Miss Liceo scientifico

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AUGUSTA. E’ il bel volto di Anna Maria Portoghese, dallo sguardo penetrante, il nuovo simbolo della bellezza femminile augustana. Anna Maria Portoghese, diciannovenne, ultimo anno del liceo scientifico, annesso al liceo classico “Mègara”, fra pochi giorni sosterrà l’esame di maturità, ma con una marcia in più: è stata eletta miss liceo scientifico dai suoi stessi compagni. Anna Maria è ancora incerta sul suo futuro, anche perché è legatissima a Mario, il fidanzatino che studia  a Palermo, ma che è di Augusta. Quale che sia la sua scelta, Le auguriamo che il futuro Le arrida, come il suo bel sorriso  rischiara la nostra pagina.

    G.C.

Due nuovi assessori alla giunta Carrubba di Augusta

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AUGUSTA. “Auguri, assessore”,  formuliamo ritualmente a Salvo Madonia, 46enne, medico, vicepresidente del consiglio d’istituto del liceo Mègara, qualche giorno dopo il suo insediamento nell’amministrazione comunale presieduta da Massimo Carrubba. “Condoglianze, piuttosto”, sorride, però, nel dirlo. –“Perché?”

Domandiamo sorpresi, “Ma, come, con un Comune disastrato come il Nostro!” non aggiunge altro il neo assessore, di cui sconoscevamo fino a poco tempo fa, lo confessiamo sinceramente, non solo  le idee politiche ma che fosse un uomo di partito. Invece, Salvo Madonia è un uomo del  partito-movimento voluto dall’ex democristiano Lombardo, attualmente “governatore” della Sicilia. Uomo di Lombardo e nuovo assessore della giunta Carrubba è anche il 52enne Giuseppe Cassisi, laureato in architettura, che svolge l’attività d’insegnamento  nel liceo Corbino di Siracusa, dopo essere stato supplente per qualche anno, oltre una dozzina d’anni fa, al liceo “Mègara”. Cosa potranno fare questi due uomini nuovi per un Comune così disastrato come il nostro, come riconosce lo stesso Madonia?

La domanda è d’obbligo, anche se i due si sono insediati appena pochi giorni fa, lunedì 6 giugno, dopo il giuramento, cui era presente il deputato regionale Gennuso, lo stesso che tempo fa minacciò d’ incatenarsi  a favore del nuovo ospedale di Lentini. Ospedale che, recentissimamente, è stato visitato dal governatore Lombardo, lo stesso ospedale cui dovrebbero essere trasferiti alcuni reparti dell’ospedale Muscatello di Augusta, secondo il decreto, non revocato a tutt’oggi, dell’assessore regionale alla Sanità, Russo, magistrato catanese in aspettativa, cioè dello stesso tribunale che ha inquisito Lombardo per voti di scambio e per rapporti con cosche mafiose.

G.C.

Nella foto: Cassisi, Carrubba, Madonia

RIGASSIFICATORE ? DOPO L’ INCENDIO DELLA ERG? A TARANTO HANNO GIA’ DETTO DI NO

 

 

On. Ministra Prestigiacomo,

 

luigisolarino.jpggiacinto franco.jpgalle ore 11:08 di giovedì 09 Giugno 2011 si è verificato, all’interno della raffineria Erg Nord in territorio di Marina di Melilli, proprio nella zona in cui dovrebbe sorgere il rigassificatore della Jonio Gas, di cui Lei  sollecita la realizzazione, l’ennesimo incidente rilevante, un vasto incendio che ha coinvolto un gruppo di operai, per fortuna senza morti ma con quattro feriti.

Il numero di questi incidenti, con gli impianti obsoleti del polo industriale siracusano, è destinato ad aumentare sempre di più: non dimentichiamo quello catastrofico del 25 maggio 1985 che distrusse praticamente l’Icam, adiacente al sito destinato al rigassificatore e quello rilevante del 30.4.2006 . Quello che ci preoccupa è l’effetto dòmino che tali eventi possano determinare, ed è stato questo che, assieme al rischio militare e sismico, ha indotto l’ex assessore regionale all’Ambiente avv. Interlandi a esprimere, assieme al dotr. Cuspilici, responsabile dell’Ufficio Speciale per le Aree a Elevato Rischio di Crisi Ambientale, parere negativo sul progettato rigassificatore.

