RISORGIMENTO, FU VERA GLORIA? di Giulia Càsole

garibaldi.jpgQuest’anno ricorre il 150° anniversario dell’unità italiana, grazie soprattutto all’impresa di Garibaldi e dei Mille.

Com’è noto, il presidente della repubblica, Napolitano, è sbarcato a Marsala dove, nel 1860, sbarcò la spedizione garibaldina per conquistare l’Italia partendo dalla Sicilia e offrirla ai Savoia del regno di Piemonte-Sardegna, proprio, come nel II conflitto mondiale gli Alleati Anglo-Americani sbarcarono in Sicilia per risalire l’Italia e liberata dal nazi-fascismo, riconsegnarla ancora una volta ai Savoia, anche se per poco, perché –come si ricorderà – nel giugno ’46, con il referendum istituzionale, la monarchia perse il trono e il re Umberto II  fu costretto all’esilio in Portogallo.

Alla Storia da un altro punto di vista, dall’angolo visuale degli occupati, del regno borbonico o delle Due Sicilie, com’era allora chiamato,  tradito dai suoi stessi generali e  “liberato” facilmente, come in una scaramuccia.

Come poterono, infatti, mille uomini, male in arnese, sconfiggere un esercito di 35.000 uomini, qual era quello borbonico in Sicilia,  bene addestrato ed equipaggiato, se non ci fosse stata la complicità o la connivenza dei generali? Non è neanche vero che il popolo si sollevò, come avevano pensato Garibaldi e i suoi alleati massoni.  Gli abitanti di quel regno, che potremmo chiamare duo siciliani, non stavano peggio degli abitanti degli altri stati in cui era divisa l’Italia; anzi, c’erano istituzioni per i poveri, per esempio, che in altri regni non esistevano e c’erano industrie che nell’opulento nord Italia odierno si sognavano. Il Banco di Sicilia era ben fornito di riserve auree che fecero sùbito gola a Garibaldi.

Garibaldi che, appena sbarcato, si autoproclamò dittatore e, arrivato a Palermo, s’impadronì del tesoro del Banco, lasciando una ricevuta. Il “dittatore” aveva fatto credere ai contadini che avrebbero avuto le terre e, per questa ragione, se escludiamo taluni intellettuali e i “picciotti”, ci furono quelli che lo seguirono a ingrossare i suoi Mille.

Quando, però, i contadini, prendendo alla lettera il verbo garibaldino, occuparono davvero le terre, come a Bronte, compiendo davvero una vera rivoluzione, Garibaldi inviò a Bronte il suo luogotenente Nino Bixio per ristabilire lo status quo. Bixio, dopo un processo sommario, fece giustiziare i capi dei  rivoltosi e, fra questi, l’avvocato Lombardo che non si era macchiato di sangue.

Bixio voleva dare una lezione ferrea a tutti coloro che s’erano illusi  che stavano davvero cambiando le cose. Bisognava  cambiare tutto perché  non cambiasse niente, anche perché Garibaldi doveva difendere gl’interessi degl’Inglesi, da tanti punti di vista. E vicino a Bronte c’era la Ducea di Nelson, cioè i terreni che il re borbonico aveva donato all’ammiraglio trionfatore su  Napoleone.

Da questo punto di vista  ha affrontato la questione l’Associazione delle Due Sicilia, costituitasi qualche anno fa, proprio per tentare di dare una giusta linea interpretativa di quel periodo.

Lo ha  fatto per bocca del suo presidente Giacomo Casole,  esperto del regno delle Due Sicilie, il quale ha quasi rampognato il presidente Napolitano perché non è andato a Bronte, per ristabilire la verità.  Ha introdotto l’avv. Gaetano Vinci, nell’auditorium di Palazzo S. Biagio, sabato 22 maggio.  Discorsi del genere converrebbe proporli agli studenti, perché capiscano che, spesso, la storia è scritta dai vincitori, i quali, altrettanto  spesso, praticano sui vinti la damnatio memoriae, cioè cancellano dei vinti  le tracce della loro esistenza.

Giulia Càsole

RISORGIMENTO, FU VERA GLORIA? di Giulia Càsoleultima modifica: 2010-05-24T10:50:00+02:00da leodar1
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