150° ANNIVERSARIO FESTEGGIATO DAI BAMBINI

bambini dei Cappuccini festeggiano UndI.jpgAugusta. La mattina di mercoledì 16 marzo, vigilia del giorno dichiarato festivo per il centocinquantesimo anniversario dell’unità d’Italia, nel cortile del plesso denominato “Cappuccini”, del I Circolo Didattico “Giovanni Pascoli”, i bambini si sono esibiti in un “omaggio” canoro e poetico per i propri genitori. I bambini, come si può vedere dalla foto, erano tutti vestiti come piccoli  garibaldini e il plesso della scuola era pavesato dal tricolore italiano. Così gli alunni della scuola primaria  hanno voluto festeggiare i 150 anni dell’Unità d’Italia,  intonando canti, recitando poesie e leggendo alcune riflessioni sulla “bandiera,” simbolo di unità e di fratellanza per l’intera nazione, come ha voluto sottolineare la dirigente scolastica Rossella Miraldi, che, con le sue maestre, ha dato il benvenuto ai genitori, orgogliosi e commossi per “l’esibizione” patriottica  dei loro figlioletti.  

 C. C.

Flash mob organizzato da giovanissimi

flash mob.jpgAUGUSTA,  TUTTI ZITTI E POI UN URLO FORTISSIMO

La popolazione parla! Questo slogan ha contraddistinto lo Scream Flash Mob, una manifestazione avvenuta il 16 marzo nella Piazza Duomo di Augusta. Un flash mob è un evento durante il quale si riunisce un gruppo di persone all’improvviso in uno spazio pubblico per poter fare qualcosa di stravagante. In questo caso, la manifestazione aveva come fine quello di risvegliare la popolazione “addormentata” di Augusta ed è significativo il fatto che sia stata organizzata da giovanissimi, aiutati dal passaparola sui social network,  ma non solo. Alle 19.30 all’improvviso, in piazza Duomo, sfidando la pioggia, mentre fervevano i preparativi per le celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia, un gruppo assai numeroso di ragazzi  è rimasto immobile per un paio di minuti e  alcuni di loro tenevano in mano delle lettere, formando la frase cogito,  ergo parlo.  Dopo questa fase di cogito, al segnale di un’organizzatrice, i ragazzi iniziano a urlare fortissimo, attirando l’attenzione dei passanti, per svegliare simbolicamente la città. Entusiasmo alle stelle per alcune delle organizzatrici, intervistate al termine dell’evento. Per Federica Giangrande: “Finalmente, dopo tanto silenzio,  i giovani hanno deciso di scatenarsi in un grande urlo e per dire basta a tanta omertà”. Per Anna Guerrisi: “ Quest’urlo è simbolo di un nuovo inizio, non staremo più zitti e sempre più faremo sentire la nostra voce, perché lo spettacolo siamo noi”.  Anche per Fiorella Tringali il successo di questa manifestazione rappresenta un punto di partenza perché sono intenzionate a organizzarne altri in futuro. Questo grido di speranza da parte dei giovani non può che rendere orgogliosi i cittadini di Augusta, consapevoli che questi ragazzi possono assicurare davvero un futuro migliore a tutta la città.

Ottavio Pugliares  nella foto: un momento dell’evento

UNA STRANA “SANTA ALLEANZA” VUOLE IL RIGASSIFICATORE IN UN’AREA AD ALTISSIMO RISCHO AMBIENTALE E SISMICO

Terremoti, centrali nucleari e rigassificatori: Putin, Berlusconi,  Prestigiacomo, Garrone, e altri