Che il rigassificatore nel polo industriale siracusano non sia necessario, lo afferma il sottosegretario allo Sviluppo Economico, Stefano Saglia, che nel corso di una conferenza stampa dell’8.6.11, a chi gli chiedeva di quanti impianti di rigassificazione abbia bisogno l’Italia, Saglia ha risposto ”dal punto di vista della sicurezza energetica non ne serve nessuno, ma dal punto di vista del mercato ne servono tanti. Dal punto di vista del mercato, secondo me, dei progetti in corso ce ne sono almeno tre che hanno probabilità di essere cantierati nei prossimi mesi”. Signora Ministra, l’on. Saglia, suo collega di partito, fra i “tanti rigassificatori per il mercato” contava anche quello di Melilli?

Signora Ministra, sa che se dovesse realizzarsi il rigassificatore Jonio Gas, tra gasiera (130.000 mc) e tre serbatoi a terra (da 150.000 mc ciascuno) aggiungeremmo, a una zona già ad alto rischio come la nostra (3 raffinerie e diversi petrolchimici), oltre 500.000 mc di metano allo stato liquido, pari a 5.000 carri cisterna da 100 mc ciascuno di Gpl? Non si ricorda del grave disastro ferroviario (29 giugno2009) di Viareggio in cui lo scoppio di un solo carro cisterna di gpl causò 32 morti e distruzione di diversi edifici?

Gianfranco Chiarelli, consigliere e vice coordinatore regionale del Pdl, registra con grande soddisfazione che il rigassificatore destinato a Taranto non si realizza più, afferma: “L’orientamento assunto dal Governo nazionale, che finalmente ha fatto chiarezza sulla inopportunità di progettare la nascita del rigassificatore sul territorio di Taranto, … che rischiava di mettere Taranto di nuovo di fronte alla realtà di dover accettare l’arrivo di un nuovo indesiderato colosso che avrebbe probabilmente distrutto definitivamente ogni ambizione di alternativa alla monocultura industriale…”.

On. Prestigiacomo, un comportamento come quello del Suo collega di partito Chiarelli ce lo saremmo aspettato da Lei, come perfetta conoscitrice del petrolchimico siracusano che, per industrie, non ha nulla da invidiare a Taranto, ora non ci resta che attendere gli sviluppi della recente inchiesta sul rigassificatore (27/05/2011), affidata alla Guardia di Finanza, dal Procuratore della Repubblica di Siracusa Dr. Ugo Rossi.

Ed anche Lei condividerà che per il problema occupazionale, per investimenti duraturi e significativi di milioni di euro, basterebbe attivarsi in prima persona nella bonifica del porto di Augusta e dei siti inquinati della nostra zona industriale e, della riconversione di quest’ultima, per il rispetto dell’ambiente e di chi ci lavora e ci vive.

Non comprendiamo come si possa insistere sulla realizzazione di un rigassificatore proprio in quella zona, barattando sicurezza e incolumità di un’intera provincia per 100 milioni di euro come “compensazioni del rischio”.

Giacinto Franco per AugustAmbiente e Luigi Solarino per Decontaminazione Sicilia

Il libro della giungla messo in scena ad Augusta da bambini di sei anni

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 AUGUSTA. A mare il teatro sin da piccoli: questa è l’idea che contraddistingue una parte della progettualità della scuola dell’infanzia del 2° Istituto Comprensivo, “O.M.Corbino, ” di Augusta, guidato   dalla dirigente Maria Concetta Castorina.  La scuola dell’infanzia “Saline” da alcuni anni organizza e realizza spettacoli che coinvolgono gli alunni di classi diverse, nell’ottica della continuità educativa e della trasversalità degli obiettivi formativi. Lo scorso 9 giugno  nell’aula magna-teatro comunale alle ore 17,00  è stato rappresentato dagli alunni  dell’età di cinque-sei annilo spettacolo dal titolo Il libro della giungla, tratto dall’omonimo e rinomato romanzo dello scrittore inglese J.  R. Kipling. Lo spettacolo è stato il momento conclusivo di un progetto, previsto dal POF della scuola, che durante l’anno scolastico ha seguito le piste educative del rispetto delle regole di convivenza civile e ambientali, dei ruoli sociali e familiari.

