REGIONALE DI KAMIKAZE AND ROCK ‘N’ ROLL A SORTINO

IMG_6961.jpgArriva la prima regionale dello spettacolo che vede in scena per la prima volta insieme  Gaspare Nasuto e Alessio Di Modica. Sabato 21 al Teatro Italia di Sortino, all’interno del FESTIVAL DELLE DUE SICILIE  a cura di AREATEATRO e  in questa occasione anche grazie collaborazione con Centro Studi Faber ,  all’ospitalità dell’Associazione L. Pirandello  di Sortino. Al suo debutto lo scorso anno al teatro Petrella in occasione del festival  Arrivano dal Mare.. Nasuto e Di Modica mischiano le loro arti, le loro tradizioni: burattinaio della tradizione napoletana delle Guarattelle il primo, narratore della tradizione del Cunto siciliano il secondo.

I loro linguaggi tradizionali si contaminano per dare vita ad  una messa in scena  raffinata  e pregevole, aprendo una pagina importante della sperimentazione del teatro popolare di cui i due sono tra i più  significativi  rappresentati delle nuove generazioni. Attraverso il Cunto e le Guarattelle ci racconteranno il dramma dei Kamikaze giapponesi  durante la seconda guerra mondiale con citazioni delle pagine più profonde dello scrittore nipponico, più volte vicino al nobel, Yukio Mishima. In questa trasposizione i linguaggi popolari teatrali utilizzati danno una forza umana di grande impatto scenico alla parola dello scrittore e ci aiutano a conoscere qualcosa della storia recente di uno dei paesi  più controversi e affascinanti del mondo e a riflettere sulla ferocia degli ideali, sugli assolutismi religiosi,  ideologici ed economici  dei nostri tempi.

Una storia vera, tra sogno e realtà, l’ incontro in fondo al mare con la cernia

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I fatti provocano un’ emozione superiore quando vengono vissuti direttamente; diversamente, si sa, le storie raccontate come questa che andrò a descrivere, per quanto dettagliatamente, non potranno mai raggiungere lo stesso livello emozionale. L’emozione provocata da un avvenimento eccezionale e inaspettato ti entra dentro, totalmente, al punto di lasciarti qualche volta addirittura privo di sensi,  per installarsi definitivamente in una partizione della tua memoria, tanto che neppure il tempo riuscirà più a rimuovere.

Tutto ha inizio un pomeriggio di piena estate, quando dal mio scoglio preferito fisso il mare che presenta quel giorno un’insolita quanto rara cristallina trasparenza, mentre una leggera brezza movimenta simultaneamente la superfice dell’acqua,  facendo intravedere il fondale, riflettente luci, colori e figure di tonalità blu e verdi che, dopo essersi sovrapposte, d’un tratto sembrano  apparire  più chiare per poi scomparire del tutto al sopraggiungere di una nuova, ancor più intensa brezzolina. Il sole, dal canto suo, va a morire sull’acqua riflettendo in lontananza tante gocce d’oro, sotto un cielo terso e privo di nuvole. Ed è con queste condizioni di spirito che mi appresto a prendere le pinne e la maschera per provare il mio nuovo fucile ad aria compressa che, a sentire il  negoziante che me lo aveva venduto, è di buona manifattura. Nella fretta di usarlo indosso le pinne, le solite pinne strette che avrei dovuto cambiare prima e che nel frattempo maledico per l’ennesima volta, esattamente nel momento in cui, sedendomi in bilico nello scoglio irto e appuntito, debbo spingerle con forza per farle entrare. Un giorno di questi le dovrò cambiare, continuo a ripetermi! Un salto ed entro in acqua, metto la maschera dopo averci sputato dentro, ci passo il dito, la sciacquo con l’acqua salata per evitare l’appannamento delle lenti, mi aggiusto il boccaglio con cura, posizionandolo a dovere per evitare il fastidio ai capelli e  inizio a dare un’occhiata al fondo dove un attimo prima avevo buttato il fucile nuovo. Lo vedo, è giù a un paio di metri! Ancora una giravolta, scendo, lo afferro, appoggio il calcio sulla pinna, metto l’arpione e lo carico. Finalmente pronto, inizio l’esplorazione!

E’ già trascorsa una buona ora e incomincio ad avvertire i primi sintomi di freddo, quasi a volermi indicare che forse è  arrivato il momento di uscire dall’acqua, ma l’insolito spettacolo offerto quel giorno dal fondale, nitido e limpido come mai, mi distrae troppo facendomi  sentire quasi una sirena, distogliendomi dall’idea di tornare a riva, malgrado le pinne continuassero a serrarmi maledettamente i piedi. Ad un tratto, mentre penso seriamente che questa volta devo impormi il cambio delle pinne, mi pare di intravedere una sagoma oscura a sette-otto metri di profondità, tra gli scogli e la poseidonia. Cerco di mettere a fuoco meglio la vista, non mi sbaglio, si tratta di un pesce grosso dal peso di circa 10 chili, attorniato da una miriade di altri piccoli pesciolini che gli gironzolano  attorno. Al momento penso di allontanarmi un po’ per non spaventarlo e farlo scappare, magari cercando di sorprenderlo alle spalle, ci provo ….quando, d’un tratto, mi vedo puntato dalla bestiola che, uscendo allo scoperto oltre gli scogli, va pinneggiando dritta e decisa verso di me con tutto il suo seguito, col nugolo dei pesciolini che continuano a nuotargli accanto, fermandosi  immobile a due metri di distanza. Batte le pinne laterali con calma e mi guarda con i suoi occhioni grandi, enormi, bellissimi, sembra quasi che voglia parlare con me, comunicarmi chissà quale segreto. Mi fissa calma e tranquilla la mia cernia ed io avrei voluto in quel momento accarezzarla, ma preferisco non muovermi per non spaventarla. Dopo un pò, mi ricordo di avere imbracciato il fucile nuovo, che devo provarlo, lo punto alla testa del pesce, pronto a spedire col semplice movimento del dito l’arpione in mezzo a quei due enormi e bellissimi occhioni. La mia cernia continua nel frattempo a fissarmi;  bella, coloratissima, davanti a me continua a boccheggiare, ignara di quello che sarebbe potuto succederle da lì a poco, mentre i pesciolini gli strusciano la pinna posteriore nel tentativo di avvisarla del pericolo dello stare  dinanzi a un cacciatore, a un assassino. Non so quanto tempo sia passato, so soltanto che da lì a poco siamo diventati amici, siamo entrati in comunicazione, dopodiché la vedo andare via, scomparire lentamente e dignitosamente verso quell’immenso blu.

Il freddo intanto era svanito mentre lentamente risalgo per andare non lontano verso lo scoglio, a deporre il fucile nuovo.   

  Emidio  Giardina