3 scimmie.jpgSarebbe molto facile muoversi sull’onda emotiva generata dalle notizie drammatiche che arrivano dal Giappone per dire un no al nucleare di tipo ideologico, per denunciarne il pericolo. Credo, invece,  che le ondate emotive si esauriscano con lo scendere delle notizie lungo le scalette dei telegiornali. Occorre, a mio parere,  fermarsi a ragionare su alcune considerazioni, partendo dai fatti che emergono dalla catastrofe giapponese. E’ utile farlo lasciando da parte le facili emozioni. Mi occuperò di tre fatti e quindi mi permetterò alcune considerazioni su una realtà specifica.
Primo fatto: Il Giappone affronta la crisi più drammatica della sua storia dovendo fare i conti con un sisma che ha rilasciato un
energia spaventosa, pari quasi a nove punti di magnitudo. Si è detto che scosse con analoghe liberazioni di energia non sono possibili nel nostro Paese. La storia ci dice che non è così. Il disastro di Messina e Reggio ha visto, nel 1908 liberazioni di energia superiore a magnitudo 7. Sempre in Sicilia orientale scorre la faglia ibleo maltese che ha provocato analoghe liberazioni di energia nel 1693 e che nel 1990 ha provocato il terremoto di Santa Lucia che, pur con una minore liberazione di energia, ha prodotto vittime e ingentissimi danni. Vi è poi, dall’altra parte dell’Isola, il sistema del Belice che portò al disastro del 1968. Tutto il sistema appenninico è centro di instabilità. Questo sistema, nelle sue varie articolazioni ha provocato terremoti disastrosi (Irpinia, Umbria, San Giulino, L’Aquila, solo per citare i casi più eclatanti). Il sistema alpino anch’esso, come tutte le grandi catene montuose è centro di instabilità sismica (terremoto del Friuli), per farla breve non esiste regione italiana, fatta eccezione forse per la Sardegna, esente da alti livelli di rischio sismico. In alcuni regioni, come la Sicilia e la Campania questo rischio si somma a quello vulcanico.

Secondo fatto: il disastro giapponese avviene sì a causa di una scossa disastrosa, ma avviene, e questo è il dato importante, nel Paese dove vi è il più alto livello mondiale di strutture antisismiche. Tutte le tecnologie antisismiche più avanzate sono attive su quel territorio con strutture di pronto intervento che sono le più preparate a livello mondiale per far fronte a terremoti gravi. Basti pensare che in Giappone scosse di magnituto 7 difficilmente fanno vittime, da noi la strage dellAquila è stata provocata da una scossa mille volte inferiore a quella che si è abbattuta sul Giappone. Insomma il disastro provocato da una straordinaria liberazione di energia avviene in un Paese preparatissimo. Cosa che non può certo dirsi per l’Italia che pure vive condizioni di rischio se non analoghe, comunque altissime.

Terzo fatto: la fragilità delle strutture industriali pericolose, prime fra tutte le centrali nucleari e i petrolchimici. Quelli giapponesi, costruiti con altissimi livelli di sicurezza antisismica, sono nello stato che sappiamo. Non solo le esplosioni e le tragedie radioattive che ci riportano alle spettrali e purtroppo profetiche immagini del sesto episodio di Sogni di Akira Kurosawa, ma anche i lampi di fuoco che avvolgevano il grande impianto di raffinazione e di trasformazione di prodotti petrolchimici. Quegli impianti in fiamme, quelle esplosioni ci dicono quello che potremmo vedere sul nostro territorio e segnatamente in Sicilia, una Regione indicata tra quelle dove installare le centrali nucleari e dove comunque risiede il più grande impianto petrolchimico del mediterraneo, quello di Priolo/Melilli, in provincia di Siracusa, sulla costa orientale siciliana, e alza le sue ciminiere a circa sei miglia dalla faglia ibleo-maltese quella che ha provocato il disastroso terremoto del 1693 e quello del 12 dicembre del 1990. In quest’area, dicono gli esperti, è statisticamente atteso un terremoto di livello distruttivo.