Infatti,  in Mowgli,  personaggio di spicco della storia, si ritrovano tutti i momenti della crescita del bambino, dai primi capricci, al rifiuto dell’autorità, alla ricerca della propria identità, per finire, attraverso il confronto con i suoi amici e nemici della giungla, alla presa di coscienza che egli è un uomo e che tra i suoi simili deve ritornare.  Non dimentichiamo, inoltre, di considerare  l’idea di armoniosa integrazione tra mondo umano e mondo animale e naturale che si vive nella storia e a cui dovrebbe tendere la società contemporanea, attraverso la formazione dei bambini, cittadini di domani.  La scuola sostiene che l’esperienza del teatro andrebbe costruita e diffusa tra i giovani come importante obiettivo formativo.

E’ vero: il teatro si ama sin da piccoli se non si pone come una semplice “recita” ma se sa trasformarsi nel raggiungimento della consapevolezza di sé e delle proprie capacità, attitudini e limiti, attraverso il rispetto dei ruoli di ciascuno, di comportamenti, ritmi, tempi, spazi, nel controllo e gestione di emozioni e sentimenti.

 

Questi i piccoli attori della acuola dell’infanzia Saline:

ELEFANTI

Lorenzo Sciacca  – Greta La Face – Giorgia Atzei

Anna Gulino – Lorenzo Mignosa – Alessandro Liotta

Eleonora Passanisi – Pierpaolo D’ Urzo

Raffaele  Vaiasicca – Massimiliano Farina

Jeson Finocchio – Gabriele De Luca

PANTERA BAGHEERA: Daniele Criscimanna

 

SERPENTE KAA: Rosario Tringali

 

MOWGLI : Davide Boscarino

 

BAMBINA INDIGENA: Giulia Mendola

BALOO

Lorenzo Daidone  – Giuseppe D’ Angelo 

Danny Sicari – Iacopo Salamone

 

SCIMMIE

Giovanni Imprescia (re Luigi)– Alessia Pianeta 

Flavio Patania – Gaia Cantone –

Michelangelo Spadaro – Roberta Bauso –

Giovanni Musumeci   – Lucrezia Garilli 

Diego Di Modica – Beatrice Rizza 

Francesco Ragone – Martina  Passanisi 

Alessandro Saraceno  – Carla Riso

 

I piccoli attori sono  stati guidati  dalle maestre  G.Filippone, G. Sidoti, M.Camisa, A. Amara, G. Ippolito, P.Fangano.

 

F. G.

Lo scultore siracusano che scelse il metallo per esprimere le sue opere – di di Paolo Giansiracusa

scultura, prazio, augustaEmilio Prazio, scultore del ferro battuto, nasce a Melilli il 1 giugno del 1897. Si forma alla bottega del padre Sebastiano,,valente maestro del ferro battuto, che gli trasmette,  fin dalla tenera età, i segreti della lavorazione dei metalli. Emilio, sebbene giovanissimo, fu incuriosito e coinvolto preferendo agli aspetti tecnici quelli relativi alla modellazione decorativa. Per l’ornato plastico, ottenuto attraverso la fusione o lo sbalzo, spese infatti tutti gli anni del suo apprendistato. Eseguì decori di ogni genere, di varia ispirazione e di diverso stile . E’ in questi anni che per l’esercizio tecnico attinge alle grottesche rinascimentali oppure ai fregi delle cattedrali gotiche o ai festoni di gusto barocco. Le sue prove giovanili sono caratterizzate da decori dal fogliame leggero misto a motivi di carattere zoomorfo.

