Lo scultore siracusano che scelse il metallo per esprimere le sue opere – di di Paolo Giansiracusa

scultura, prazio, augustaEmilio Prazio, scultore del ferro battuto, nasce a Melilli il 1 giugno del 1897. Si forma alla bottega del padre Sebastiano,,valente maestro del ferro battuto, che gli trasmette,  fin dalla tenera età, i segreti della lavorazione dei metalli. Emilio, sebbene giovanissimo, fu incuriosito e coinvolto preferendo agli aspetti tecnici quelli relativi alla modellazione decorativa. Per l’ornato plastico, ottenuto attraverso la fusione o lo sbalzo, spese infatti tutti gli anni del suo apprendistato. Eseguì decori di ogni genere, di varia ispirazione e di diverso stile . E’ in questi anni che per l’esercizio tecnico attinge alle grottesche rinascimentali oppure ai fregi delle cattedrali gotiche o ai festoni di gusto barocco. Le sue prove giovanili sono caratterizzate da decori dal fogliame leggero misto a motivi di carattere zoomorfo.

Gli anni della sua formazione coincidono con le manifestazioni artistiche del liberty europeo, stile dal carattere deciso tutto proteso a fare della foglia, del fiore e degli animali sinuosi un nuovo ordine formale ed espressivo. Alla luce dei risultati della lunga carriera, può dirsi con certezza che furono la sua caparbietà e la sua vocazione scultorea a portare all’interno della bottega paterna quell’elevato senso della plastica ornamentale che per tutta la vita accompagnerà il suo lavoro .Tra il 1907 e il 1915 la sua collaborazione col padre Sebastiano fu intensissima. Dal fuoco e dalla sua energica mano uscirono balconi fioriti di ferro sinuoso a Melilli, a Siracusa, ad Augusta. Abitazioni private, cappelle cimiteriali e chiese si lasciarono avvolgere dal suo segno gentile, dalle sue forme plastiche avvolgenti e leggere.All’attività pratica del laboratorio paterno abbinava lo studio rigoroso delle arti visive nella Scuola d’Arte del capoluogo etneo. Poi lasciò l’Isola per recarsi a Torino dove frequentò il Regio Istituto d’Arte diplomandosi nel 1922 con il massimo dei voti.Nello stesso anno Prazio si stabilisce a Bologna, dove frequenta la Regia Accademia di Belle Arti e dirige dopo la morte di Mingazzi, famoso maestro del ferro, la sua officina.  Nel periodo bolognese Emilio Prazio, le cui capacità artistiche e le doti di scultore del ferro battuto  furono ben presto note del Centro Nord d’ Italia, lavora con un’energia inesauribile ed incontenibile entusiasmo,  fattori che ancora oggi traspaiono dai suoi decori, dalle sue sculture che riempiono di vita e di espressione poetica abitazioni private, edifici pubblici, strutture cimiteriali sia a Bologna che nel territorio circostante.Un elenco formulato dallo stesso artista, sui lavori eseguiti durante il periodo bolognese dal 1922 al 1932, ci dice nella quantità e nella qualità quante opere questo illustre maestro del liberty europeo riuscì a concepire in brevissimo tempo. Sculture di dimensioni diverse, piccole e grandi, miniature cesellate o monumentali strutture dalla forte resa plastica … tutte pervase da un senso di bellezza inviolata, tutte avvolte da una pelle materica palpitante.Non trascurò mai l’attività espositiva convinto com’era che le mostre servivano a confrontarsi e a dare divulgazione al proprio lavoro. Stimato da Ugo Oietti, fu capo d’arte nel corso straordinario di ferro battuto della regia Scuola per le Industrie Artistiche di Bologna. Rientrato  nel 1933 a Siracusa,  fino al 1940 lavorò intensamente per edifici pubblici, per palazzi privati, per banche, per chiese; Non c’è edificio siracusano, realizzato nel ventennio, che non abbia almeno un segno della sua presenza, del suo intervento