Questi che ho illustrato sono fatti, adesso parliamo dei progetti. Logica vorrebbe che essi, in un territorio di tal fatta, fossero concentrati sulla riduzione del rischio sismico. Non è così. A Priolo non bastano le raffinerie, i grande depositi che stoccano benzina, gasolio, kerosene, greggio e altri prodotti ad altissimo rischio e ad altissimo tasso di inquinamento. Nei progetti del Governo, avallati con rapida firma, dal ministro per l’ambiente Stefania Prestigiacomo, la cui famiglia ha da sempre più di un interesse imprenditoriale nel petrolchimico, vi è adesso anche quello di impiantare, in questa enorme polveriera, anche un gigantesco rigassificatore. Un impianto che dovrebbe esser realizzato dalla Ionio Gas, una società che vede al suo interno, attraverso vari intrecci societari, il petroliere Garrone, la Shell, ma soprattutto i russi della Lukoil, una delle grandi compagnie energetiche che stanno nel cuore di Vladimir Putin. Sarà solo per mera coincidenza che il Governo italiano, presieduto dal suo grande amico Silvio Berlusconi, stia premendo in ogni modo per superare ogni ostacolo e aprire la via alla realizzazione del mega impianto. Il tutto in una delle aree più sismiche del pianeta. Ma a sostenere il progetto del rigassificatore non è solo il Governo. C’è anche uno stranissimo schieramento trasversale, tra petrolieri, imprenditori antimafia e politici, a volte di opposti schieramenti tutti uniti in una ben strana Santa Alleanza a favore del rigassificatore. Dall’impianto non arriverebbe una massa di posti di lavoro: le ricadute occupazionali sono modeste, ma di sicuro arriverebbe un fiume di soldi. Denaro prodotto non solo dalla costruzione, dalle gestione e dalla manutenzione del rigassificatore, ma anche dalla valorizzazione dei terreni limitrofi. Terreni il cui valore avrebbe una forte rivalutazione perché accessibili dalla catena del freddo generata, come prodotto di risulta, dal mega impianto. Freddo a costo zero, prezioso per le industrie di surgelamento alimentare. Terreni, vecchi capannoni rugginosi e cadenti, che fino a poco tempo fa valevano zero e che, grazie al mega impianto arriverebbero a valere cifre a molti zeri.

Domenico Walter Rizzo

LA PERICOLOSA FIABA DEL NUCLEARE, RACCONTATA DA UMBERTO VERONESI

Parla Giorgio Ferrari, l’unico esperto nucleare ad aver fatto obiezione di coscienza