Gli anni della sua formazione coincidono con le manifestazioni artistiche del liberty europeo, stile dal carattere deciso tutto proteso a fare della foglia, del fiore e degli animali sinuosi un nuovo ordine formale ed espressivo. Alla luce dei risultati della lunga carriera, può dirsi con certezza che furono la sua caparbietà e la sua vocazione scultorea a portare all’interno della bottega paterna quell’elevato senso della plastica ornamentale che per tutta la vita accompagnerà il suo lavoro .Tra il 1907 e il 1915 la sua collaborazione col padre Sebastiano fu intensissima. Dal fuoco e dalla sua energica mano uscirono balconi fioriti di ferro sinuoso a Melilli, a Siracusa, ad Augusta. Abitazioni private, cappelle cimiteriali e chiese si lasciarono avvolgere dal suo segno gentile, dalle sue forme plastiche avvolgenti e leggere.All’attività pratica del laboratorio paterno abbinava lo studio rigoroso delle arti visive nella Scuola d’Arte del capoluogo etneo. Poi lasciò l’Isola per recarsi a Torino dove frequentò il Regio Istituto d’Arte diplomandosi nel 1922 con il massimo dei voti.Nello stesso anno Prazio si stabilisce a Bologna, dove frequenta la Regia Accademia di Belle Arti e dirige dopo la morte di Mingazzi, famoso maestro del ferro, la sua officina.  Nel periodo bolognese Emilio Prazio, le cui capacità artistiche e le doti di scultore del ferro battuto  furono ben presto note del Centro Nord d’ Italia, lavora con un’energia inesauribile ed incontenibile entusiasmo,  fattori che ancora oggi traspaiono dai suoi decori, dalle sue sculture che riempiono di vita e di espressione poetica abitazioni private, edifici pubblici, strutture cimiteriali sia a Bologna che nel territorio circostante.Un elenco formulato dallo stesso artista, sui lavori eseguiti durante il periodo bolognese dal 1922 al 1932, ci dice nella quantità e nella qualità quante opere questo illustre maestro del liberty europeo riuscì a concepire in brevissimo tempo. Sculture di dimensioni diverse, piccole e grandi, miniature cesellate o monumentali strutture dalla forte resa plastica … tutte pervase da un senso di bellezza inviolata, tutte avvolte da una pelle materica palpitante.Non trascurò mai l’attività espositiva convinto com’era che le mostre servivano a confrontarsi e a dare divulgazione al proprio lavoro. Stimato da Ugo Oietti, fu capo d’arte nel corso straordinario di ferro battuto della regia Scuola per le Industrie Artistiche di Bologna. Rientrato  nel 1933 a Siracusa,  fino al 1940 lavorò intensamente per edifici pubblici, per palazzi privati, per banche, per chiese; Non c’è edificio siracusano, realizzato nel ventennio, che non abbia almeno un segno della sua presenza, del suo intervento artistico.All’Ospedale psichiatrico come in quello Sanatoriale, nelle sedi centrali del Banco di Sicilia come nel Palazzo degli Studi, nel Palazzo dell’Amministrazione Provinciale come nei Saloni della Prefettura lasciò il segno indelebile della sue decorazioni artistiche. Oggi, a distanza di tempo, quelle opere , in una società che ha smarrito le conoscenze della tecnica  e l’espressione artistica, sembrano manufatti di un titano invincibile, di un domatore del fuoco che sa sposare l’azione energica del braccio alla creatività del pensiero.L’umanità nuova, quella fiorita negli anni della stagione post moderna, più di altre ne può apprezzare il valore, forse perché ha chiara la consapevolezza che la parabola creativa di Emilio Prazio è irripetibile. Le opere realizzate da Prazio negli anni trenta lasciano il campo del liberty e toccano con solidità di linguaggio l’ambito decorativo del decò. Le forme si fanno più plastiche, le strutture più statiche, i volumi più sintetici. L’artista lascia la sinuosità decorativa e si avventura in percorsi del tutto nuovi dove la sua opera acquista maggiore autonomia, staccandosi dal ruolo di arte applicata.Negli anni della guerra fu costretto a spegnere la sua forgia e a dedicarsi all’insegnamento. Fu così professore nella Regia Scuola d’Arte di Comiso  dove diede corpo ad una delle più importanti officine della lavorazione dei metalli della Sicilia. Rientrò nel capoluogo aretuseo nel 1946. Per lui questi non furono anni facili. Nonostante il lavoro non gli mancasse le difficoltà economiche si facevano sentire. Erano anni di crisi per tutti e certo il disagio economico era ancora più forte per chi aveva fatto dell’arte lo scopo primario della propria esistenza. Nonostante le preoccupazioni e i disagi lavorò con coraggio e sentimento fino agli ultimi anni della sua vita lasciando in tutte le persone che lo avvicinavano un senso di bontà e di fiducia indimenticabili. Si spense a Siracusa, nel quartiere Acradina, il 10 febbraio del 1977. Del suo lavoro si sono occupati in molti esaminandone lo stile, elencandone le qualità, considerandone gli aspetti tecnici e formali, come dimostrano le critiche di:  Ugo Oietti,  Giuseppe Arata,  Enzo Maganuco,  Orazio Nocera, ,Giuseppe  Agnello, Enzo Fortuna.  Una ricognizione organica dei suoi lavori, avviata grazie alla sensibilità della figlia Adriana, è stata portata alla conoscenza del vasto pubblico per documentare un periodo della storia locale che è parte fondamentale della storia del Mezzogiorno. Adriana, coinvolgendo studiosi e ricercatori, docenti ed esperti  quali: Paolo Giansiracusa , Paola Sega, Ettore Sessa, Alfred Habermann, M.Vittoria Fagotto Berlinghieri, Ruggero Prazio,  ha ricostruito un quadro dei lavori paterni quanto più vicino alla reale consistenza.  Emilio Prazio, da tale ricognizione emerge come uno dei massimi artisti della prima metà del Novecento, autore di un’espressione e di un metodo ingiustamente confinati ai margini dalle arti maggiori.La critica moderna però, in linea con il pensiero dei maggiori intellettuali del Novecento, ha stabilito che il valore dell’opera d’arte non è legato alla sue dimensioni ma alle sue qualità espressive. Pertanto le creazioni in ferro battuto, o quelle ottenute da Emilio Prazio con i metalli cesellati e plasmati, non vanno considerate semplicisticamente come applicazioni decorative di supporto all’architettura, ma come opere capaci di manifestare autonomia espressiva.

