I giovani liceali scoprono la figura di Jan Palach

A quarant’anni dal sacrificio eroico di Jan Palach         

1229593533.jpgÈ la notte fra il 20 e il 21 agosto 1968 quando l’invasione di Praga da parte dei sovietici mise fine alla politica di riforme guidata da Dubcek e nota come “Primavera di Praga”. Il giovane Jan Palach divenne il simbolo di una Cecoslovacchia silenziosa e angosciata. Per protestare contro l’occupazione sovietica della Cecoslovacchia, infatti, un gruppo di giovani, tra cui il cecoslovacco Jan Palach, decise di immolarsi appiccandosi il fuoco dopo essersi cosparsi di benzina, nella principale piazza della città, San Venceslao, per attirare l’attenzione di tutto il mondo. Era il 17 gennaio 1969. Jan fu il primo del gruppo a immolarsi, gli altri uno alla volta lo imitarono.

Almeno altre sette persone, in Cecoslovacchia, seguirono il suo esempio. Jan morì dopo tre lunghi giorni di agonia. Portava con sé uno zaino che lasciò cadere in terra  prima di darsi fuoco; al suo interno vennero rinvenuti degli appunti e degli articoli, che furono considerati una sorta di testamento politico.
433541961.jpgTra le dichiarazioni trovate spicca questa:
“Poiché i nostri popoli sono sull’orlo della disperazione e della rassegnazione, abbiamo deciso di esprimere la nostra protesta e di scuotere la coscienza del popolo. Il nostro gruppo è costituito da volontari, pronti a bruciarsi per la nostra causa. Poiché ho avuto l’onore di estrarre il numero 1, è mio diritto scrivere la prima lettera ed essere la prima torcia umana. Noi esigiamo l’abolizione della censura e la proibizione di Zprav (giornale delle forze di occupazione sovietiche). Se le nostre richieste non saranno esaudite entro cinque giorni e se il nostro popolo non darà un sostegno sufficiente a quelle richieste, con uno sciopero generale e illimitato, una nuova torcia s’infiammerà”.  Firmato: la torcia numero uno.
I suoi funerali, celebrati il 25 gennaio 1969, vennero seguiti da quasi un milione di persone. La sua tomba, nel cimitero di Olsany, divenne presto un luogo di culto, dove i dissidenti del regime comunista andavano a porgere il loro silenzioso saluto in segno di protesta contro la dittatura.

A 40 anni dalla morte di Jan Palach è giusto che giovani e meno giovani ricordino chi ha donato la vita per la propria terra. Il sacrificio di questo ragazzo di 21 anni, che si è dato fuoco, tuona ancora oggi come un monito, una scelta estrema necessaria per provare a scuotere le coscienze dei propri fratelli, simbolo di valori morali. Quella torcia umana, che in principio sembrò un gesto di follia, rappresentò la definitiva presa di coscienza, da parte del popolo cecoslovacco, del significato della libertà. La figura di Jan Palach è giunta a noi tramite la memoria e i racconti e oggi che, da quel gesto di ribellione alla sopraffazione del potere, sono trascorsi, appunto, quarant’anni, è importante che il ricordo non sbiadisca col tempo ma anzi si rafforzi. Allora il suo gesto non fu capito, ma oggi si celebra ogni anno l’anniversario per commemorare il suo eroico sacrificio.

Per ricordare il gesto di Jan Palach il nostro prof. Giorgio Càsole ci ha fornito tutto il materiale necessario per documentarci sull’accaduto e aprire così un dibattito. Diverse sono state le fonti usate in classe, articoli dal Corriere della Sera, dal Cammino e dal Diario di Siracusa in cui è pubblicata la poesia “Povero Jan” che, scritta dal prof. Giorgio Càsole per ricordare il sacrificio del giovane cecoslovacco, rappresenta in sintesi le emozioni che provarono i giovani di allora e tra loro anche l’autore stesso di questa poesia; il componimento è coevo all’evento ma fu pubblicata soltanto dieci anni dopo nella silloge “Vibrazioni” che fu selezionata per il prestigioso premio Viareggio-opera prima del 1978.  Jan è un fulgido esempio per noi giovani, nel contesto di una società che è ormai priva di valori e di saldi principi, Jan è un martire per la libertà, è un esempio per noi anche perché era un ragazzo della nostra età e non è da tutti sacrificare la propria vita per qualcosa in cui si crede o per un valore.

                                                           Valentina Romeo