ha tributato un meritato e lungo applauso.

 Francesco Migneco

 

 

INTERESSANTE CONVERSAZIONE AL CIRCOLO UFFICIALI MM DI AUGUSTA, SULLE USANZE E TRADIZIONI AUGUSTANEultima modifica: 2012-06-13T20:12:37+02:00da leodar1
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