Lettera a mio padre – di Adriana Prazio

 

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Caro papà,

in genere quando viene a mancare una persona cara si suol dire che ci ha lasciato per sempre.

Per me invece papà, da quel triste dieci febbraio 1977, non passa giorno che tu non sia più vicino e più vivo che mai, nel mio cuore e nella mia mente.

Come potrei dimenticare la tua dolcezza, la tua bontà, la tua infinita pazienza, la tua mitezza, la tua riservatezza, la tua malinconia, la tua umiltà, la tua generosità, la tua tristezza, la tua gentilezza per non parlare del tuo altruismo e del tuo grande amore per la tua famiglia.

 Mio grande papà, io non ti ho mai chiesto se hai amato più noi o la tua arte e prometto che non te lo chiederò mai. So di certo, e mi fa piacere pensare, che” per te” noi figlie siamo state l’espressione più alta della tua creatività.

Per comodità preferisco dividere i miei primi trent’anni, dolcemente vissuti con te, in tre decenni.

                                                      Primi dieci anni.

Ricordo questi miei primi dieci anni con molta tenerezza. Solitamente mi accompagnavi e venivi a prendermi a scuola. Sai conservo ancora i disegni raffiguranti animali e fiori che tappezzavano la nostra cucina e così distraendoci finivamo tutte le nostre pappe piacevolmente. Per non parlare degli alberi di Natale alti sino al tetto, che, puntualmente, addobbavi in una sola notte, con tuoi disegni, pupazzi e decori tutti ideati da te e che hanno reso indimenticabile il risveglio di quei giorni di festa.