artistico.All’Ospedale psichiatrico come in quello Sanatoriale, nelle sedi centrali del Banco di Sicilia come nel Palazzo degli Studi, nel Palazzo dell’Amministrazione Provinciale come nei Saloni della Prefettura lasciò il segno indelebile della sue decorazioni artistiche. Oggi, a distanza di tempo, quelle opere , in una società che ha smarrito le conoscenze della tecnica  e l’espressione artistica, sembrano manufatti di un titano invincibile, di un domatore del fuoco che sa sposare l’azione energica del braccio alla creatività del pensiero.L’umanità nuova, quella fiorita negli anni della stagione post moderna, più di altre ne può apprezzare il valore, forse perché ha chiara la consapevolezza che la parabola creativa di Emilio Prazio è irripetibile. Le opere realizzate da Prazio negli anni trenta lasciano il campo del liberty e toccano con solidità di linguaggio l’ambito decorativo del decò. Le forme si fanno più plastiche, le strutture più statiche, i volumi più sintetici. L’artista lascia la sinuosità decorativa e si avventura in percorsi del tutto nuovi dove la sua opera acquista maggiore autonomia, staccandosi dal ruolo di arte applicata.Negli anni della guerra fu costretto a spegnere la sua forgia e a dedicarsi all’insegnamento. Fu così professore nella Regia Scuola d’Arte di Comiso  dove diede corpo ad una delle più importanti officine della lavorazione dei metalli della Sicilia. Rientrò nel capoluogo aretuseo nel 1946. Per lui questi non furono anni facili. Nonostante il lavoro non gli mancasse le difficoltà economiche si facevano sentire. Erano anni di crisi per tutti e certo il disagio economico era ancora più forte per chi aveva fatto dell’arte lo scopo primario della propria esistenza. Nonostante le preoccupazioni e i disagi lavorò con coraggio e sentimento fino agli ultimi anni della sua vita lasciando in tutte le persone che lo avvicinavano un senso di bontà e di fiducia indimenticabili. Si spense a Siracusa, nel quartiere Acradina, il 10 febbraio del 1977. Del suo lavoro si sono occupati in molti esaminandone lo stile, elencandone le qualità, considerandone gli aspetti tecnici e formali, come dimostrano le critiche di:  Ugo Oietti,  Giuseppe Arata,  Enzo Maganuco,  Orazio Nocera, ,Giuseppe  Agnello, Enzo Fortuna.  Una ricognizione organica dei suoi lavori, avviata grazie alla sensibilità della figlia Adriana, è stata portata alla conoscenza del vasto pubblico per documentare un periodo della storia locale che è parte fondamentale della storia del Mezzogiorno. Adriana, coinvolgendo studiosi e ricercatori, docenti ed esperti  quali: Paolo Giansiracusa , Paola Sega, Ettore Sessa, Alfred Habermann, M.Vittoria Fagotto Berlinghieri, Ruggero Prazio,  ha ricostruito un quadro dei lavori paterni quanto più vicino alla reale consistenza.  Emilio Prazio, da tale ricognizione emerge come uno dei massimi artisti della prima metà del Novecento, autore di un’espressione e di un metodo ingiustamente confinati ai margini dalle arti maggiori.La critica moderna però, in linea con il pensiero dei maggiori intellettuali del Novecento, ha stabilito che il valore dell’opera d’arte non è legato alla sue dimensioni ma alle sue qualità espressive. Pertanto le creazioni in ferro battuto, o quelle ottenute da Emilio Prazio con i metalli cesellati e plasmati, non vanno considerate semplicisticamente come applicazioni decorative di supporto all’architettura, ma come opere capaci di manifestare autonomia espressiva.

Lo scultore siracusano che scelse il metallo per esprimere le sue opere – di di Paolo Giansiracusaultima modifica: 2011-06-16T19:01:27+02:00da leodar1
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