Il rimorchiatore ASSO 22 lascia Tripoli. Sta bene l’equipaggio

 

Per fortuna non è servito l’intervento armato, così come preannunciato  dal Ministro La Russa (sopra, il video) qualora si fosse reso necessario, in quanto si è conclusa bene la vicenda del rimorchiatore ASSO 22 sequestrato a Tripoli intorno alle ore 8 di stamani: lo rende noto la compagnia armatrice Augusta Offshore SpA. L’ equipaggio misto del rimorchiatore italiano, composto da 8 marittimi italiani, 2 indiani e 1 marittimo di nazionalità ucraina, sta bene. Dopo essere stati tenuti in ostaggio dai libici per l’intero giorno nel porto di Tripoli, gli uomini sono riusciti in serata a rimettere in moto l’imbarcazione per prendere il largo verso una meta più sicura, una piattaforma petrolifera in direzione Nord Ovest.

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20 ANNI A GIANFRANCO BARI, LO SQUARTATORE DI FRANCESCA FERRAGUTO

Decisione del giudice dell’udienza preliminare Michele Consiglio –

Il P. M. aveva chiesto l’ergastolo

images.jpgAugusta. E’ sfuggito alla pena dell’ergastolo, che nei suoi confronti aveva chiesto il Pubblico Ministero Antonio Nicastro, per avere ucciso la fidanzata Francesca Ferraguto e aver poi distrutto il suo cadavere, facendolo a pezzi con il flex. Allo squartatore di Augusta, Gianfranco Bari, invece, il Giudice dell’udienza preliminare Michele Consiglio ha inflitto la pena di 20 anni di reclusione. Il Gup ha riconosciuto Gianfranco Bari colpevole dei reati di omicidio volontario e distruzione del cadavere, ma non ha riconosciuto sussistente la circostanza aggravante di avere agito con crudeltà, che, viceversa, aveva ritenuto sussistente il Pubblico Ministero Nicastro, che gliel’aveva contestata all’inizio del processo celebrato con il rito abbreviato. E, conseguentemente, essendo venuta meno questa aggravante di avere commesso l’omicidio con crudeltà, la pena è scesa a 30 anni ed è stata ridotta ulteriormente a 20 anni di reclusione in considerazione dello sconto spettante a Gianfranco Bari per aver chiesto di essere giudicato con il rito abbreviato. Gianfranco Bari è stato condannato al risarcimento dei danni in favore del padre, della madre e dei due fratelli di Francesca Ferraguto, da liquidarsi in separata sede, ma, in attesa che il Giudice del Tribunale Civile stabilisca l’entità dell’indennizzo, l’imputato dovrà pagare una provvisionale di 130 mila euro in favore le quattro parti civili. La sentenza ha gettato nello sconforto i genitori della povera Francesca Ferraguto, tutelati in giudizio dall’avvocato Beniamino D’Augusta, che, in sede di discussione, si era battuto per l’affermazione della penale responsabilità di Gianfranco Bari ed aveva auspicato che fosse condannato a pagare una provvisionale di 500 mila euro alle parti civili.

images 2.jpgNessun commento è stato fatto dal Pubblico Ministero che, comunque, non esclude di impugnare il verdetto del Gup. Invece, grande soddisfazione per la sentenza del Gup viene espressa dall’avvocato Giuseppe Cristiano, difensore di Gianfranco Bari. Il penalista aveva auspicato l’esclusione della circostanza di aver agito con crudeltà, perché, prima gli atti di indagine e successivamente lo psichiatra che ha sottoposto a consulto l’imputato, hanno escluso che la povera Francesca Ferraguto avesse sofferto per le percosse subite dall’omicida. Per l’avvocato Cristiano ha fatto bene il Gup a escludere l’aggravante perché, come già ha sottolineato il suo consulente di psichiatra, s’è trattato di un omicidio d’impeto, e non c’è stato alcun accanimento da parte di Gianfranco Bari ad allungare la sofferenza della vittima prima che la stessa morisse. In effetti, secondo quanto accertato dai Carabinieri, e anche sulla confessione resa dallo stesso imputato nel momento in cui venne arrestato, Gianfranco Bari colpì a mani nude o con un corpo contundente la povera Francesca Ferraguto, la quale, battendo il capo contro il pavimento o un mobile, morì sul colpo. Poi, ma già con l’avvenuto decesso della giovane donna, Gianfranco Bari ha fatto scempio del suo cadavere, segandolo a pezzi con il flex. Ma questo macabro cerimoniale avviene immediatamente dopo il decesso di Francesca Ferraguto, quando non può sentire più alcun dolore. Della distruzione del cadavere della Francesca Ferraguto l’imputato è stato riconosciuto colpevole. Bari, infatti, dopo essersi reso conto di aver ucciso la fidanzata, con cui aveva litigato per il rifiuto di Francesca di accudire ai figli che l’uomo aveva avuto nel precedente matrimonio, per non rivelare alle forze dell’ordine che si era trattato di un incidente, maturò l’idea di far sparire il corpo. Si armò di flex e cominciò a segare il corpo, facendolo in mille pezzi. Poi, tutte le parti anatomiche staccate dal corpo di Francesca, l’assassino le gettò all’interno di alcuni sacchi grandi della spazzatura. Quindi, prese i sacchi con dentro i miseri resti umani della ragazza, e li mise nel cofano della propria auto. Dopodiché, sempre senza essere visto da occhi indiscreti, Gianfranco Bari si diresse alla volta della campagna di proprietà dei suoi genitori, prese una vanga, iniziò a scavare una profonda fossa, all’interno della quale adagiò i sacchi di plastica con dentro i miseri resti umani di Francesca Ferraguto, e li ricoprì di terra. Ritornato a casa sua, Gianfranco Bari meditò a lungo come giustificare la scomparsa di Francesca Ferraguto e quando trovò la soluzione uscì di casa e alla madre della vittima raccontò che sua figlia, mentre lui era sotto la doccia, era scappata via. Gianfranco Bari si preoccupò di non illudere i genitori di Francesca. Infatti, disse alla madre che sua figlia era andata via con l’intenzione di rifarsi una nuova vita, lontano da Augusta. E, in effetti, di Francesca non s’è trovata traccia per diversi mesi, ma nessuno, nemmeno gli inquirenti, ha mai pensato che fosse stata uccisa. Grazie alle bugie raccontate da Gianfranco Bari, che ha avuto anche l’ardire di farsi intervistare dalla trasmissione “Chi l’ha visto?”, i genitori di Francesca hanno coltivato la fiammella della speranza che la figlia fosse viva. Le speranze si sono dissolte il 25 ottobre 2009, cioè a dire a distanza di cinque mesi da quando il 25 maggio di quello stesso anno, Gianfranco Bari rivelò alla suocera che aveva litigato con sua figlia e che Francesca era fuggita per rifarsi una nuova vita, lontano dalla città di Augusta.