nuclear.jpgSfido Veronesi a un confronto pubblico per suffragare quanto ha affermato nell’intervista alla Stampa del 3 marzo. Ho lavorato nel settore nucleare per più di venti anni svolgendo i controlli sul combustibile nucleare per tutte le centrali dell’Enel e non ho mai sentito tante grossolanità da uno scienziato che per di più occupa un posto delicato come quello di presidente della Agenzia per la Sicurezza Nucleare(ASN). Sono l’unico esperto nucleare ad aver fatto obiezione di coscienza dopo l’incidente di Chernobil, mettendo a rischio la mia professionalità e la mia stessa carriera e penso con sgomento al fatto che la sicurezza nucleare venga gestita con le modalità assurde stabilite dal governo: 12 mesi per svolgere il licencing di una centrale nucleare e del deposito nazionale per le scorie, quando il maggiore ente di sicurezza del mondo (la NRC statunitense) ci impiega non meno di tre anni disponendo di oltre mille tecnici esperti, mentre la nostra ASN ha solo 200 dipendenti assai poco preparati. Che ne sa Veronesi dei problemi che sorgono in fase di certificazione di un progetto nucleare? Di come si valuta un massimo credibile incidente, dei controlli da effettuare in fase di costruzione e di esercizio di un impianto? Di come anche i più sofisticati sistemi e procedure di sicurezza falliscono: a Trhee Mile Island i malfunzionamenti dei servizi di emergenza furono 6 e solo 2 erano attribuibili al fattore umano. Certo, finché medici come lui si faranno schermo delle statistiche dell’OMS e della IAEA che sostengono che a Three Mile Islandd non è morto nessuno e che a Chernobil i morti sono poche migliaia, allora i cittadini dovranno veramente temere per la loro sicurezza. Ci sono scienziati russi, bielorussi e ucraini che hanno illustrato nei loro studi le decine di migliaia di morti e centinaia di migliaia di patologie post Chernobil, che vengono costantemente ignorati e boicottati da uomini come Veronesi e dall’omertà che contraddistingue la maggioranza della cosiddetta comunità scientifica (non solo italiana). E poi basta con le falsità che il nucleare ci rende liberi dal petrolio dato che solo il 5% dell’energia elettrica è prodotta con questa fonte mentre la stragrande maggioranza del suo consumo va nei trasporti e nell’industria, e poi è assai probabile che sarà l’uranio a esaurirsi prima dei combustibili fossili. Basta con la favola che tutti i problemi del nucleare (dalle scorie ai reattori di IV generazione saranno risolti) perché sono gli stessi problemi che studiavamo in Enel trenta anni fa prevedendo di risolverli entro il 2000, e ora che siamo nel 2010 ci dicono che la loro soluzione è spostata di altri trenta anni! Se Veronesi è disposto a tenersi le scorie nucleari nella sua camera da letto, come pare ha dichiarato, è affar suo (anche se in proposito sarebbe interessante sapere come la pensano i suoi vicini di casa), ma se il presidente dell’ASN ( che è un’ autorità indipendente) afferma che le centrali nucleari sono studiate per durare fino a 100 anni, allora si apre un serio problema di competenza e di affidabilità  dell’intera struttura, che, a mio giudizio, non può che risolversi sollevando Veronesi dal suo incarico.

    Giorgio   Ferrari

BUNKERAGGIO NAVE MISTRAL EXPRESS – LA POLIZIA DI STATO HA PREDISPOSTO SERVIZI DI ORDINE E SICUREZZA PUBBLICA PRESSO LA BANCHINA DEL PORTO

mistral.jpgAUGUSTA.“Mistral Express”: 512 minori, 788 uomini e 488 donne, questo è il dato che vale la pena sottolineare dopo la felice conclusione della vicenda che ha portato il nome di Augusta e del suo porto  sui telegiornali regionali e nazionali. La vicenda è stata di quelle che  hanno lasciato per alcuni giorni con il fiato sospeso fra il 15 e il 16 marzo..

Il traghetto, infatti, dopo aver ricevuto  dal governo di Malta il diniego  di fare rifornimento, si è diretto verso il porto di Augusta con l’intenzione di approdare proprio per rifornirsi di carburante, ma è stata intercettata dalla nave militare Sfinge che ha bloccato la Mistral in acque territoriali impedendo di fare l’ingresso nel porto di Augusta.  C’era il timore, infatti, che si trattasse solo di un espediente per far sbarcare in territorio italiano 1.836 persone di varia nazionalità (oltre a marocchini, algerini, egiziani, tunisini, maliani, sudanesi, mauritani e anche libici),  anche perché era sembrato strano alle autorità italiane  il tragitto intrapreso dal traghetto per recarsi in Marocco.

Dopo una serie di frenetici conciliaboli fra i vertici della Difesa e degli Esteri, è stato deciso di concedere l’autorizzazione al rifornimento. Non potendosi escludere, a priori, che tali operazioni potessero causare per l’ordine e la sicurezza pubblica, atteso che sulla nave vi erano  1836 persone, il Questore di Siracusa, con l’impiego di personale della polizia di Stato e di altre forze di polizia, ha predisposto, sulla banchina del porto di Augusta, misure a tutela della sicurezza e dell’ordine pubblico.

Dopo le suddette operazioni, l’imbarcazione, scortata da unità navali della Marina Militare, ha ripreso regolare navigazione alla volta della città di Tangeri, in Marocco.

Cecilia Càsole