A proposito di risvegli, ricordo che, anche negli anni successivi, quando al mattino facevo fatica ad alzarmi per andare a scuola, tu riuscivi a svegliarmi dolcemente col fischio del motivo della “Carmen di Bizet”. Sicuramente è da lì che cominciò il mio amore per il così detto “bel canto ” e la musica in genere. Persino il mio nome è frutto della passione tua e della mamma per la musica lirica e in modo particolare per l “Adriana Lecouvrer”..

Sai bene, papà, che la mamma era cagionevole di salute e tu che nutrivi per lei un grandissimo amore, eri sempre disponibile ad aiutarla e coccolarla. Quando stava male, per risparmiarla ti alzavi prima del solito, ci preparavi la colazione, ci lucidavi le scarpette ecc. ecc.

 Ricordo molto bene, caro papà, che quando camminavamo per strada, naturalmente mi tenevi per mano e spesso me la stringevi con delicatezza. Anche se non parlavamo molto, per me quelle strette mi facevano sentire al sicuro, protetta e tanto amata da te. Eppure non ci siamo detti il classico “ti voglio bene”. Le tue attenzioni per noi tutte, erano più loquaci di qualsiasi parola.

Pur essendo una bambina molto vivace, non ricordo che tu mi abbia mai rimproverata, non ti ho mai sentito alzare la voce o rivolgerti a noi con tono minaccioso, sgarbato o arrogante.

Eri sempre dolce, comprensivo, persuasivo, riservato e con un grande rispetto per le nostre scelte, le nostre idee, i nostri amici, orgoglioso di averci come figlie.

Ci hai amato moltissimo.

Caro papà un altro ricordo che spesso mi torna in mente, risale a quando avevo circa dieci anni.

Sai bene che a casa non navigavamo nell’oro. La precaria situazione finanziaria così incerta ti rendeva, (soprattutto per noi bambine) molto triste, ma non per questo veniva offuscato il tuo grande amore per l’arte e il tuo spirito creativo.

Eri bravissimo a rassicurarci, in fondo eravamo felici lo stesso e sicure che sarebbero arrivati tempi migliori.

Un bel mattino, geniale e unico papà, per dissipare in me ogni preoccupazione, ed è ancora viva in me la grande sorpresa che ebbi, grazie a te, al mio risveglio, nel ritrovarmi ricoperta con quei grandi biglietti da diecimila lire. Indescrivibile l’immensa gioia che mi regalasti. A quel punto credetti subito che i famosi “tempi migliori” erano arrivati. Finalmente non avremmo più avuto problemi finanziari e per un po’ pensai che quel momento non sarebbe mai finito.

Dieci – Venti anni

In quel periodo, pap,à hai la possibilità di lavorare moltissimo. Realizzi per il Pantheon la lampada votiva per i caduti, per non parlare dei numerosi lavori per un vero amatore d’arte, tuo carissimo amico che, purtroppo, muore dopo alcuni anni, lasciando in te un vuoto incolmabile e un grande dolore che ti accompagnerà per tutta la vita.

Da lì a poco hai la fortuna di incontrare l’ing. Luciano Fontana che ti permetterà di realizzare “L’annunciazione” l’opera che forse hai sofferto ed amato di più.

Non molto tempo dopo creerai la porticina per tabernacolo, in argento, per la Chiesa Madre di Melilli. Purtroppo, in quegli anni, le tue vicende personali diventano sempre più insostenibili. Il tuo abbattimento morale a volte sembra che abbia il sopravvento.

Le preoccupazioni salgono alle stelle, soprattutto quando ti ritrovi ,(come si suol dire), in mezzo a una strada. Ti pregavo di non amareggiarti: “i nemici non prevarranno” continuavo a ripeterti.