  Il fiuto investigativo dei Carabinieri della Compagnia di Augusta, era riuscito finalmente a mettere in giusto risalto le menzogne di Gianfranco Bari. L’ultima sua trovata, quella di piazzare il telefonino di Francesca sul treno diretto a Milano, aveva spianato la strada ai Carabinieri per dubitare della veridicità della versione fornita da Gianfranco Bari. L’uomo, convocato negli uffici del comando Compagnia, venne sottoposto ad un estenuante interrogatorio nel corso del quale crollò e confessò di avere picchiato a morte Francesca Ferraguto e di avere poi fatto a pezzi, il flex, il suo cadavere. Bari condusse quindi i Carabinieri nella campagna dei suoi genitori, e consentì di disseppellire e riportare alla luce i sacchi contenenti i resti umani della povera Francesca. Prima della lettura del dispositivo di sentenza, Bari ha reso delle dichiarazioni spontanee per dire che non aveva alcuna intenzione di uccidere Francesca, ma anche specificato che con la fidanzata i rapporti erano divenuti ormai tesi e insanabili a causa delle eccessive spese che lei effettuava per mantenersi l’hobby di assumere cocaina. Vero o falso? Non è dato sapere.

  Essendo un processo celebrato con rito abbreviato, nessun testimone è stato ammesso e conseguentemente agli atti rimane solo la parola di Gianfranco Bari. Ma, a questo punto, ha poca importanza sapere se Francesca fosse una cocainomane oppure no.

Pino Guastella

 

CON TE OLTRE L’OSTACOLO

Progetto realizzato con il contributo del Dipartimento per le Pari Opportunità

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Messina – Ha avuto inizio presso il Club Ippico “La Palma” di Messina (contrada Veglia – Tremestieri), il progetto denominato “Con Te oltre l’Ostacolo”, organizzato dall’Associazione “Equitando” ONLUS e realizzato con il contributo della “Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le Pari Opportunità”, rivolto a quindici ragazzi diversamente abili.  L’obiettivo è quello di fornire ai destinatari dell’intervento, attraverso l’attività rieducativa, ludico sportiva, psicosociale e pedagogica, un percorso completo che mira al benessere della persona stimolando la maggiore autonomia possibile nella vita quotidiana. Durante lo svolgimento del progetto, al via dal 2 marzo 2011, gli utenti saranno coinvolti settimanalmente (lunedì e mercoledì) in attività ludiche, socio-ricreative e sportive, finalizzate al recupero, al reinserimento e all’integrazione nel tessuto sociale. La partecipazione agli eventi avrà luogo in sinergia con i normodotati: saranno organizzate, nei sentieri dei monti Peloritani, delle escursioni e trekking a cavallo nonché, all’interno del maneggio, delle manifestazioni di dressage. L’Associazione “Equitando” Onlus, attiva dal 2003 e centro affiliato dell’A.N.I.R.E. (Associazione Nazionale Italiana Rieducazione Equestre D.P.R. 08/07/1986 n. 610), si occupa, con personale specializzato, dell’organizzazione e della gestione delle attività, individuali e/o in gruppo, di rieducazione equestre.  La Rieducazione Equestre va intesa come un metodo terapeutico globale, in cui, attraverso la pratica di un’attività ludico-sportiva avente come mezzo il cavallo, l’individuo viene attivato nel suo intero complesso motorio, psichico, intellettivo e sociale.  Il cavallo già di per sé rappresenta una presenza viva, concreta, “affettiva”, in grado cioè di sollecitare sentimenti ed emozioni intense: gioia, serenità, come anche paura, rabbia e tristezza. Attraverso l’attività con il cavallo, gli utenti imparano a “sentire” il loro corpo e quindi ad acquisire l’esperienza dell’”altro” corpo, quello nascosto, che proviene dalle sensazioni ed esperienze profonde. L’instaurarsi del rapporto persona-cavallo stimola e favorisce una “comunicazione” intenzionale: già solo il desiderio del movimento del cavallo crea il desiderio di comunicare.

Per informazioni relative alle finalità, ai servizi e alle attività organizzate è possibile contattare l’Associazione telefonicamente al n. 392/0338356 e/o via e-mail all’indirizzo equitando.onlus@tiscali.it .

   Enrico  Casale