Comunque non hanno soffocato il tuo genio artistico. Anche tu, papà, come i più grandi hai dovuto sopportare i tuoi detrattori, ma come si sa, in ogni caso hanno contribuito anch’essi e per questo li ringrazio pubblicamente ad accrescere la tua fama.

 

Come per un Grande Uomo del nostro tempo, anche tu per me sei stato, oltre a un artista del ferro battuto, un maestro del soffrire e che mi ha fatto scoprire la fecondità del dolore.

In quei giorni di grande dolore, ti sentivo perduto, quando all’improvviso ” un Angelo” venuto a conoscenza della tua disperata situazione (il signor Vittorio Burgio e che Dio lo abbia in gloria) che per te è stato come un figlio, sicuramente indignato e commosso per quanto successoti, (ma anche molto onorato ) ti ospitò nella sua officina che si trovava in Viale Ermocrate, abbastanza distante dalla nostra abitazione.

Avevi allora quasi settanta anni e non c’erano mezzi pubblici, da casa nostra, che ti portassero in quel posto di lavoro. Anche in questo caso il gentilissimo signor Vittorio ti aiutò tantissimo, infatti, veniva a prenderti e riaccompagnati: un vero angelo per te.

Purtroppo lo spazio in quell’officina era pochissimo e per giunta essendoti sistemato all’ingresso del locale, d’inverno il freddo si faceva sentire e nonostante lavoravi coperto con cappotto, sciarpa e cappello spesso ti ammalavi .

Anche questa opportunità per te durò poco, perché quell’officina, per motivi finanziari, fu costretta a chiudere e anche questa volta sei costretto a fare i “bagattelli” come li chiamavi tu.

Fortunatamente e generosamente, ricevi ospitalità in un’altra officina. Nel frattempo. grazie all’aiuto della zia Titì e con grandi sacrifici, noi potemmo completare gli studi e iniziare una vita lavorativa.

, per te si prospettava una vita più serena, dal momento che eravamo, economicamente parlando, indipendenti.

                                               Miei Venti – Trent’anni con te

Da lì a qualche anno sostenuto ed incoraggiato da noi, hai la possibilità di potere affittare un locale, tutto per te, in via Pescara.

Nonostante tu avessi quasi settantaquattro anni l’energia, l’entusiasmo e la creatività sono più vivi che mai. E’ di quel periodo la lavorazione dell’opera “Lotta gallo col serpente” e ricordo che in quell’occasione mi chiedesti: chi pensi vincerà dopo questa lotta? Sicuramente il gallo, risposi! perché indicare il serpente sarebbe stato troppo scontato. Tu mi spiegasti che il gallo riusciva a spuntarla perché con una beccata, accecava il serpente rendendolo inoffensivo.

Oggi, posso dedurre, che quest’opera é un po’ la storia della tua vita e sono sicura, che questa fantasiosa mia versione, ti farà sorridere, ma sono altresì certa che l’accetterai – ascolta:

< il serpente rappresenta con il suo veleno, colui che ha amareggiato l’intera tua vita, intensamente vissuta e intensamente sofferta, costringendoti a subire prepotenze, umiliazioni, diffamazioni, ruberie ricatti , ecc. Pertanto alla fine, quella beccata, che non è altro la tua arte, riesce con la sua intensa luce a neutralizzare il veleno del serpente. Quindi ,caro papà, accecandolo, metaforicamente parlando , finalmente puoi farlo sparire per sempre dalla tua vita e dalla tua arte.>

Sarebbe anche il caso di dire che questo non è altro che il trionfo della giustizia.

Mio dolce papà con il tuo importante messaggio, per il tuo rigoroso impegno morale verso te stesso, verso l’arte e verso l’umanità, con la tua pazienza, con la tua bontà, amore e fedeltà hai arricchito il mondo dell’arte e della cultura. Goditi adesso la tua meritata fama e gloria e stai certo che vivrai per sempre nel cuore e nella mente di tutti coloro che ti amarono e stimarono in vita.

Ciao papà

La tua Adriana.